Sfruttamento, ingiustizia moneta corrente
La votazione del 29 novembre è un’occasione per chiarire a noi stessi che cosa intendiamo per politica. La politica non è solo l’arte del buon governo nel paese in cui si vive ma è anche l’espressione della nostra visione del mondo, dei valori universali in cui crediamo. L’iniziativa “Per multinazionali responsabili” chiede che le imprese con sede in Svizzera siano tenute a vegliare sulle proprie attività commerciali e assicurarsi che rispettino i diritti umani e le norme ambientali anche all’estero: un principio etico contemplato anche nei Principi guida delle Nazioni unite su imprese e diritti umani. Quest’iniziativa ci induce a interrogarci sulla parola “responsabilità”. “Responsabile” viene dal latino “spondere”, cioè “impegnarsi, promettere” (da “spondere” viene anche “sponsus”, “promesso sposo”, da cui l’italiano “sposo”). Nella vita familiare noi, come genitori, siamo responsabili incondizionatamente, in modo spontaneo e naturale, verso i figli che generiamo, dipendenti dalle nostre cure, senza le quali morirebbero. Nella società, responsabile è chi si impegna a rispondere delle proprie azioni e delle azioni dei propri dipendenti, chi è consapevole delle conseguenze derivanti dalla propria condotta: in un giornale il direttore responsabile deve rispondere davanti alla legge degli eventuali reati compiuti a mezzo stampa. Nel linguaggio comune, quando si dice “rispondo per lui” s’intende “garantisco, pago per lui”. Ciò deve valere anche per le multinazionali, che devono globalizzare non solo i loro intereressi economici ma anche il principio responsabilità. Votando sì all’iniziativa noi facciamo in modo che un principio etico fondamentale venga iscritto nella legge, e sia vincolante anche per quella minoranza di imprese con sede in Svizzera che si rendono complici di ingiustizie e negligenze nelle succursali all’estero. Sappiamo che in un’epoca come la nostra, evoluta tecnologicamente ma non moralmente, lo sfruttamento e l’ingiustizia sono ancora moneta corrente in varie parti del mondo: ma la Svizzera non deve essere complice del male provocato dal capitalismo selvaggio. Quest’iniziativa ci permette di prendere posizione, come cittadini, per tentare di influenzare, anche se in modo indiretto, i potenti, e di renderli sensibili non solo ai diritti umani ma anche a quelli dell’ambiente: la nostra democrazia, con il diritto d’iniziativa, ci permette di uscire dal guscio egoistico del nazionalismo e di allargare i confini del nostro orizzonte morale: bambini intossicati dai metalli pesanti a Cerro de Pasco, nel Perù e acque inquinate da sostanze chimiche nel Ciad (Glencore); bambini sfruttati nei campi di cotone del Burkina Faso (Louis Dreyfus Sa con sede a Ginevra e Reinharts Ag con sede a Winterthur); un pesticida vietato in Svizzera perché altamente nocivo per la salute e esportato in India dove viene sparso sui campi di cotone e intossica i lavoratori (Syngenta); un villaggio sepolto da una nuvola di polvere in Nigeria a causa dell’attività di un grande cementificio (Lafarge-Holcim): com’è possibile che un cittadino non possa accettare un’iniziativa che vuol rendere responsabili le multinazionali con sede da noi e permettere, a chi è stato danneggiato dal loro operato all’estero, di accedere alla giustizia e chiedere un risarcimento davanti a un tribunale svizzero?