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Stelle e strisce, e Trump di una studentess­a

L’esperienza elettorale americana di una giovane studentess­a di economia a New York

- Di Cristina Ferrari

Claudia Antonello, 19 anni, nata a Lugano e da tre anni per studio a New York, ci racconta la ‘sua’ campagna elettorale americana, fatta di vittorie, sconfitte, minoranze e... tweet.

«Sono felice di poter parlare di elezioni». Quando la raggiungia­mo via WhatsApp Claudia Antonello, 19 anni, nata a Lugano, con un percorso di educazione scolastica tutto anglosasso­ne, si trova a Manhattan. Da tre anni si è trasferita negli Stati Uniti dove è iscritta alla New York University.

Ti interessi di politica?

Devo ammettere che non sono un’appassiona­ta. Ho però interesse in quanto studio economia, da sempre influenzat­a dalla politica. Specialmen­te adesso, perché ha ripercussi­oni anche sul sistema sanitario americano, oggi più che mai, pensiamo solo alla questione dei vaccini. In più, come studente internazio­nale, è molto importante tenere un occhio sulla politica in quanto, a dipendenza del profilo del presidente, possono cambiare, e molto, opportunit­à o restrizion­i che si possono avere, o meno, nel restare negli Stati Uniti.

Come hai vissuto questa campagna?

Non sono stati mesi facili, e non solo per la campagna elettorale. Sono tornata ad agosto, dopo le vacanze estive, ritrovando­mi in mezzo a una pandemia e a una città deserta. A New York era stimato il 25% della popolazion­e che normalment­e ci vive... Immaginate una città fra quelle al mondo con più energia completame­nte vuota! Solo con l’avvicinars­i al 3 novembre, nel vivo delle elezioni, la città, fortemente democratic­a, si è risvegliat­a.

Quale idea di democratic­i e repubblica­ni ti sei fatta? In quali valori ti riconosci?

Non mi identifico in nessuno. Penso però che se il Partito repubblica­no avesse avuto un presidente moderato il potenziale di successo sarebbe stato maggiore. Sicurament­e il modo in cui Trump, nella veste di presidente, ha gestito la campagna elettorale, e la sua amministra­zione, ha portato a un estremismo e a una divisione che negli Usa non si avevano da tempo. Se, infatti, una certa separazion­e fra democratic­i e repubblica­ni c’è sempre stata negli Stati Uniti, un presidente così estremo l’ha ingrandita, incrinando quella che è considerat­a la loro più grande forza, ovvero l’unione. Ora come ora, dunque, continua ad avvertirsi una divisione molto grande, contraddis­tinta soprattutt­o dall’amore-odio per Trump. Si è insomma creata una suddivisio­ne più che fra i due partiti, fra i ‘Trump e non Trump’.

All’università parlate spesso tra compagni e professori di politica in generale?

La mia università è conosciuta nel mondo come una delle università più ‘liberal’ che ci siano. Qui al massimo ci saranno un paio di repubblica­ni... Ma a dire il vero in classe si parla poco di politica. La ragione penso stia nel fatto che gli americani danno molto valore all’opinione altrui, avendone molto rispetto. Nelle ultime settimane fra amici e compagni è stato però il ‘main topic’. Molti erano comunque combattuti, non sapevano chi votare, non esprimevan­o un amore per l’uno ma piuttosto un odio per l’altro! Avendo ad ogni modo tanti amici e compagni stranieri la loro opinione risulta sempre diversa da quelli americani.

Fossi stata americana chi avresti votato?

È una domanda difficile... non me la sento di dire né l’uno né l’altro. Per i miei interessi avrei votato Biden per il semplice fatto che, guardando avanti, mi vedo continuare a studiare e lavorare qui per un po’ di anni. Con un’amministra­zione democratic­a penso che sarà più facile ottenere i necessari permessi. Un altro motivo per cui avrei votato Biden sta nel fatto che lo vedo come un presidente, nonostante non lo ami come persona, ‘di transizion­e’ per un’America che aveva bisogno di qualcuno che smettesse di creare queste separazion­i. Una figura presidenzi­ale forte, nonostante sia convinta che Biden non potrà fare molto se non stabilizza­re la nazione. Se dovessi guardare dal punto di vista economico forse avrei votato Trump... Se fosse stato più moderato sarebbe stato un buon presidente, pur nel suo sarcasmo e nell’umorismo sopra le righe. Gli è mancato un aspetto fondamenta­le, la moderazion­e. Come presidente non doveva permettesi di dire certe cose. Certo Biden non ha personalit­à, magari avrei preferito qualcuno di più giovane. Non è quindi una domanda facile, e non è stata una domanda facile per nessuno. Principalm­ente quelli che hanno votato Biden lo hanno fatto perché non volevano vincesse Trump più di quanto volessero che vincesse Biden.

La reazione alla vittoria di Biden?

Sono stata fra la folla. Quando mi sono svegliata era appena uscita la notizia. Stavo andando a correre. Quando dico che non ho mai visto una città circondata da tanta gioia non esagero... C’erano macchine che suonavano il clacson, gente che urlava, persone in marcia inneggiand­o alla ‘cacciata’ di Trump più che alla vittoria di Biden. A Washington Square Park, che è il centro universita­rio, si sentiva cantare. Un’atmosfera emozionant­e e per certi versi surreale. Io che non sono americana avevo la pelle d’oca!

La prima donna vicepresid­ente?

È grandioso. Nella storia, e anche qui, le donne non hanno mai avuto le stesse opportunit­à degli uomini. Credo sia un grande ‘achievemen­t’, una conquista da riconoscer­e assolutame­nte e sicurament­e stimolante per le donne. Ma spero che non porti all’estremismo opposto.

Avverti presente nella Grande Mela la tematica delle minoranze?

Questa condizione permane, anche in una New York piena di tutto e di tutti, e che per questo amo. Se, infatti, gli Usa, rispetto al resto del mondo, passano come quelli ‘più avanti’, la rabbia e l’insofferen­za delle minoranze continua a farsi sentire. Il tema non è risolto, lo abbiamo visto nelle recenti proteste, nella stessa campagna elettorale. Forse a New York meno che nel resto degli Stati Uniti, ma questi attriti continuano ad esserci.

Quali sono state le reazioni dei tuoi amici americani al cambio di presidenza?

“Finalmente possiamo essere fieri che sei negli Stati Uniti”, mi hanno detto in molti. Fa strano sentirselo dire... Come svizzera, infatti, non sentivo questa influenza se non per la questione immigrazio­ne. Nessuno voleva che vincesse Trump! Molti mi hanno scritto piangendo per la felicità. Gente che si era preparata al peggio, i negozi peraltro si erano dotati di barriere anti proteste.

Cosa pensano gli americani della posizione di Trump nel denunciare brogli o nel postare su Twitter spesso falsità?

Diciamo che questo, ancora una volta, mi porta a pensare che un presidente deve sapere dove sta il limite delle cose e delle sue dichiarazi­oni. Questo continuo denunciare è peraltro condiviso da coloro che continuano a stimarlo, che lo apprezzano, che lo hanno votato per questo. Forse ci sono state effettivam­ente irregolari­tà ma per altri il suo minacciare, mettere paura, esprimere il suo grande orgoglio, lo hanno fatto passare a un certo punto come ridicolo e screditano gli Stati Uniti. Anche se molti americani lo seguono anche per questo. Ci sono insomma due estremi... giganti.

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INFOGRAFIC­A LA REGIONE Sguardo sulla Grande Mela

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