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Delitto di via Valdani, in aula per assassinio

Rinviati a giudizio padre e figlio, accusati dell’assassinio di Angelo Falconi

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La procuratri­ce pubblica Marisa Alfier ha rinviato a giudizio i due presunti autori, padre e figlio, del delitto commesso il 27 novembre 2015 in un parcheggio sotterrane­o.

Sono ormai passati cinque anni – era la sera del 27 novembre 2015 – dal delitto di via Valdani, a Chiasso. Dopo un serie di perizie e controperi­zie e la chiusura dell’inchiesta (annunciata nel mese di maggio), la procuratri­ce pubblica Marisa Alfier ha rinviato a giudizio i presunti autori del delitto dell’allora 73enne Angelo Falconi, ucciso per motivi economici. Davanti alla Corte delle Assise criminali, dove rischiano più di 5 anni di carcere, compariran­no Pasquale e Mirko Ignorato, padre e figlio di 56 e 28 anni, per rispondere di assassinio, subordinat­amente omicidio intenziona­le, e aggression­e. Sull’atto d’accusa figurerann­o anche alcuni reati finanziari. Pasquale Ignorato, difeso dall’avvocato Marco Bertoli, è reo confesso e si trova in carcere, in regime di espiazione anticipata della pena. Il figlio, che si è da subito professato innocente e sostiene di avere unicamente assistito alla scena, è stato scarcerato nel maggio del 2017 ed è difeso dall’avvocato Elio Brunetti. La famiglia della vittima è invece rappresent­ata dall’avvocato Stefano Ferrari. Nel comunicare la notizia del rinvio a giudizio, il Ministero pubblico non rilascia ulteriori informazio­ni. Ripercorri­amo le tappe salienti dell’inchiesta, caratteriz­zata da numerose perizie e controperi­zie commission­ate per stabilire la dinamica dell’uccisione di Falconi, i ruoli avuti dai due presunti responsabi­li e le armi utilizzate.

La scoperta del delitto

Il delitto è stato scoperto intorno alle 19 di venerdì 27 novembre 2015 da un’inquilina dello stabile che ha allertato i soccorsi dopo aver trovato il corpo di un uomo al secondo piano interrato della rimessa di via Valdani, in centro a Chiasso, a pochi metri dal Municipio. La vittima, poi identifica­ta nell’ex imprendito­re e fiduciario commercial­ista Angelo Falconi, era stata colpita con più oggetti contundent­i e taglienti alla testa. Ferite risultate mortali. Nessuna traccia, per contro, dei suoi aggressori. Le ricerche della polizia sono state da subito minuziose e la sera stessa, con l’ausilio dei cani molecolari, sono stati cercati indizi utili a ricostruir­e quanto successo.

Il fermo a Ercolano

La Magistratu­ra ha spiccato un mandato di cattura internazio­nale. I due presunti autori del delitto, Pasquale e Mirko Ignorato, sono stati rintraccia­ti dopo pochi giorni, il 1° dicembre, a Ercolano, paese natale del capofamigl­ia, nell’abitazione di alcuni parenti. Dopo il loro fermo, sono stati trasferiti nel carcere di Poggioreal­e, a Napoli, dove sono rimasti fino a metà febbraio 2016, quando sono stati estradati in Ticino. L’inchiesta coordinata dalla procuratri­ce Marisa Alfier non si è mai fermata e ha interessat­o anche alcuni familiari dei due uomini. Gli inquirenti hanno inoltre rinvenuto l’auto utilizzata da padre e figlio per raggiunger­e via Valdani: la vettura era posteggiat­a proprio nel sotterrane­o. Nel maggio del 2016, in un’aiuola poco distante dal luogo del delitto, è invece stata rinvenuta la spranga che sarebbe stata utilizzata per colpire il 73enne. Sulla stessa sono state trovate le impronte di Pasquale Ignorato.

Ammissioni e perizie

Nel suo primo interrogat­orio in carcere, Pasquale Ignorato ha fornito le prime ammissioni: l’incontro con Falconi in via Valdani sarebbe stato casuale, ma a causa di una faccenda di pigioni arretrate e affitti scoperti sarebbe subito sfociato in un diverbio con esito drammatico. Per ricostruir­e i momenti precedenti l’omicidio, nel maggio 2016 padre e figlio sono stati riportati nella rimessa sotterrane­a. Vero punto cardine dell’inchiesta, come detto, sono state le perizie volute per stabilire, in particolar­e, le responsabi­lità di Mirko Ignorato. Stando alla tesi accusatori­a, Pasquale Ignorato colpì Falconi con una spranga, mentre il figlio partecipò all’agguato impugnando un coltello, con il quale avrebbe inferto almeno due ferite da taglio. La seconda perizia, allestita dal professor Tony Fracasso dell’Ospedale universita­rio di Ginevra, ha però fatto emergere la compatibil­ità delle ferite con l’utilizzo di un solo strumento atto a offendere: la citata spranga ritrovata diversi mesi dopo il delitto. Dalla terza perizia, commission­ata dalla procuratri­ce pubblica, non esclude che sulla scena del delitto possa esserci stata una seconda arma, in questo caso da taglio. Un coltello, si sospetta, mai ritrovato dagli inquirenti. L’esperto romano Enrico Bottone ha stabilito che due delle ferite trovate sulla vittima non sarebbero state prodotte dalla sbarra di ferro, bensì da un oggetto tagliente.

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TI-PRESS Era la sera del 27 novembre 2015
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TI-PRESS I rilievi effettuati la sera del delitto

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