Tradizione umanitaria da sviluppare
Nelle pubbliche esternazioni di protagonisti della nostra vita sociale ed economica, e quindi anche di personalità politiche, si sente spesso invocare la necessità di conciliare l’economia con la difesa dell’ambiente. Non sempre queste lodevoli affermazioni sono però rivolte a soluzioni concrete atte a risolvere i problemi che si pongono, non solo a livello nazionale ma anche a livello planetario, per impedire immissioni moleste e il surriscaldamento del clima: non mancano i proclami retorici e privi di idonee attuazioni.
Un’ottima occasione per fare un passo innanzi in questo senso, inserendo la Svizzera in un’attiva cooperazione internazionale per evitare i danni prodotti da dissennate attività industriali (ma purtroppo redditizie dal profilo finanziario) è data dall’iniziativa “Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente”. Il proposto articolo costituzionale sottolinea nel suo primo capoverso che il suo scopo è quello di “rafforzare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte dell’economia”. Valori che le ditte con sede in Svizzera dovranno rispettare anche nella loro attività all’estero: esigenza estesa alle imprese estere controllate da ditte svizzere. È da sottolineare l’importanza conferita da questa norma al rispetto dei diritti umani: certe multinazionali svizzere, in paesi che non conoscono le norme protettive della dignità umana, approfittando delle carenze giuridiche, compiono interventi non solo nocivi all’ambiente ma contrari alla dignità delle persona umana: a livello di adulti ma, modalità ancor più raccapricciante, reclutando fanciulli esposti a lavori evidentemente nocivi e a pericoli che spesso sfociano in tragedie. Una norma come quella dell’iniziativa serve a definire un quadro giuridico, e le conseguenze in caso di mancato rispetto.
La proposta costituzionale in votazione popolare ha quindi un esplicito indirizzo umanitario, in perfetta linea con una tradizione svizzera. Fino alla metà del XIX secolo, e cioè ai tempi della confederazione formata da 13 cantoni uniti da un debole legame politico, con i loro baliaggi (tra i quali il Ticino), l’unica forma significativa di collaborazione con gli altri Stati europei era costituita dal servizio mercenario: i cantoni fornivano, dietro pagamento, soldati a parecchie potenze militari dell’epoca: dal Re di Francia al Papa, all’Imperatore. È palese che ciò era estraneo a ragioni umanitarie, ma serviva quale notevole fonte di reddito per i Cantoni che lo praticavano.
Un cambiamento radicale si ebbe con il passaggio, nel 1848, da una Confederazione di Stati a uno Stato federativo, formato da 25 Cantoni. Scomparso il servizio mercenario e creata una maggiore coscienza svizzera, subentrò una propensione per una collaborazione di tipo non solo economico e politico ma anche umanitario con gli Stati esteri.
La prima e determinante concretizzazione di questo spirito nuovo si registrò, in modo significativo, in occasione delle guerre combattute in Italia per la riunificazione e per l’indipendenza del paese contro le potenze straniere che lo occupavano. In primo luogo l’impero austro-ungarico, signore della Lombardia e del Veneto: un processo che culminò con la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861. Una delle battaglie, molto cruenta, per l’indipendenza fu combattuta a Solferino il 24 giugno 1859 ed ebbe quale osservatore un uomo d’affari (e filantropo): Henry Dunant. Egli fu impressionato dal numero di morti e feriti, e nel ricordo di questa carneficina, si diede da fare per raccogliere le forze e i mezzi atti a organizzare i soccorsi indispensabili per rendere meno cruente le azioni belliche. Grazie all’entusiasmo di Dunant e dei suoi seguaci e a notevoli mezzi finanziari, fu possibile fondare, il 17 febbraio 1863, un comitato internazionale di soccorso, che divenne poco dopo il “Comitato internazionale della Croce Rossa” che, da ormai più di un secolo e mezzo, con sede a Ginevra, svolge un’azione umanitaria ben nota. Accanto ad essa, sempre con fini pacifisti e di cooperazione internazionale, la Svizzera partecipò, e partecipa tuttora, a numerosi organismi internazionali. Ricordiamo in particolare la fattiva partecipazione del nostro Paese alla Società delle Nazioni, nata dopo la prima guerra mondiale, con sede a Ginevra. Città che ospita tuttora numerosi uffici e agenzie dell’Onu, nell’ambito delle sue iniziative umanitarie. E possono anche essere menzionati i numerosi incarichi ricevuti, nel corso dei decenni, dalla nostra diplomazia per garantire una rappresentanza a paesi tra loro in conflitto.
È giusto quindi che la Svizzera continui e sviluppi questa tradizione umanitaria, coinvolgendo anche il mondo economico e favorendo l’aspetto etico che ogni attività imprenditoriale deve pur rispettare. In questo contesto si inserisce opportunamente l’iniziativa in votazione la quale, a protezione di questo aspetto relativo ai diritti umani e all’umanità indispensabile in ogni azione, dà un quadro giuridico che, sanzionando la responsabilità (di diritto civile, non penale) di chi li trasgredisce, permetta l’emanazione, nella legge di applicazione, di norme coercitive e che sanzionino le violazioni di questi principi fondamentali.