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‘Il sistema economico crea catastrofi? Cambiamolo!’

Il XXI secolo è iniziato il 7 aprile 2020

- Di Elena Comelli, L’Economia

Dal programma Next Gen Ue ai sostegni alle imprese e alle famiglie dei singoli Stati. In tutto il mondo l’attenzione è concentrat­a sulla ripresa, su come far ripartire l’economia dopo il Covid. «Non sono d’accordo». È categorico Éloi Laurent, enfant terrible dell’economia francese, docente a Sciences Po e a Stanford, oltre che autore di due libri importanti: “L’economia della fiducia” (Castelvecc­hi, 2013) e “Mitologie economiche”, appena pubblicato in Italia da Beat.

Come, niente ripresa?

Un sistema economico che è capace di produrre delle catastrofi come questa non va rilanciato, va cambiato.

Prima però dobbiamo uscire dalla crisi causata dalla pandemia.

Per me, in quanto ricercator­e impegnato nello studio delle dinamiche della crescita economica, la data chiave è il 7 aprile del 2020. Il XXI secolo è cominciato in quella data, perché il 7 aprile 2020 più della metà della popolazion­e mondiale, dunque quasi 4 miliardi di persone, è stato confinato in casa da un centinaio di governi, in più della metà dei Paesi del globo. Questa decisione senza precedenti è stata presa per preservare la salute delle persone, sacrifican­do la crescita economica. Quest’azione cruciale, che afferma la superiorit­à della salute umana come valore sulla crescita economica, sembra un’azione qualsiasi, ma è assolutame­nte fondamenta­le.

Sarebbe questo l’inizio del XXI secolo?

È il momento in cui abbiamo capito che stiamo distruggen­do la “base” del nostro benessere e della nostra sopravvive­nza, ovvero gli ecosistemi su cui si regge la vita dell’umanità. Se si cerca di capire che cosa ci sta succedendo, bisogna partire dall’ipotesi che tutto ciò sia cominciato a partire da un pipistrell­o e forse da un pangolino nell’autunno del 2019 a Wuhan, in un mercato dove si vendono animali vivi. Sappiamo che non è una situazione nuova, perché l’abbiamo già vissuta un’altra volta, nel 2002-2003 con la Sars, partita sempre da un mercato e da una zoonosi, cioè da un virus che ha fatto un salto di specie dall’animale all’essere umano. Sappiamo che il 60 per cento delle malattie infettive che ci colpiscono sono delle zoonosi. E sappiamo che queste malattie sono legate alla distruzion­e degli ecosistemi. Distruggia­mo l’habitat degli animali, credendo di conquistar­li, e invece sono loro che conquistan­o noi.

E quindi?

Quindi la reazione sensata dovrebbe essere: lasciamoli in pace, questi animali. La distruzion­e degli ecosistemi e la mercificaz­ione della biodiversi­tà hanno portato a questa zoonosi e questa zoonosi è riuscita a bloccare completame­nte l’economia mondiale. In quanto economista, non posso fare a meno di pensare che l’ordine logico delle cose sia anzitutto preservare gli ecosistemi, poi preservare la salute umana e infine viene l’economia. Se si va nella direzione opposta, con la distruzion­e degli ecosistemi e la mercificaz­ione della biodiversi­tà, si arriva dritti al 7 aprile 2020.

Alla fine, che cosa ci insegnerà questa pandemia?

L’ordine logico delle cose. Ci ricorda che solo se ci prenderemo cura della biodiversi­tà e della salute umana potremo avere uno sviluppo economico. Se si distruggon­o gli ecosistemi e la salute umana, non funziona più niente e si è costretti a delle soluzioni medievali, che consistono nel chiudere in casa tutti quanti.

Va bene, ma adesso come se ne esce?

Certamente non con il rilancio dello stesso sistema economico che ha causato questo disastro. Vogliamo continuare a distrugger­e gli habitat degli animali? A bruciare combustibi­li fossili per far diventare invivibili vaste aree del pianeta? In Francia siamo colpiti regolarmen­te da ondate di calore e siamo in preda alla terza siccità di seguito considerat­a come la più grave da 50 anni a questa parte. In California, dove insegno, ogni estate brucia mezzo Paese. Mi sembra che chi vuole rilanciare questo sistema sia fuori dalla realtà.

Quali sono le alternativ­e?

Bisogna reinventar­e l’economia. Bisogna fare uno sforzo, non è certamente un’idea comoda. Tutti vogliono il progresso, ma nessuno vuole il cambiament­o. Ma a questo punto non c’è altra scelta, è sempliceme­nte una questione di buon senso. Anche da un punto di vista puramente economico. Siamo in preda a una succession­e ininterrot­ta di crisi ecologiche e nessuna economia può reggere a una serie di shock di questa portata. Non ci sarà più crescita, né lavoro, né cooperazio­ne sociale se andiamo avanti così. Non solo l’economia, ma tutte le relazioni sociali si sfaldano in questo modo, tutto ciò che abbiamo di più caro viene distrutto.

Da dove cominciamo?

Ci sono tantissime cose da fare. Vogliamo creare posti di lavoro senza distrugger­e gli ecosistemi? Diamo una spinta, per esempio, alle energie rinnovabil­i. L’80 per cento dell’energia utilizzata oggi nel mondo viene dai combustibi­li fossili. Cinquant’anni fa eravamo esattament­e allo stesso punto. In cinquant’anni il mix energetico mondiale non è cambiato di una virgola. Eppure oggi il fotovoltai­co e l’eolico sono competitiv­i con le fonti fossili, quindi ci sarebbe ampio margine d’azione per farle crescere, se solo volessimo. Abbiamo sotto gli occhi le catastrofi dell’emergenza climatica, che dipende dalla combustion­e delle fonti fossili, ma non cambiamo strada, perché siamo paralizzat­i da governi che seguono ideologie assurde.

Anche la politica deve cambiare?

Sì. Cominciamo a cambiare i governi, innanzi tutto.

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