La paura è cattiva consigliera
Quando sui mercati azionari regna il sereno, ovvero corsi costantemente in aumento e bassa volatilità, gli investitori si rilassano. Non appena all’orizzonte si delinea un alito di vento, però, molti di loro si innervosiscono. Se poi questo venticello diventa una forte brezza o addirittura una vera e propria tempesta si diffonde paura frammista a panico per possibili perdite di corso. Questa paura trasforma allora gli investitori in operatori di mercato che agiscono perlopiù in modo avventato.
Un indicatore della forza del vento è ad esempio l’indice di volatilità Vsmi, che esprime l’entità delle oscillazioni previste per l’indice di riferimento svizzero Smi (vedi grafico). Con lo scoppio della pandemia da coronavirus, tra il 20 febbraio ed il 18 marzo, esso è salito di oltre 60 punti. Il mercato azionario svizzero in quel periodo, in base allo Smi, ha avuto una flessione del 24% circa, mentre l’indice globale Msci World
ha registrato addirittura una correzione di oltre il 30 per cento.
Di solito la causa di questi movimenti dei corsi non risiede tanto nella paura in sé quanto nei rischi geopolitici o dell’economia reale; tuttavia la paura degli investitori accentua questi effetti negativi. Se a causa di una notizia negativa vengono liquidate singole e maggiori posizioni di un’azione o di un intero indice, si scatena un vero e proprio cosiddetto istinto gregario; per paura di perdite, anche altri investitori estinguono allora le proprie posizioni, andando spesso contro le strategie d’investimento di lungo termine (le quali andrebbero sempre rispettate, anche in occasione di eventi purtroppo negativi).