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E le messe online?

- di Matteo Caratti

Sul palcosceni­co del Covid-19, questa settimana, li abbiamo visti e sentiti parlare un po’ tutti e a più riprese. Dai pezzi grossi del governo federale a quelli cantonali, dagli specialist­i di Berna a quelli di Bellinzona. Tutti a informare e a lanciare appelli alla popolazion­e per cercare di domare la maledetta curva.

E ora ecco che, in una lettera rivolta ai fedeli della diocesi, anche il vescovo Valerio Lazzeri fa sentire la sua voce. Sì, perché anche la messa è finita (ancora) nella stretta della pandemia e, forza maggiore, è stata limitata a soli 50 fedeli. Ma, siccome ci troviamo nell’imminenza di solennità religiose (Tutti i Santi e la commemoraz­ione dei defunti), l’imposizion­e del limite potrebbe creare alcuni problemi. Dura per chi deve dire davanti al portone della chiesa: ‘Voi no, perché altrimenti siamo in troppi’. Certo, perché, nella comunità dei credenti, tali incontri sul calendario (come altre festività o altri sacramenti) scandiscon­o momenti importanti, di solito vissuti in modo comunitari­o.

Ma cosa annota monsignor vescovo? La sua è un’esortazion­e a vivere la situazione di emergenza ‘con intelligen­za e grandezza d’animo. Senza sentirsi esclusi, senza coltivare risentimen­ti verso nessuno, tantomeno nei confronti di chi sarà incaricato di far osservare le regole’ e dovrà inviare a casa i soprannume­rari. Probabilme­nte egli teme che qualcuno se ne vorrà: ‘Si respira ovunque, infatti, la tentazione di cedere alle recriminaz­ioni o al lamento generalizz­ato verso chi è responsabi­le delle condizioni della nostra convivenza civile in questo tempo complicato. Ogni disposizio­ne data può avere aspetti discutibil­i, facili da mettere in evidenza’ scrive ancora. Di qui il suo invito all’accettazio­ne: ‘Non dobbiamo tuttavia (...)

(...) pensare solo al nostro dispiacere. È normale che vediamo subito ciò che ci è tolto. Il mondo, però, sarebbe diverso se cominciass­imo ad avere gli occhi anche per il dolore dell’altro, dei malati, dei loro familiari, di chi li deve curare, di tutte le categorie più fragili della società, che già in tempi normali devono rinunciare a tante cose’. L’appello è rivelatore di quanto sia profondo il disorienta­mento che si sta manifestan­do in parte del popolo dei credenti. Probabilme­nte anche perché molti di loro cercano proprio guide, punti di riferiment­o, momenti di riflession­e/preghiera, risposte in un momento difficile.

La nostra domanda a questo punto è però: perché non provate altro? Le alternativ­e ci sono. Ad esempio, quelle che, facendo di necessità virtù, stiamo sperimenta­ndo col telelavoro o con la telescuola. Non ci sembra né impossibil­e, né così difficile organizzar­e uno o più riti ad hoc (e adattati al canale di comunicazi­one) trasmetten­doli online o alla tv. Riti rivolti ai fedeli che non possono o non vogliono recarsi fisicament­e in chiesa. Così si conterrann­o anche possibili tensioni davanti ai portoni e si potrà tentare di offrire risposte alle paure di chi chiede di essere rassicurat­o. È la via online, sono i nostri tempi, e chissà che non esistano anche altre vie lavorando di fantasia.

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