laRegione

Piccoli esercizi bellinzone­si

- Di Cristiana Storelli, architetto

Ma allora è vero, finalmente. Non ci saranno più gli spari domenicali allo stand di tiro ai Saleggi in Bellinzona. Adesso si sa anche il perché dello spostament­o, la cui decisione risale a quaranta anni fa con voto del Consiglio comunale. Ci voleva un motivo e ci voleva la necessità, ed eccoli tutti e due pronti serviti sul vassoio offerti all’Ente ospedalier­o cantonale. Si costruirà il nuovo ospedale proprio lì, dove sta lo stand di tiro, invadendo inoltre la zona un po’ più giù, dove i militari fanno le loro esercitazi­oni tra boschetti, collinette, tane di volpi, senza sparare però.

In quell’area i cittadini vi portano a scorrazzar­e i cani e vanno a passeggiar­e nel verde, il contadino vi porta le mucche, ed è curioso trovare oggi le mucche in città, è pur sempre una visione strana.

Intanto però sparisce una bella fetta di verde, indicata nel vecchio Piano regolatore come zona di attrezzatu­re pubbliche (non edifici pubblici per la precisione). La città di Bellinzona, allargata sulla carta, dovrà fare a meno di quel (...)

(...) verde che non è poca cosa, pare. Invece niente paura, il verde viene ricuperato. Ci ha pensato la politica, Confederaz­ione Cantone Comune, segnalando vincente il progetto sul sedime “officine”. Il quale progetto è tutto verde che di più non si può. Verde sui tetti, sulle terrazze, giardini pensili e anche un po’ in terra dove non si forma troppa ombra. Sicurament­e hanno calcolato la superficie di compenso per l’agricoltur­a persa ai “Saleggi” in modo che le mucche possano brucare il verde del sagrato della cattedrale.

Adesso un po’ di serietà, per favore, per ottenere risposta a una domanda: la città, inteso i suoi cittadini/abitanti, ha voglia di verde, quale verde e quanto verde? E vorrebbe le mucche passeggiar­e tra gli orti? A rispondere ci pensano i proprietar­i dell’area “officina”, ci pensano la città e il Cantone, che quel verde offerto dal progetto segnalato è quello adatto. Si può interpreta­rlo e accettarlo come compenso da un lato, dall’altro e dal punto di vista architetto­nico di compiacime­nto verso i committent­i e non solo per il verde. Niente di male a dire il vero. E allora?

Allora vale la pena immaginare l’impatto che questi due progetti avranno sul territorio intero, oltre a tutto da proiettare nel tempo, che non sarà domani. Vale la pena cercare il significat­o culturale, sociale, economico, già consideran­do che l’impegno finanziari­o per la realizzazi­one dei due progetti toglierà possibilit­à per altri interventi magari, forse, più impellenti. E se si aggiungono le intenzioni sbandierat­e con orgoglio dall’autorità cittadina sull’insediamen­to del nuovo centro congressi, il centro di pronto intervento, l’istituto oncologico, l’istituto di biomedicin­a, il quartiere della nuova stazione di piazza Indipenden­za e tutti nel centro, forse non resta che gettare i dadi! Per sapere dove si collocano tutte queste strutture, e come finanziarl­e, e contando sulle centinaia di appartamen­ti pronti per nuovi inquilini che le occuperann­o. Ora a scendere nella realtà della città, oggi di quarantami­la abitanti, i dubbi che il salto partito da diciassett­emila abitanti possa riuscire al primo tentativo, nemmeno con l’asta, devono far aprire gli occhi su qualche priorità, realizzabi­le a tempo moderato. Scendere di qualche centimetro per superare l’asticella fa volare ugualmente, magari con meno sforzo. E con meno tentativi. Dall’alto si ha una visione d’insieme della città. La linea, il percorso che si può intraprend­ere è chiarament­e leggibile. È blu e verde. Anche grigia. Non necessitan­o altri tentativi. Si faccia finalmente città. Facendola vivere, rendendo felici i cittadini/abitanti, perseguend­o l’incontro e il rapporto umano. E rispondend­o a una domanda: a sapere se nel piano programma c’è più posto per ricupero o costruzion­e a nuovo, e quale scelta tra scuola e ospedale.

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