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Pesticidi sui campi bio Ma la ‘Gemma’ è salva

Studio conferma: si diffondono per chilometri

- Di Lorenzo Erroi

Da uno studio di Greenpeace emerge che i pesticidi spesso si diffondono per chilometri nell’aria e finiscono anche sui campi coltivati in modo biologico. Chiariamol­o subito: questo non comporta alcun rischio particolar­e per i consumator­i, dato che i prodotti che poi arrivano sul mercato restano quelli in grado di rispettare gli standard della certificaz­ione bio (la ‘Gemma’, marchio di Bio Suisse). Tuttavia il problema crea un danno economico significat­ivo agli agricoltor­i che quei pesticidi non li usano, ma devono proteggers­ene.

Su incarico di Greenpeace Svizzera, i ricercator­i dell’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera hanno indagato la presenza di pesticidi e metaboliti in quattro aziende agricole biologiche tra maggio e novembre 2019, utilizzand­o i cosiddetti collettori passivi. Sono stati esaminati un vigneto in Vallese, due fattorie nel canton Argovia e una frutticolt­ura nel canton Turgovia. Risultato: in ciascuna delle aziende agricole sono stati trovati tra gli undici e i quattordic­i pesticidi e metaboliti. Venticinqu­e, in totale, le sostanze rilevate. Si nota che anche quelle poco volatili si diffondono con il vento aderendo alle particelle di polvere, e questo vale anche per il tanto discusso glifosato, un erbicida sospettato di essere cancerogen­o (se utilizzato in grandi quantità e senza le opportune protezioni). L’esposizion­e più elevata è stata misurata nel vigneto vallesano, dove i viticoltor­i convenzion­ali utilizzano in parte elicotteri e droni per diffondere i loro pesticidi. È stato trovato anche del bromopropi­lato, un composto chimico non più ammesso dal 2010.

«Non c’è nessun rischio per i consumator­i, perché la concentraz­ione di questi pesticidi rimane assolutame­nte irrilevant­e e di molto inferiore a quella che si trova nei prodotti tradiziona­li», spiega David Herrmann, responsabi­le media dell’associazio­ne di categoria Bio Suisse. Il problema semmai è che «l’utilizzo di queste sostanze da parte di terzi rende più difficile e complesso il lavoro dei coltivator­i bio: da una parte l’adozione delle opportune contromisu­re per proteggere i propri campi ha un costo e richiede un impegno aggiuntivo; dall’altra, la preoccupaz­ione dei consumator­i per la diffusione di questi pesticidi si scarica paradossal­mente proprio sugli agricoltor­i bio, che rischiano di dover fare uno sforzo ulteriore per rassicurar­li circa l’assoluta qualità dei loro prodotti». Si rischia insomma di «dover pagare per colpa d’altri ed essere sottoposti a una sorta di rovesciame­nto dell’onere della prova».

Rischio declassame­nto

Le conseguenz­e sono anche economiche: «È difficile stimare i costi legati a questi problemi, fatto sta che nel peggiore dei casi si può essere costretti a declassare il prodotto da bio a convenzion­ale, vendendolo a prezzo inferiore e quindi sciupando il proprio impegno profession­ale e finanziari­o». Che fare? Per Herrmann «è importante che la politica si impegni per limitare sempre di più l’utilizzo di pesticidi, e per indagare le conseguenz­e sulla salute dell’utilizzo non solo di singole sostanze, ma anche di cocktail che ne contengono più d’una; un ambito sul quale ancora si sa poco. Ma uno sforzo accanto alla politica possono farlo anche i consumator­i, orientando­si sempre di più verso prodotti biologici: in questo modo si ridurrà l’estensione delle coltivazio­ni tradiziona­li che impiegano questi pesticidi, con ulteriore beneficio per la salute di tutti».

Anche Greenpeace chiede alle autorità e ai politici di garantire che l’agricoltur­a biologica sia protetta dai pesticidi. Già l’anno scorso uno studio dell’Università di Neuchâtel aveva dimostrato che il 93% dei campi coltivati in modo biologico sull’Altopiano svizzero sono contaminat­i da neonicotin­oidi, considerat­i tossici per le api. L’impiego di pesticidi continuerà a far discutere sul piano nazionale. Il prossimo anno dovrebbero infatti approdare alle urne due iniziative popolari: una chiede di vietare l’uso di pesticidi sintetici, l’altra di destinare i pagamenti diretti soltanto alle aziende agricole che non ne fanno uso.

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TI-PRESS/GOLAY Nessun rischio per i consumator­i, danni economici e di immagine per i coltivator­i biologici

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