Per una Svizzera credibile
L’Iniziativa per Multinazionali responsabili, chiede un’ovvietà. È diventata un mantra questa frase: chi causa danni, deve riparare. Ovvio, no? Ma oltre a chiedere un’ovvietà, per me questa iniziativa è una questione di civiltà. Siamo spesso confrontati a situazioni incresciose causate da una globalizzazione selvaggia volta al massimo profitto, senza riguardo per nessuno. La lista è infinita: una scia di sofferenze causate dalla voracità di imprese che sfruttano i più deboli, nei paesi più fragili! Ho viaggiato molto in regioni disastrate del mondo e spesso mi sono chiesta come possono, certe multinazionali, agire impunemente, tenere in pugno i più poveri e i loro bambini, facendoli lavorare in condizioni di schiavitù, distruggendo e inquinando territori e corsi d’acqua vitali per le popolazioni locali.
Impunemente, perché in molti paesi la giustizia è un optional, e quando c’è, difficilmente è accessibile alle popolazioni più disagiate. La corruzione fa il resto: come un cancro impedisce lo sviluppo, arricchisce politici e faccendieri, lascia in miseria le popolazioni, consente il meccanismo dell’impunità, lontano dalla Svizzera. Quando vedi queste cose non puoi che indignarti e pensare a Camus quando parlava di giustizia e di libertà: “On a déclaré qu’il fallait d’abord la justice et que pour la liberté, on verrait après; comme si des esclaves pouvaient jamais espérer obtenir justice”. In questi casi solo un lavoro e un salario dignitosi possono dare la libertà, e quindi anche l’accesso alla giustizia. Responsabilità e libertà (inscindibili dall’Etica) sono punti fermi in ogni democrazia liberale, princípi con cui ci si sciacqua continuamente la bocca proprio in quei partiti chiamati a preservarli, salvo poi guardare dall’altra parte, quando si viene al dunque.
La Svizzera è depositaria delle Convenzioni di Ginevra, è sede del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, e anche del Cicr, il Comitato internazionale della Croce Rossa, diretto per 12 anni da Cornelio Sommaruga, già segretario di Stato all’economia e oggi sostenitore di questa iniziativa accanto a Dick Marty. Loro ne hanno viste di cose, sanno di cosa parlano, fidatevi.
Il nostro paese è apprezzato per i suoi buoni uffici, quale mediatore neutrale in conflitti e diatribe diplomatiche. Per questa e mille altre ragioni, la Svizzera non può permettersi tentennamenti o deroghe ai diritti umani, pena la perdita di credibilità. Il mantra degli oppositori è: l’iniziativa va troppo in là. Chi si occupa di diritti umani, sa che non si può andare troppo in là. I diritti umani fondamentali vanno rispettati, non ci sono mezze misure. L’autoregolamentazione, proposta da un contro-progetto sfilato in extremis dalla ministra della giustizia Karin Keller-Sutter, è una pia illusione: non ha mai funzionato, basti pensare al dovere di diligenza delle banche. C’è voluta una legge contro il riciclaggio. C’è voluta una legge per condannare in Svizzera quei pedofili svizzeri autori di abusi su minorenni mentre erano in vacanza in Asia. Ci vogliono paletti giuridici chiari che sanciscano una volta per tutte anche la responsabilità delle multinazionali svizzere che sgarrano. Per loro la procedura sarà civile: non ci saranno giudici svizzeri sguinzagliati in Congo o in Perù. Saranno le persone danneggiate a dover chiedere un risarcimento, dopo aver provato il danno subito. Un passo a tutela anche delle imprese svizzere corrette che subiscono, oltre a un danno d’immagine, la concorrenza sleale di queste “imprese canaglie”. Se passa l’iniziativa, Glencore rimarrà a Zugo (lo ha già detto) e dovrà adeguarsi alle leggi elvetiche sulla protezione dei diritti umani e sul rispetto delle norme ambientali. Non è forse un bene? La Svizzera non è sola, altri paesi ci hanno preceduto: Francia, Olanda, Gran Bretagna, Canada. Il senso di giustizia dei cittadini sta prevalendo: mai c’è stata una mobilitazione così corale della società civile, di imprenditori e personalità politiche del fronte borghese. Questa iniziativa è giusta, Dick Marty ne è un garante formidabile: ci ha messo quella sua “certa idea di giustizia”, oltre al cuore e all’esperienza. Abbastanza per convincerci a votare un deciso Sì all’iniziativa per Multinazionali responsabili il 29 novembre.