Chiusi con 50 posti La cultura chiede aiuto
Settore a rischio con le nuove limitazioni
Non è una chiusura totale, ma di fatto lo è: il limite di 50 partecipanti alle manifestazioni culturali, deciso dal Consiglio federale a livello nazionale per contrastare la pandemia, mette in seria difficoltà gli operatori culturali. Amarezza per l’improvvisa inutilità dei dispositivi di sicurezza allestiti nei mesi scorsi per permettere la riapertura parziale delle attività – ma, come hanno spiegato anche le autorità degli altri Paesi che hanno introdotto misure simili, con il cedimento del sistema di tracciamento dei contagi bisogna puntare a una generale riduzione dei contatti –, e soprattutto il timore per le conseguenze economiche di quella che rischia di essere una lunga serrata.
“La drastica riduzione del numero degli spettatori apre una crepa preoccupante in un settore già in agonia” scrive l’associazione t.punto professioni dello spettacolo; “abbiamo bisogno a brevissimo termine di aiuti finanziari e di poter conoscere il futuro delle attività culturali” scrive invece la taskforce di Suisse Culture; il limite di 50 “mette indubbiamente a repentaglio la sopravvivenza dei cinema” scrivono infine ProCinema, l’Associazione svizzera dei cinema e filmdistribuzione Svizzera.
Per le sale cinematografiche il problema non è solo il limite di spettatori (la capienza media delle sale svizzere è di 167), ma anche la mancanza di film: non solo le grandi produzioni internazionali, ferme dall’inizio della pandemia, ma anche il cinema indipendente e i film per pubblici più settoriali. Come convincere distributori e produttori a rischiare un’uscita in sala con prospettive così ridotte di coprire le spese, scrivono le associazioni nel loro comunicato. Finora i gestori delle sale hanno tenuto duro per non perdere il contatto con il pubblico, ma si rischia di perdere la ricchezza di sale presenti in Svizzera, soprattutto perché alcuni Cantoni hanno escluso il cinema dagli aiuti economici, lasciando solo con le indennità per lavoro ridotto. Ma la disparità tra Cantoni è una preoccupazione che riguarda anche altri settori culturali. “La discrezionalità lasciata ai Cantoni è un altro elemento di forte preoccupazione, poiché la possibilità di inasprire ulteriormente le misure proposte da Consiglio federale – come accaduto la scorsa settimana nei Cantoni Berna e Vallese che hanno chiuso tutti i luoghi di cultura – ci sembrano molto pericolose se non accompagnate da misure adeguate” osserva t.punto.
Ma le incertezze riguardano soprattutto il futuro: le misure adottate sono a tempo indeterminato e se da una parte ne è chiaro il motivo – tutto dipende dall’evoluzione della situazione pandemica – dall’altra ci si trova in una situazione di crisi che non consente una pianificazione né a breve né a medio termine, con il rischio di “conseguenze brutali” per l’intero settore. Non solo perché con 50 persone molte delle attività culturali sono economicamente e artisticamente insostenibili, ma anche perché si teme la sfiducia e la paura del pubblico, con delle misure introdotte come accennato nonostante le misure di sicurezza che tutta l’estate hanno permesso lo svolgersi di numerosi eventi. Anche per questo si chiede un coinvolgimento delle associazioni culturali per una riflessione comune sull’attuale situazione e sulla maniera di procedere nelle prossime decisioni.
Per quanto riguarda gli aiuti economici, la taskforce di Suisse Culture e t.punto segnalano che in molti casi le indennità per il periodo da metà marzo a metà settembre devono ancora essere versate; resta inoltre ancora aperta la questione dei contratti a tempo determinato che rappresentano la maggioranza dei “piccoli” lavoratori della cultura. L’ordinanza Covid-19 del 14 ottobre deve essere resa operativa in tempi rapidi e senza troppa burocrazia.