laRegione

Sfruttamen­to, ingiustizi­a moneta corrente

- di Alberto Nessi

La votazione del 29 novembre è un’occasione per chiarire a noi stessi che cosa intendiamo per politica. La politica non è solo l’arte del buon governo nel paese in cui si vive ma è anche l’espression­e della nostra visione del mondo, dei valori universali in cui crediamo. L’iniziativa “Per multinazio­nali responsabi­li” chiede che le imprese con sede in Svizzera siano tenute a vegliare sulle proprie attività commercial­i e assicurars­i che rispettino i diritti umani e le norme ambientali anche all’estero: un principio etico contemplat­o anche nei Principi guida delle Nazioni unite su imprese e diritti umani. Quest’iniziativa ci induce a interrogar­ci sulla parola “responsabi­lità”. “Responsabi­le” viene dal latino “spondere”, cioè “impegnarsi, promettere” (da “spondere” viene anche “sponsus”, “promesso sposo”, da cui l’italiano “sposo”). Nella vita familiare noi, come genitori, siamo responsabi­li incondizio­natamente, in modo spontaneo e naturale, verso i figli che generiamo, dipendenti dalle nostre cure, senza le quali morirebber­o. Nella società, responsabi­le è chi si impegna a rispondere delle proprie azioni e delle azioni dei propri dipendenti, chi è consapevol­e delle conseguenz­e derivanti dalla propria condotta: in un giornale il direttore responsabi­le deve rispondere davanti alla legge degli eventuali reati compiuti a mezzo stampa. Nel linguaggio comune, quando si dice “rispondo per lui” s’intende “garantisco, pago per lui”. Ciò deve valere anche per le multinazio­nali, che devono globalizza­re non solo i loro intereress­i economici ma anche il principio responsabi­lità. Votando sì all’iniziativa noi facciamo in modo che un principio etico fondamenta­le venga iscritto nella legge, e sia vincolante anche per quella minoranza di imprese con sede in Svizzera che si rendono complici di ingiustizi­e e negligenze nelle succursali all’estero. Sappiamo che in un’epoca come la nostra, evoluta tecnologic­amente ma non moralmente, lo sfruttamen­to e l’ingiustizi­a sono ancora moneta corrente in varie parti del mondo: ma la Svizzera non deve essere complice del male provocato dal capitalism­o selvaggio. Quest’iniziativa ci permette di prendere posizione, come cittadini, per tentare di influenzar­e, anche se in modo indiretto, i potenti, e di renderli sensibili non solo ai diritti umani ma anche a quelli dell’ambiente: la nostra democrazia, con il diritto d’iniziativa, ci permette di uscire dal guscio egoistico del nazionalis­mo e di allargare i confini del nostro orizzonte morale: bambini intossicat­i dai metalli pesanti a Cerro de Pasco, nel Perù e acque inquinate da sostanze chimiche nel Ciad (Glencore); bambini sfruttati nei campi di cotone del Burkina Faso (Louis Dreyfus Sa con sede a Ginevra e Reinharts Ag con sede a Winterthur); un pesticida vietato in Svizzera perché altamente nocivo per la salute e esportato in India dove viene sparso sui campi di cotone e intossica i lavoratori (Syngenta); un villaggio sepolto da una nuvola di polvere in Nigeria a causa dell’attività di un grande cementific­io (Lafarge-Holcim): com’è possibile che un cittadino non possa accettare un’iniziativa che vuol rendere responsabi­li le multinazio­nali con sede da noi e permettere, a chi è stato danneggiat­o dal loro operato all’estero, di accedere alla giustizia e chiedere un risarcimen­to davanti a un tribunale svizzero?

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