Bufera alla RTS: Rochebin accusato di molestie
Le Temps parla anche di ‘lassismo’ dell’azienda
Si è alzato e non scenderà tanto rapidamente il polverone per i presunti abusi alla RTS denunciati sabato scorso da Le Temps, che chiama in causa l’ex presentatore Darius Rochebin e i vertici dell’azienda, tacciata di lassismo. L’inchiesta del quotidiano di lingua francese ha impegnato tre giornalisti in un lavoro durato diversi mesi, basato su una trentina di testimonianze anonime. Nel dossier si parla di molestie sessuali, gesti inappropriati, abuso di potere. Nello specifico, un dirigente, ancora in carica, sarebbe stato oggetto di una quindicina di denunce interne per mobbing e molestie, testimonianze che riguardano anche un altro dipendente resosi protagonista di comportamenti inappropriati (si parla di “mano morta” e baci forzati). Secondo Le Temps, la direzione sapeva ma non ha reagito. I racconti riguardano Rochebin, chiamato in causa da una donna che sostiene di essere stata baciata con la forza; una seconda donna racconta di come il giornalista le abbia afferrato la mano e l’abbia posta sui genitali. A tutto ciò si aggiungono le testimonianze di alcuni giovani, decisi a lanciarsi nel giornalismo, che riferiscono di come Rochebin, dopo avere offerto loro un caffè o un pranzo, si sia interessato insistentemente alla loro vita sessuale. Uno degli aspiranti reporter, in particolare, afferma di avere avuto una relazione con il giornalista. Dall’indagine sono emersi anche falsi profili Facebook aperti da Rochebin a nome di donne, con lo scopo di entrare in contatto con i suddetti giovani. Interpellato da Le Temps, Rochebin ha parlato tramite il proprio legale: “Egli nega fermamente di aver commesso atti penalmente riprovevoli” e precisa che “non è mai stato oggetto di una denuncia penale, né a maggior ragione di una condanna penale”, riferisce l’avvocato.
Darius Rochebin ha lasciato negli scorsi mesi la RTS per un’emittente francese, dove il presentatore è attivo dalla scorsa estate. E le reazioni dalla Francia non si sono fatte attendere. LCI, il canale televisivo per il quale lavora, proprietà di TF1, ha deciso per il momento di sospendere il programma d’interviste con personaggi di rilevo condotto dal giornalista svizzero. In una nota, il gruppo ricorda la presunzione d’innocenza e afferma che Rochebin desiderava essere liberato alcuni giorni per ritrovare la sua famiglia e lavorare con il suo avvocato. Il responsabile dell’emittente ha aggiunto a Le Figaro di non essere al corrente di “nessun incidente di questa natura a LCI”. Nello stupore generale, Libération parla di “fatti lontani mille miglia dall’immagine pubblica del giornalista”, mentre Le Monde e Mediapart pongono l’accento sulle “accuse gravi”.
Crittin: ‘Non copriamo nessuno’
Già nella giornata di sabato, tramite comunicato, i vertici della RTS avevano respinto “fermamente qualsiasi accusa di lassismo nell’affrontare le molestie o nel proteggere i suoi dipendenti”, specificando che “se le testimonianze riguardanti il comportamento di Rochebin sono confermate” l’azienda “esprime il suo sgomento e condanna fermamente qualsiasi violazione o cattiva condotta”.
Ieri, il direttore generale di RTS è entrato personalmente nel merito, “scioccato” dal numero di persone che affermano di essere vittime e assicurando la piena disponibilità a fare luce sull’accaduto. In un’intervista rilasciata a Le Matin Dimanche, Crittin promette che “da domani (oggi, ndr) faremo verificare tutte le nuove informazioni contenute nell’articolo. Un’azienda esterna esaminerà se il dispositivo in vigore necessita di migliorie”. Riferito alla RTS, Crittin aggiunge anche che “questa non è l’impresa che conosco” e che “non è accettabile che le vittime non osino testimoniare. La parola deve essere liberata”. Il direttore ammette comunque di essere stato informato, nel 2017, del fatto che Rochebin possedeva due falsi account Facebook e di averlo richiamato all’ordine. “Non copriamo nessuno”, aggiunge Crittin, sottolineando che Le Temps parla di “tre persone su dieci anni per un’azienda di 1’800 collaboratori”. E conclude: “Ogni caso conta. Quando riceviamo denunce le trattiamo, come avvenuto sette volte negli ultimi dieci anni”.