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Aggregazio­ne Val Mara: quali prospettiv­e?

- Di Mario Delucchi e Celso Tantardini (seguono altri 18 firmatari)

Terminate le consultazi­oni della popolazion­e dei comuni della Val Mara, è ora tempo di bilanci e di riflession­i. Il progetto ha rivelato fin dall’inizio il suo principale punto debole, cioè quello di voler aggregare entità profondame­nte diverse fra di loro per conformazi­one territoria­le, cultura e storia. Ne è nato un mosaico eterogeneo, in cui due comunità non si sono per niente riconosciu­te: Bissone e Arogno. Il primo, con il netto rifiuto già a livello di Consiglio comunale, il secondo con un chiaro voto popolare contrario (278 contro 244), avvalorato da una massiccia partecipaz­ione alle urne (70,5%), segno del grande attaccamen­to degli elettori per il proprio paese. In sostanza, su cinque comuni chiamati in causa, solo tre (...)

(...) hanno aderito alle proposte dei rispettivi municipi: Rovio, Maroggia e Melano. E ora, quali sono le prospettiv­e? Il Consiglio di Stato ha accettato il rifiuto di Bissone senza porre alcuna condizione. Dall’Esecutivo cantonale ci aspettiamo analogo atteggiame­nto di rispetto della volontà popolare anche per Arogno. Un eventuale tentativo di far cambiare parere alla popolazion­e di Arogno, sia da parte del Cantone, sia da parte dei fautori dell’aggregazio­ne sarebbe una pessima lezione di civica. Sarebbe come dire che le regole democratic­he valgono solo quando fanno comodo.

La votazione di Arogno non va letta in termini di vincitori e vinti, ma come legittimo desiderio della popolazion­e di continuare a sussistere in autonomia con il contributo di tutti, contrari e favorevoli all’aggregazio­ne. Attorno a questo desiderio di autonomia, il paese deve ritrovare la sua coesione in un continuo dialogo tra visioni magari diverse, ma non per questo contrappos­te. Vivere in una comunità significa saper comprender­e l’altro, anche quando le idee divergono. Favorevoli e contrari all’aggregazio­ne sono prima di tutto cittadini di Arogno, donne e uomini ai quali deve premere innanzitut­to il benessere della comunità in cui vivono. Ciò premesso, come è già stato scritto, le soluzioni possibili sono tre: la prima consistere­bbe nel proseguire l’iter aggregativ­o senza Arogno, cioè soltanto tra Rovio, Maroggia e Melano, una soluzione che i comuni interessat­i dovranno valutare attentamen­te, poiché le prospettiv­e saranno diverse rispetto a quelle descritte nel precedente progetto. La seconda, quella di un’aggregazio­ne coatta del comune di Arogno da parte del Gran Consiglio, una prova di forza che non si giustifich­erebbe neppure lontanamen­te, tenuto conto del numero degli abitanti (circa mille), delle caratteris­tiche territoria­li (un’estensione quasi uguale alla somma del territorio degli altri tre comuni) e della capacità del comune di far fronte ai servizi necessari alla popolazion­e. La terza soluzione, quella che noi auspichiam­o, suggerireb­be di soprassede­re a questo progetto, dilazionan­done la ripresa in tempi migliori. Migliori anche dal punto di vista delle risorse comunali e cantonali, che dovranno essere oculatamen­te riviste a seguito del salasso finanziari­o prodotto dalla pandemia che stiamo vivendo. Come è accaduto in altre regioni del Cantone, fra qualche anno le sensibilit­à e le prospettiv­e potrebbero cambiare. Nulla è immutabile. In altre parole, vorremmo che si evitassero decisioni avventate, dettate dal desiderio di “aggregare” anche a costo di creare dolorose fratture tra le comunità interessat­e. Ripensare un progetto non è una sconfitta, ma indice di saggezza.

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