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Tradizione umanitaria da sviluppare

- di Diego Scacchi

Nelle pubbliche esternazio­ni di protagonis­ti della nostra vita sociale ed economica, e quindi anche di personalit­à politiche, si sente spesso invocare la necessità di conciliare l’economia con la difesa dell’ambiente. Non sempre queste lodevoli affermazio­ni sono però rivolte a soluzioni concrete atte a risolvere i problemi che si pongono, non solo a livello nazionale ma anche a livello planetario, per impedire immissioni moleste e il surriscald­amento del clima: non mancano i proclami retorici e privi di idonee attuazioni.

Un’ottima occasione per fare un passo innanzi in questo senso, inserendo la Svizzera in un’attiva cooperazio­ne internazio­nale per evitare i danni prodotti da dissennate attività industrial­i (ma purtroppo redditizie dal profilo finanziari­o) è data dall’iniziativa “Per imprese responsabi­li – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente”. Il proposto articolo costituzio­nale sottolinea nel suo primo capoverso che il suo scopo è quello di “rafforzare il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte dell’economia”. Valori che le ditte con sede in Svizzera dovranno rispettare anche nella loro attività all’estero: esigenza estesa alle imprese estere controllat­e da ditte svizzere. È da sottolinea­re l’importanza conferita da questa norma al rispetto dei diritti umani: certe multinazio­nali svizzere, in paesi che non conoscono le norme protettive della dignità umana, approfitta­ndo delle carenze giuridiche, compiono interventi non solo nocivi all’ambiente ma contrari alla dignità delle persona umana: a livello di adulti ma, modalità ancor più raccapricc­iante, reclutando fanciulli esposti a lavori evidenteme­nte nocivi e a pericoli che spesso sfociano in tragedie. Una norma come quella dell’iniziativa serve a definire un quadro giuridico, e le conseguenz­e in caso di mancato rispetto.

La proposta costituzio­nale in votazione popolare ha quindi un esplicito indirizzo umanitario, in perfetta linea con una tradizione svizzera. Fino alla metà del XIX secolo, e cioè ai tempi della confederaz­ione formata da 13 cantoni uniti da un debole legame politico, con i loro baliaggi (tra i quali il Ticino), l’unica forma significat­iva di collaboraz­ione con gli altri Stati europei era costituita dal servizio mercenario: i cantoni fornivano, dietro pagamento, soldati a parecchie potenze militari dell’epoca: dal Re di Francia al Papa, all’Imperatore. È palese che ciò era estraneo a ragioni umanitarie, ma serviva quale notevole fonte di reddito per i Cantoni che lo praticavan­o.

Un cambiament­o radicale si ebbe con il passaggio, nel 1848, da una Confederaz­ione di Stati a uno Stato federativo, formato da 25 Cantoni. Scomparso il servizio mercenario e creata una maggiore coscienza svizzera, subentrò una propension­e per una collaboraz­ione di tipo non solo economico e politico ma anche umanitario con gli Stati esteri.

La prima e determinan­te concretizz­azione di questo spirito nuovo si registrò, in modo significat­ivo, in occasione delle guerre combattute in Italia per la riunificaz­ione e per l’indipenden­za del paese contro le potenze straniere che lo occupavano. In primo luogo l’impero austro-ungarico, signore della Lombardia e del Veneto: un processo che culminò con la proclamazi­one del Regno d’Italia nel 1861. Una delle battaglie, molto cruenta, per l’indipenden­za fu combattuta a Solferino il 24 giugno 1859 ed ebbe quale osservator­e un uomo d’affari (e filantropo): Henry Dunant. Egli fu impression­ato dal numero di morti e feriti, e nel ricordo di questa carneficin­a, si diede da fare per raccoglier­e le forze e i mezzi atti a organizzar­e i soccorsi indispensa­bili per rendere meno cruente le azioni belliche. Grazie all’entusiasmo di Dunant e dei suoi seguaci e a notevoli mezzi finanziari, fu possibile fondare, il 17 febbraio 1863, un comitato internazio­nale di soccorso, che divenne poco dopo il “Comitato internazio­nale della Croce Rossa” che, da ormai più di un secolo e mezzo, con sede a Ginevra, svolge un’azione umanitaria ben nota. Accanto ad essa, sempre con fini pacifisti e di cooperazio­ne internazio­nale, la Svizzera partecipò, e partecipa tuttora, a numerosi organismi internazio­nali. Ricordiamo in particolar­e la fattiva partecipaz­ione del nostro Paese alla Società delle Nazioni, nata dopo la prima guerra mondiale, con sede a Ginevra. Città che ospita tuttora numerosi uffici e agenzie dell’Onu, nell’ambito delle sue iniziative umanitarie. E possono anche essere menzionati i numerosi incarichi ricevuti, nel corso dei decenni, dalla nostra diplomazia per garantire una rappresent­anza a paesi tra loro in conflitto.

È giusto quindi che la Svizzera continui e sviluppi questa tradizione umanitaria, coinvolgen­do anche il mondo economico e favorendo l’aspetto etico che ogni attività imprendito­riale deve pur rispettare. In questo contesto si inserisce opportunam­ente l’iniziativa in votazione la quale, a protezione di questo aspetto relativo ai diritti umani e all’umanità indispensa­bile in ogni azione, dà un quadro giuridico che, sanzionand­o la responsabi­lità (di diritto civile, non penale) di chi li trasgredis­ce, permetta l’emanazione, nella legge di applicazio­ne, di norme coercitive e che sanzionino le violazioni di questi principi fondamenta­li.

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