Borat 2 vince in streaming
Amazon canta vittoria e dichiara “un enorme successo” la prima di “Borat Subsequent Moviefilm” uscito venerdì sulla sua piattaforma Prime: il sequel delle avventure americane del giornalista kazakho Borat Sagdiyev è stato visto da milioni di persone nel fine settimana del debutto in streaming.
Cifre impossibili da verificare, o smentire, vista l’assenza dei controlli indipendenti del consueto box office – anche questa è la crisi delle sale cinematografiche –, ma il risultato non sorprende. Per il successo, nel 2006, del primo ‘Borat’ che incassò un totale di 262 milioni di dollari di cui un quinto circa nel primo weekend. E per come il film di Sasha Baron Cohen sia riuscito a far notizia prima ancora dell’uscita.
Il suo finto documentario sul pazzo, e molto poco politicamente corretto, reporter kazako, è un poco lusinghiero ritratto degli Stati Uniti di Trump. Borat viene mandato in missione dal suo governo per portare un “sexy regalo” al vicepresidente statunitense Michael Pence. Prima di partire passa per il suo tristissimo villaggio dove trova la figlia di 15 anni Tutar (Maria Bakalova) ridotta a schiava nella porcilaia. I due partono per gli Usa, ed è un viaggio tra raduni negazionisti e immensi supermercati con un obiettivo: far diventare la figlia una ‘sugar girl’, una ragazza mantenuta. Arrivando, e qui il finto documentario diventa molto vero, a organizzare un’intervista privata tra la figlia e il consigliere di Trump Rudy Giuliani beccato letteralmente con le mani nei pantaloni davanti alla ragazza che, ricordiamo, credeva minorenne.
“Niente di improprio” si è difeso su Twitter Giuliani. “Mi stavo rimettendo a posto la camicia dopo aver tolto il microfono. Mai durante l’intervista mi sono comportato in maniera inappropriata”. Da quel che si vede nel film, senza manipolazioni, nulla di inappropriato semplicemente perché l’attrice, al contrario del personaggio, è maggiorenne.
Più schietto, al limite della grammatica, Trump: “Non sono un fan di Sacha Baron Cohen, anni fa aveva tentato di raggirarmi, è un impostore, non lo trovo divertente, per me è un verme”. Dopo aver difeso il suo avvocato, Trump ha comunque ammesso di non sapere cosa è successo.
L’intenzione era sempre stata quella di uscire alla vigilia delle presidenziali statunitensi per “mettere in guardia sulla pericolosa deriva autocratica e l’allontanamento progressivo da quella meravigliosa idea che è la democrazia americana”, ha detto il cineasta al Financial Times.
Il comico si è reso presto conto che si sarebbe messo in situazioni difficili: una di queste al comizio di un gruppo pro-armi in Virginia dove era arrivata una minaccia di suprematisti bianchi: “L’Fbi l’aveva sventata ma è stata la prima volta nella mia carriera che ho indossato il giubbotto anti-proiettile”. Altri “dietro le quinte” sono arrivati con i primi commenti delle “vittime” inconsapevoli di Borat: Jeanise Jones, la “babysitter” di Turan (la figlia 15enne del giornalista kazakho interpretata dall’attrice bulgara Maria Bakalova che Baron Cohen ha candidato agli Oscar), ha detto di essersi sentita “tradita”: pensava di aver preso parte a un vero documentario sui matrimoni precoci e forzati e che Turan fosse una sposa bambina. Jeanise è stata ricompensata dai fan che hanno aderito a una campagna di crodfunding in suo favore: raccolti finora oltre 50mila dollari. Altra “guida morale” del film è Judith Dim Evans che abbraccia Borat in sinagoga dopo avergli confermato che l’Olocausto è davvero avvenuto. Lei è morta prima dell’uscita del film e i suoi eredi avevano fatto causa ad Amazon sostenendo che la donna non aveva avuto idea della natura del film, tesi smentita dalla produzione, secondo cui Baron Cohen si era rivelato alla sua “vittima” dopo aver considerato la delicatezza del coinvolgimento della Evans.