Carte false per ottenere prestiti
In 5 anni è riuscito a farsi consegnare 700mila franchi. Pena di 30 mesi ed espulsione.
Da Como a Lugano (e in altre località in Svizzera) per richiedere – e ottenere con l’imbroglio – finanziamenti e prestiti a banche e società di finanziamento, millantando di averne i requisiti. In che modo? Firmando carte false, così da far credere di essere a capo di una società anonima, con tanto di dipendenti e attività. In realtà, dietro ci stava solo lui, un cittadino del Comasco, a processo ieri davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano alla vigilia del suo 30esimo compleanno – ironia della sorte, figlio di un avvocato penalista – che per indurre gli istituti di credito a farsi consegnare denaro allegava alle richieste documenti accertanti redditi e imposte inveritiere, con giustificativi confezionati ad arte.
Arrestato con parte del malloppo in auto Il disegno della truffa si è ripetuto in ben otto circostanze, nell’arco di cinque anni, tra il gennaio 2015 e l’aprile 2020, ma non tutte le banche o società di finanziamento alle quali l’uomo si è rivolto hanno... mangiato la foglia. Cospicua, in ogni caso, la somma che il trentenne è riuscito a scucire a chi invece ha creduto alle sue ripetute falsità in documenti: complessivamente 700mila franchi. Il giorno dell’arresto, il 25 maggio scorso, gli inquirenti hanno trovato nella sua auto 64mila franchi e 70mila euro. Non solo: un’altra parte di bottino è tornato a galla, dopo la verifica di due suoi conti correnti, dove aveva depositato quasi 100mila franchi. Inoltre, nella sua abitazione sono spuntati ulteriori 200mila franchi tondi tondi. Tutti soldi confiscati a favore delle parti lese.
Il trentenne, che ha ammesso ogni sua responsabilità penale, beneficiando di un processo con rito abbreviato, è stato riconosciuto colpevole di ripetuta truffa, consumata e tentata, qualificata, siccome – recita l’atto d’accusa, stilato dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti – “commessa per mestiere, ritenuta la disponibilità dell’accusato ad agire ripetutamente per assicurarsi una regolare fonte (supplementare) di reddito”.
A fronte della sua ammissione, la pena inflitta dalla Corte è stata mite: 30 mesi di detenzione, di cui soltanto sei da espiare e i rimanenti posti al beneficio della sospensione condizionale. L’imputato, difeso dall’avvocato Andrea Daldini, è stato inoltre condannato all’espulsione dalla Svizzera per cinque anni. «Non voglio più sbagliare nella mia vita» – è stata la dichiarazione del trentenne in aula, il quale si è impegnato a risarcire a banche e società di finanziamento le somme sottratte con inganno –. Il neo trentenne, con cause giudiziarie aperte anche in Italia, si è mosso anche in altre località fuori cantone, tra cui Zurigo, San Gallo e Horgen. Identico, o molto simile, lo stratagemma messo in atto dal truffatore: si è rivolto ad altre società di finanziamento, restituendo ai funzionari ai quali si è rivolto un’immagine assolutamente non corrispondente al vero. Raccontava e documentava, contraffacendo carte, di essere nel diritto di richiedere crediti. Quando il colpo è andato a buon fine, l’autore delle truffe ha usato i soldi per propri usi personali e per condurre una vita agiata.
Intanto ieri in mattinata in tribunale si è celebrato un altro processo. Protagonista: un giovane albanese, “reclutato” da chi in Ticino detiene lo spaccio dell’eroina. L’imputato ha smistato eroina in piena prima ondata di Covid nel Luganese, nella zona della pista della Resega, a partire da febbraio al 3 giugno scorsi, quando ai suoi polsi sono scattate le manette. Ventun anni appena compiuti, l’imputato, che ha lasciato l’Albania interrompendo la sua formazione di apprendista meccanico, è comparso davanti alla Corte delle assise correzionali di Lugano. Ha ammesso ogni sua responsabilità, confermando in ogni suo particolare l’atto d’accusa, stilato dal procuratore pubblico Nicola Respini. Il giovane ha spacciato 165 grammi di eroina sotto forma di sacchettini di circa cinque grammi l’uno, al prezzo variante di 170-180 franchi a vari consumatori non identificati. Comprava da spacciatori albanesi. Il capo? “Samurai”, un nome decisamente di sua invenzione, dal momento che si tratta di un albanese per il quale ha venduto una settantina di grammi di eroina, ma l’imputato non ha voluto rivelare di più. Per il traffico di droga, il 21enne ha ricevuto quale compenso ospitalità nell’appartamento del suo mandante. Al momento dell’arresto, l’imputato era in auto con uno spacciatore e nella vettura la polizia ha scovato una cinquantina di grammi di eroina. L’illecito profitto è stato stimato in 7mila 500 franchi, di cui quasi 5mila franchi sequestrati dagli agenti al momento del suo arresto. Processato con rito abbreviato, il giovane è stato condannato dal giudice Mauro Ermani a 2 anni di detenzione sospesi con la condizionale e all’espulsione dalla Svizzera. Il volo di rimpatrio è già stato prenotato per mercoledì, ha informato il presidente della Corte.
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