Che diranno le donne?
“Il fatto che Ferrara sia incinta, rende però la competizione incerta. Che diranno le donne?”. Così il domenicale Il Caffè dello scorso 25 ottobre. Nell’ultima edizione ho potuto rispondere, la discussione, però, non si è placata. Un personaggio pubblico diventa anche una superficie di proiezione (le donne ancor di più), non sorprendono dunque le numerose reazioni. Molte congratulazioni, consigli ma anche vere e proprie reprimende. Secondo alcuni la gravidanza va tenuta segreta e dopo il parto, per un periodo più o meno lungo (6 mesi, 12, per altri ancora addirittura fino all’inizio della scuola), le madri non dovrebbero nemmeno lavorare, figuriamoci fare politica. A memoria non ricordo simili discorsi per nessuno dei politici uomini del nostro Cantone, neanche quando padri di famiglie numerose o impegnati in decine di attività professionali e non (avrete notato anche voi che alcuni sembrano saper fare tutto e finiscono per ricoprire una quantità innumerevole di cariche). Purtroppo, troppo spesso, la gravidanza e la maternità vengono ancora trattate con paternalismo, come se le donne in questa condizione fossero bisognose di assistenza. Qualcuno si trova sempre che ricordi loro cosa significa essere “una buona madre”. Onestamente, come per tutti gli impegni familiari di ognuno di noi, anche i più gravosi (parenti prossimi bisognosi di cure, separazioni, lutti, e via narrando), determinante credo sia anzitutto la propria resistenza (e resilienza), come pure solidità e disponibilità del nucleo con cui si affronta tutto questo. Conto su mio marito Matteo, sui miei familiari, sulle mie forze ma anche sulla capacità di non farmi indebolire dalle gabbie mentali altrui. L’espressione “Che diranno le donne” messa lì da Il Caffè, senza troppa attenzione, deve farci riflettere. Forse che diventare genitori sia solo un tema femminile? Forse che le donne vantino maggiore diritto di dire a un’altra donna quali decisioni deve prendere per il suo futuro? Forse che ci sia un modo giusto e uno sbagliato di essere madri? Forse che la scelta del nuovo presidente (liberale!) passa dal suo stato di famiglia e non dal suo profilo e progetto per il partito e per il Paese? Davvero, nel Ticino del 2020, vogliamo generalizzare (e banalizzare) invece di fare un discorso liberale sulla possibilità di scegliere (stare a casa, lavorare a tempo parziale, appoggiarsi a un nido, ai nonni, a una mamma diurna e molto altro ancora), sulla conciliabilità e sulle pari opportunità anche in politica?
Non mi sono candidata alla presidenza del Plrt del futuro per farmi mettere all’angolo da visioni del passato che, evidentemente, così sorpassate non sono. A prescindere dalla carica e dalla mia riuscita o meno in questa corsa, certamente continuerà il mio impegno liberale a beneficio di tutte le donne e uomini del nostro Cantone. La conciliabilità è un tema di società, di grande rilevo anche economico e che concerne tutti. Lasciamoci dunque i pregiudizi alle spalle, usciamo da ruoli stereotipati e cerchiamo piuttosto soluzioni più eque.