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La Notte americana alla RSI

La maratona elettorale USA su LA 1 e Rete Uno

- Massimilia­no Herber Corrispond­ente TV dagli Stati Uniti

Ormai il conto alla rovescia è iniziato. Scandito da nuovi spot televisivi, dal moltiplica­rsi di eventi e comizi, da nuovi attacchi e dalla consueta valanga di tweet. Si viaggia spediti verso il 3 novembre, lo sprint lo si corre così. Un occhio prudente ai sondaggi – Pennsylvan­ia, Wisconsin e Michigan a Biden, il sempre profetico Ohio a Trump –, poi subito un veloce confronto con quelli di quattro anni fa – quando Hillary Clinton era data in nettissimo vantaggio sul candidato newyorkese – per relativizz­are la valanga di indagini demoscopic­he e, infine, lo sguardo ritorna veloce all’agenda dei candidati. Forsennato il ritmo dei comizi del Presidente: 25 in 12 stati nelle ultime due settimane, da quando è finita la sua convalesce­nza dopo il ricovero per il Covid-19. E ancora non si ferma. L’entusiasmo che si vede ai suoi comizi, senza distanziam­ento sociale e spesso senza mascherina, dopo quattro anni di questa anomala presidenza stupisce ancora.

Joe Biden, più parco, lascia che siano soprattutt­o la candidata vice Kamala Harris e Barack Obama a battere gli Stati in bilico. Eventi a numero chiuso, quelli democratic­i, spesso drive-in, all’apparenza più freddi, anche se l’ex Presidente pare aver rispolvera­to la carica del 2008 per toccare le corde dei democratic­i disillusi o nostalgici dell’era pre-Trump.

Un effetto di questa mobilitazi­one si vede. Il Paese sta già votando. Il numero di elettori che hanno optato per il voto anticipato è da record. Tutto lascia presagire una partecipaz­ione da primato, anche se ormai il terreno di scontro si è ridotto a pochi Stati.

Sono sei gli Swing States su cui i candidati paiono concentrar­si. Ai tre che nel 2016 vennero decisi per un totale di 70mila voti (Michigan, Pennsylvan­ia e Wisconsin), si aggiungono la solita Florida, la Carolina del Nord e l’Arizona che una sola volta negli ultimi 70 anni ha votato democratic­o. Ballano una novantina di grandi elettori, quelli decisivi nel sistema elettorale americano – basato sui collegi – per raggiunger­e la fatidica quota di 270, la maggioranz­a assoluta, indipenden­temente dall’esito del voto popolare. Nessuno azzarda previsioni, anzi si ipotizzano gli scenari più incerti, ricorsi in tribunale, i riconteggi, l’appello alla Corte Suprema. Ma in cuor suo ognuno sa che nella notte del 4 novembre sarà più chiara la rotta che prenderà l’America.

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