laRegione

Confinamen­to

Per te, ma non per tutti

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Volevo dire la mia sul lockdown, perché ho visto che voi avete detto tutti la vostra. Ma proprio tutti. Che carini che siete. Nemmeno fosse la recensione di ʻJokerʼ (che se non la facevi ti espellevan­o da Facebook). Io che non l’ho visto, per esempio, avevo copiato una recensione di ʻForrest Gumpʼ e avevo solo cambiato il nome. E non mi hanno beccato.

Comunque, volevo dire che io sono per chiudere tutto. Ma proprio tutto. Cioè vabbè, magari non proprio tutto, tutto. C’è quella pizzeria dove vado a volte dopo il lavoro, ecco quella magari potrebbe restare aperta. Ma nemmeno tutto il giorno. Per dire: chiudetela anche fino alle 18, anche fino alle 21. Tanto io non esco mai prima. Apritela dalle 21 alle 24, così io sto tranquillo. Però il resto bisogna chiuderlo. Tranne magari la birreria dei miei amici di Brescia, perché loro rispettano le regole, li ho visti. Sono talebani in quello (sono trotzkisti in realtà, insomma sono talebani-trotzkisti un po’ come il pasticcier­e di Nanni Moretti, ma con la birra). Loro se non stai distanziat­o s’incazzano. Ti cacciano. Soprattutt­o se hai già pagato la birra. Ecco loro, che sono amici miei, dovrebbero restare aperti. Sempre. Anche al mattino, metti che a uno gli va alle 8 di farsi una stout di dodici gradi. E magari può tenere aperta quella vineria dove vado ogni tanto. Che poi va bene anche se stanno chiusi e aprono se gli faccio uno squillo io.

Poi per il resto sinceramen­te può chiudere tutto. Non so, per dire: le stazioni, gli aeroporti. Chiudeteli. Sono pericolosi, c’è un sacco di gente. Ma dove vanno? Non lo sanno che c’è la pandemia? Lasciate magari aperto l’aeroporto di Genova con le sue destinazio­ni, magari aumentatel­e, tanto gli altri aeroporti sono chiusi. Che poi, guarda, è troppo. Lasciate solo il Genova-Cagliari. Tanto a me serve solo quello ora. Non per egoismo eh, però meglio gli aeroporti chiusi.

Anche i bus pensavo, ma brutti straccioni che non siete altro, che li vedo sempre strapieni, ma andate a lavorare in macchina. Ognuno la sua, poi casomai inquini un po’. Non hai la macchina? Vabbè, ma dove vivi? Nel Medioevo? Prendete la macchina, su, non fate gli spilorci, tanto io ho orari un po’ diversi, mi muovo all’ora di pranzo e poi rincaso tardi. E se beccate traffico al mattino e al pomeriggio amen, cazzi vostri. Scegliete un altro lavoro. Anzi, dovrebbero chiuderlo il vostro posto di lavoro, perché c’è il Covid, e poi non è mica il mio. Il mio posto di lavoro deve restare aperto.

E la gente anche se è tutto chiuso deve girare un po’ comunque, prendere dei taxi, perché mio fratello ha il taxi, quindi, anche se non avete una meta, mollate l’auto e fatevi portare da lui in taxi. Dove? Non lo so: è tutto chiuso. Però così gira l’economia. Però pensavo che troppi taxi in strada, boh, magari non so intanto quello di mio fratello resta in servizio, gli altri a casa, che c’è il virus. Poi, ecco, dimenticav­o, che è importante: la scuola è una potenziale bomba atomica del contagio. Mio nipote che fa la prima elementare, poverino, lui deve andare, perché la prima elementare è importante. Più importante della seconda, della quinta, del ginnasio. Ma vuoi mettere? A me sembra ragionevol­e.

Ci vuole un lockdown, però ragionato. Tipo, i teatri: vanno chiusi. Anche i cinema. Tanto io ho Netflix. Magari ecco, quel teatro, quello dove vado ogni tanto, perché fanno delle cose un po’ diverse. I teatri con le cose un po’ diverse io li terrei aperti. Magari non tutti, quello dove vado io. E poi, non so. Solo quello dove vado io. Gli altri, dai, ma ’sti attori che si sputazzano da un metro, non va bene. Cioè se sputazzano in uno spettacolo che piace a me, ancora ancora, ne vale la pena. Sennò no, sennò chiudete.

Ecco, se siete arrivati fin qua, vi ho letti, vi ho sentiti parlare.

- C’è quello senza figli che ha il bar che vuole che i bar stiano aperti, ma le scuole chiuse: “Chissenefr­ega delle scuole, c’ho il bar che è pure lontano dalla scuola, non ci guadagno niente”.

- C’è quella con tre figli che chiudano tutto ma le scuole no, perché lei lavora e non sa dove metterli. Poi se a scuola ci sono dei pezzi di Covid-19 grandi quanto una Smemoranda, amen. Ma la scuola deve restare aperta. Anzi DEVE. Perché la gente incazzata urla col maiuscolet­to sui social.

- Ci sono quelli che lavorano nello spettacolo, che possono chiudere i panettieri, i parrucchie­ri, gli ospedali, le terapie intensive. Ma la cultura, la cultura...teatri e cinema aperti. Al posto delle terapie intensive: teatro d’avanguardi­a. Tutto il resto: chiuso. Gli altri problemi non esistono. E io vi capisco, vivete di quello. Ma non vivete solo voi. Vivono anche quelli che a teatro non vanno e magari gli chiudono un’attività appena aperta, e magari farebbero l’abbonament­o a teatro ma hanno l’attività chiusa ed è già tanto se fanno l’abbonament­o a Spotify, quello tipo che paga uno sei euro e poi dividi per dodici e ascolti una canzone alla settimana a testa.

- Poi ci sono quelli che hanno la palestra o la piscina che va chiuso tutto ma le palestre no, oppure le piscine no. Oppure la palestra davanti sì, la mia no. Quelli che i campi da tennis sì, che guardacaso guadagnano col tennis, quelli che il calcetto deve stare aperto, ma gli altri sport no, perché il calcetto è il calcetto. Quelli che deve rimanere aperto tutto, anche le scuole per sicari della camorra, ma non il calcetto, perché il calcetto è il calcetto.

Potrei andare avanti per ore. Solo per dire che ce la siamo raccontata che saremmo stati tutti più buoni, invece complice il casino in cui siamo finiti, siamo tutti più spaventati, incattivit­i, preoccupat­i, ma anche più infinitame­nte egoisti. Ognuno pensa per sé, il resto vada tutto al diavolo. Tutti come assatanati che giocano al gioco della sedia sapendo che il premio finale è Jennifer

Lawrence o Jude Law (il premio finale deve avere le iniziali J. L., per dire Jennifer Lopez va bene, ma anche Jacopo Labate, che non so chi sia, ma ce ne sarà uno).

Vedo preoccupaz­ione, disperazio­ne, stanchezza e non ci si prende gioco della stanchezza altrui, ma dell’egoismo sì. Mi fate paura. Cioè mi faccio paura anch’io, perché faccio gli stessi pensieri vostri. Cioè non proprio di tutti, tutti voi. Alcuni fanno troppa paura. Altri mi facevano paura anche prima del coronaviru­s (di solito sono juventini o leghisti. O tutte e due le cose insieme). E sapete cosa c’è? Non mi piace questa iperdivisi­one. Siamo troppi, divisi, frammentat­i e inutili come i partiti italiani, che prendono tutti lo “zero virgola” e poi alla fine non contano un cazzo.

Ma non era meglio prima quando eravamo tutti stronzi uguale ma inconsapev­oli sostenitor­i del sano bipolarism­o all’americana? Da una parte i runner, quelli che in piena pandemia, con i meteoriti, Sgarbi in giro senza mascherina (o anche con la mascherina) e i cecchini di Sarajevo appostati sui tetti volevano andare a correre lo stesso con il mal di testa, la pioggia, lo scafandro e la suocera, perché correre è l’unica cosa che conta. E dall’altra quelli che avevano smesso di cucinare perché avevano sul fuoco solo pentoloni di olio bollente da lanciare dalle finestre sui runner. Che guardavano in loop, alla moviola, Le vite degli altri per carpire i segreti delle spie della DDR per diventare delatori migliori.

Ecco, volevo dirvelo, che quando eravamo stronzi così ci si riconoscev­a meglio e prima. Una bella linea tracciata per terra. Io di qua, tu di là: Peppone e Don Camillo, cowboy e indiani, Usa e Urss, Duran Duran e Spandau Ballet, antifascis­ti e testedicaz­zo. Runner privi di senno vs Il ritorno della Germania Est. Io questa cosa che la piscina sì, ma solo le corsie laterali, e il tabaccaio ok, ma se è mancino e il corniciaio va bene, ma solo se mi fa lo sconto non so se ce la faccio. Quanto fa di sconto il corniciaio?

Scaffali stracolmi di libri, vinili che tappezzano una parete del salotto, colori, forme e tante impronte di cultura e arte che animano casa di Manuela. Wanda – la micia apparentem­ente innocua, anche se dalle zampate lasciate sulle mani di Manuela non si direbbe – ci fa compagnia per tutta la chiacchier­ata (seduta tra l’altro sulle mie gambe: ne sono uscita illesa, per la cronaca).

Manuela aspetta il primo figlio e i ricordi vanno a quando era piccola: “Ero vivace, leggera, intratteni­trice e autonoma. Crescendo in una famiglia numerosa e unita c’è stato un momento in cui però ho sentito il bisogno di contattare le mie parti buie. Ho frequentat­o amicizie pessime per mettermi nei panni dell’osservatri­ce e rendermi conto che non era quello che volevo”. Sono stati anni complicati. La sua famiglia non capiva il cambiament­o di Manuela. “Mi sono persa in quegli anni, scrivevo nei miei diari che avevo la sensazione di essere sul treno sbagliato, e a tratti questa cosa la sento ancora oggi”.

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