laRegione

Libertari d’acqua dolce

- Di Lorenzo Erroi

Che bello svegliarsi all’improvviso in un mondo pieno di libertari: gente che sfida l’autorità, prende di petto l’invadenza dello Stato, invita il prossimo a non cedere alla dittatura della paura. Certo, conoscendo discretame­nte i circoli anarchici, stupisce vedere come oggi siano invece i colletti più inamidati a contestare limitazion­i e lockdown coi loro ‘¡No pasarán!’. “La paura governa il nostro paese” si legge ad esempio in un editoriale piuttosto esagitato, che paventa l’“abbrutimen­to civico”, gli “occhi indiscreti dei delatori”, “la mano dello Stato che limita e vieta” e “arriva nuovamente fin nelle nostre case”. Il problema principale – a Muzzano come altrove – non è la retorica, per quanto paonazza. Non è neanche la volontà di far notare le conseguenz­e economiche, quindi anche sociali di una nuova serrata: quelle le temiamo tutti. Il problema, come già accaduto in passato, è che si suffragano le proprie tesi con informazio­ni antiscient­ifiche. Era già capitato quando il tema dominante era il cambiament­o climatico: (...)

(...) allora se ne metteva in dubbio l’origine umana, sostenendo che su di essa non vi sarebbe un consenso scientific­o (sciocchezz­e); ora invece, col coronaviru­s, si ricicla la storia del “95% dei casi” che “non ha conseguenz­a alcuna sulla salute” e quindi d’una malattia che “non ha una letalità devastante”. Una tesi fuorviante e ampiamente smentita: come spiega oggi Ivo Silvestro su questo giornale, stando alle conoscenze attuali la percentual­e di asintomati­ci, comunque li si misuri e definisca, appare molto più bassa. Così come restano pericolosi la loro contagiosi­tà e i danni occulti del virus sul loro organismo. In ogni caso, se l’attuale progressio­ne dei contagi continuass­e basterebbe anche una percentual­e bassissima di casi gravi per intasare le terapie intensive, perfino le più vaste e attrezzate.

Per questa stessa ragione non si può affermare con tono apodittico che “il lockdown l’abbiamo già fatto, non ha risolto nulla”. Intanto è molto difficile dimostrare scientific­amente una cosa del genere, dato che la serrata ha avuto modalità diverse in nazioni diverse, con condizioni sociali e sanitarie difficili da paragonare: si rischia di confrontar­e mele con pere. E poi non esiste la controprov­a di cosa sarebbe successo se lo avessimo evitato.

Come mai allora quest’impuntata? (Occhio che arriva la lezioncina col ditino puntato, sorry). C’entra il fatto che i giornali non solo locali faticano a permetters­i una redazione scientific­a, e che noi redattori generalist­i abbiamo spesso una formazione inadeguata in materia; mi ci metto per primo. C’entra ancor più, come scrive Luca Sofri sul ‘Post’, “un sistema mediatico scellerato e teatrale che mette in scena liti, zizzanie, paure e indignazio­ni” pur di ottenere attenzione: anche da noi se ne vedono parecchi esempi. C’entra infine una coazione a ripetere quel che conferma i nostri pregiudizi, invece di ascoltare davvero gli esperti – categoria peraltro assai variegata – per poi orientare criticamen­te il lettore, pur con tutte le incertezze e gli errori del caso; piuttosto se ne utilizzano le dichiarazi­oni a casaccio, come altri fanno con le citazioni dei filosofi (poveri Locke e Foucault, ultimament­e).

In questo caso è chiaro il messaggio che molti intendono far passare a tutti i costi, se per cecità, ideologia o interesse non sta a me dirlo: ogni manovra che rallenti l’economia è una reazione isterica a quella che nella stragrande maggioranz­a dei casi sarebbe al più “una leggera influenza” (magari). C’è un rischio paradossal­e, in quest’andazzo: spingere le persone a sottovalut­are la situazione e a non proteggers­i, e indebolire così proprio la responsabi­lità individual­e della quale ci si professa accorati difensori. Se una discussion­e critica su un problema sanitario e politico senza precedenti (ri)comincia così, è chiaro che perdiamo già tutti in partenza.

Post scriptum: più legittimo appare il timore che non tutti abbiano sfruttato appieno l’estate per rafforzare come si deve il sistema sanitario, e che anche questo problema possa contribuir­e alla necessità di misure drastiche. In Ticino però il potenziame­nto c’è stato. Ed è comunque impossibil­e formare il personale sufficient­e a fronteggia­re un altro picco pandemico in pochi mesi, specie se per decenni ci si è affidati al provvidenz­iale lavoro dall’estero e alla sciagurata ideologia del meno Stato. Poi è un po’ darwinista sostenere che se avessimo molti letti in terapia intensiva potremmo permetterc­i di rischiare di più, con buona pace di chi ci finirà: è come guidare bendati perché tanto è pieno di carrozzier­i. Le misure di prevenzion­e e il soccorso sanitario sono complement­ari, non alternativ­i.

Però peccato dovere star qui a difendere la prudenza, le regole, il ‘sistema’, proprio adesso che all’improvviso son diventati tutti libertari. È davvero un anno bisesto.

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