Una città che ha paura: ‘Non va sottovalutata’
Il vicesindaco Michele Bertini risponde ‘a distanza’ all’interrogazione della Lega
Intervista al vicesindaco e capodicastero Sicurezza, Michele Bertini, sulla situazione di ‘nervosismo’ e insofferenza sociale che la polizia fatica sempre più spesso a contenere.
«Non vorrei si scadesse in una fobia ingiustificata». Ma Michele Bertini, vicesindaco e capodicastero Sicurezza a Lugano, poco dopo non si tira indietro in quella che è una ‘fotografia’ poco rassicurante della società di oggi: «Gente, purtroppo, che si mette le mani addosso in una città come Lugano avviene, non dico ogni weekend, ma spesso. Il fatto che sia avvenuto a una settimana dagli episodi di Molino Nuovo non lo metterei forzatamente in correlazione. Però, ripeto, che la Polizia comunale fatichi a mantenere soprattutto il divieto di assembramento è una verità».
A sollecitare una sua reazione, l’interrogazione fresca di inoltro al Municipio dalla Lega dei Ticinesi e la segnalazione di “ulteriori incresciose situazioni”. I consiglieri leghisti, in particolare, parlano di “raggruppamenti di persone che hanno portato a scontri in diverse zone della città con alcuni ferimenti (ospedalizzati), disturbo della quiete, violazione delle norme sanitarie vigenti e danneggiamento di beni pubblici”. Nel dettaglio, si parla di segnalazioni di tre diversi gruppi composti da una sessantina di individui. «Il comportamento del singolo, soprattutto dopo le nuove disposizioni contro il coronavirus del Consiglio di Stato, incide ancor più sulla collettività» evidenzia Bertini, a poche ore peraltro dalla decisione del governo cantonale di abbassare da quindici a cinque il numero di persone autorizzate a riunirsi nei luoghi pubblici. Una decisione che non può non tener conto del volantino distribuito per annunciare un nuovo ‘evento’ venerdì 13 novembre dalle 20 in piazza Indipendenza: “Autorizzato?” chiede la Lega. «Non sono tenuto a rispondere all’interrogazione via media ma è ben evidente che – non manca di portare la posizione delle istituzioni Bertini – non tollereremo manifestazioni non autorizzate, a maggior ragione ora. Per questo motivo stiamo provvedendo per fare il possibile affinché non si ripetano più situazioni del genere». Lo stesso Dipartimento delle istituzioni sarebbe all’opera per prevedere, questa volta, un piano quantomeno di... contenimento, ma interpellati da ‘laRegione’ gli uffici del presidente del governo Norman Gobbi e dei vertici della Polizia cantonale hanno preferito rilasciare uno stringato ‘no comment’.
‘La popolazione ha paura ad uscire la sera’
I fatti del 30 ottobre, con il ferimento di una nostra giornalista e vandalismi un po’ in tutta la città, sembrano dunque aver lasciato una cicatrice. La Lega parla di “paura ad uscire di casa in diversi anziani e famiglie”. È possibile? «Mi sembra eccessivo – annota il vicesindaco –, però che vi siano situazioni di disagio, che sia in atto un acutizzarsi di un certo nervosismo, purtroppo è vero. Lo abbiamo detto in maniera perentoria e per questo non vogliamo far credere di portare avanti una linea lassista. Sono certamente quelle che possono essere considerate le prime conseguenze di un periodo psicologicamente pesante. Certo, non voglio giustificare, tanto che sono stato il primo a dire che le istituzioni, con la Polizia comunale e cantonale, hanno fatto una figuraccia... Non possiamo, infatti, avere in piazza una trentina di persone, gli agenti che assistono e non fanno nulla con la conseguenza di ritrovarci imbrattamenti ovunque e addirittura vie di fatto con conseguenze sull’incolumità fisica delle persone. Perciò se una parte di questi personaggi sono legati all’autogestione, più in generale ve ne sono altri che subiscono una situazione di forte incertezza, paura, pesantezza che sta portando, come detto, a un acutizzarsi di fenomeni legati a sofferenze personali più ampie. Lo dimostra anche il fatto che sono in aumento i casi di violenza domestica. Sarebbe quindi bene parlare sì di conseguenze economiche ma anche sociali e collettive che non vanno sottovalutate. Con questo non vuol dire che dobbiamo girar la testa e far finta di non vedere. Non sottovaluterei certi segnali, come una certa ribellione, nervosismo, insofferenza nell’animo di molte persone e che riscontriamo, non solo come autorità, sempre più spesso».
Poi il sassolino dalla scarpa: «Queste situazioni portano a consolidare una parte politica. A parole sono tutti capaci di evocare la tolleranza zero, poi quando si è lì a decidere sull’intervento o meno della polizia per far sgomberare si parla di via del dialogo». Quella via del dialogo che, a guardare muri e nasi, non sembra essere condivisa da chi la richiede (sempre più con forza e arroganza) all’autorità.