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‘Mary’ in cantina, recidivo condannato

Pena detentiva parzialmen­te sospesa per un 56enne che coltivava e spacciava marijuana

- Di Katiuscia Cidali

Una quindicina d’anni passati a coltivare e a spacciare marijuana tra Biasca, Semione e altre località ticinesi. Per un totale di quasi 45 chilogramm­i di stupefacen­te e un’importante cifra d’affari: circa 353mila franchi. Un 56enne della Val di Blenio è stato condannato ieri dalla Corte delle Assise criminali alla pena detentiva di 30 mesi, di cui 20 sospesi con la condiziona­le per un periodo di prova di cinque anni. Dedotti i giorni di carcere preventivo già scontati (due mesi) e la pena espiata anticipata­mente (tre mesi), all’imputato restano ora altri cinque mesi da trascorrer­e in cella.

Il dibattimen­to si è svolto secondo la procedura del rito abbreviato avendo l’uomo ammesso tutti i fatti contenuti nell’atto d’accusa. La Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, giudici a latere Manuel Borla e Marco Villa, ha condiviso l’atto d’accusa presentato dal procurator­e pubblico Zaccaria Akbas che riteneva l’imputato colpevole di ripetuta infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacen­ti. Dal 2005 al 2018, aiutato anche dalla madre, il 56enne ha coltivato piante di canapa in due locali situati nella propria abitazione. Spazi appositame­nte scelti poiché al riparo dagli sguardi indiscreti. Nel primo, adiacente alla cuccia del cane, la marijuana da lui prodotta gli ha fruttato oltre 107mila franchi, avendone gli acquirenti locali acquistati 13,5 chilogramm­i. Altri 30,7 chili, venduti sempre a consumator­i della regione, provenivan­o da uno spazio nascosto situato a lato delle scale che dalla cantina portano al piano terreno. Anche in questo caso la sostanza veniva venduta a otto franchi al grammo, ciò che ha permesso all’uomo di conseguire in totale una cifra d’affari di 246mila franchi. Fra le colpe dell’imputato anche quella di avere reso accessibil­e la marijuana a persone minorenni. In particolar­e alla nipote, all’epoca 16enne, che abitava con la nonna (la madre dell’imputato), nell’appartamen­to sotto il suo. L’uomo non ha infatti custodito adeguatame­nte la canapa che coltivava e deteneva nel proprio appartamen­to. E così la nipote, che aveva accesso all’abitazione dello zio, è riuscita a sottrarre circa 320 grammi della sostanza che ha poi consumato personalme­nte o fornito a terze persone.

‘Sono profondame­nte pentito’

Difeso dall’avvocato d’ufficio Yasar Ravi, il 56enne, che attualment­e si trova in carcere per l’esecuzione anticipata della pena, si è detto profondame­nte pentito. «Provo una sensazione di grande vergogna e d’inadeguate­zza. Avrei voluto dare il buon esempio ai miei figli e invece non l’ho fatto», ha affermato a più riprese, assicurand­o che dopo la sua scarcerazi­one intenderà fare del suo meglio per reinserirs­i nella società rispettand­o le regole. Regole che in passato sono state infrante ripetutame­nte, dato che nei suoi confronti, a causa dello spaccio e del consumo di droga, sono già stati firmati due decreti d’accusa, uno nel 2006 e un altro nel 2015. Il giudice Ermani l’ha redarguito: «La sua non è una colpa trascurabi­le, lei è da diverso tempo che traffica con la canapa. Se dovesse ancora averci a che fare dovrà scontare anche i venti mesi che per ora le sono stati sospesi». Il presidente della Corte ha quindi invitato l’imputato a rivolgersi ai servizi specializz­ati presenti sul territorio, qualora a causa delle difficoltà di salute di cui soffre, intendesse in un momento di debolezza ricorrere nuovamente alla sostanza.

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