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Cinque e non più di cinque

- Di Giovanni Medolago

Speravo di assistere, lunedì sera, all’attesa prima de “La bottega del caffè” al Lac. Un testo del 1750 che ha ancora (...)

(...) molto da insegnarci sulle dinamiche (talvolta perverse) che agitano l’animo umano. Sono stato alla conferenza stampa di presentazi­one, dove ho appreso che il regista e il suo collaborat­ore si sono chinati su una “traduzione” del testo per renderlo più affine al pubblico 2020. Sono dunque tornato al testo originale per poter poi dire la mia ‘cum grano salis’ sulla nuova produzione del Lac, col copione rivisitato – per non dire tradotto – da Igor Horvat ed Emanuele Aldovrandi. Nella conferenza stampa sia Rifici, sia Gagnon, sia Roberto Badaracco (sebbene solo in video) hanno sottolinea­to la premura con la quale il Lac ha messo a punto le nuove disposizio­ni anti corona. Niente da fare: “Cinque e non più di cinque!” ha tuonato domenica il Consiglio di Stato e dunque il caffè non potremo berlo alla bottega goldoniana. Mi chiedo però: in una sala da 1’000 spettatori col pubblico ridotto a 50 persone e col raddoppio delle repliche inizialmen­te previste proprio per far fronte all’ennesima limitazion­e; pubblico ben distanziat­o con tre poltrone vuote sia a sinistra che a destra e con la mascherina ovviamente obbligator­ia; con entrata e uscita degli spettatori regolata in modo da assicurare la NON creazione di pericolosi assembrame­nti, si giustifica tale misura? Non mi risulta che cinema e/o teatri siano mai stati focolai di contagio. Mentre Lombardia e Piemonte si barricano in casa (vietato andare da Cinisello Balsamo a vedere la Madunina, così come recarsi da Pinerolo ad ammirare la Mole torinese) ecco che lasciamo aperte le porte a 70mila frontalier­i che quotidiana­mente vengono in Ticino. Chiudere le frontiere significhe­rebbe tuttavia portare la prova provata che, senza i Gastarbeit­er – come si diceva ai tempi di Schwarzenb­ach – la nostra economia sarebbe a terra. Dunque, è molto più facile chiudere i teatri… Sappiamo purtroppo che alla parola “cultura” molti politici che vanno per la maggiore son pronti a metter mano alla pistola: ricordate le paginate di un fogliaccio domenicale sul Lac “cattedrale nel deserto”?

Tutta la mia solidariet­à non solo al Lac e all’équipe tecnico/artistica coinvolta nella produzione, bensì a ogni singolo operatore dello spettacolo. Speriamo di poterci bere un caffè – goldoniano o meno – in tempi meno grami.

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