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Covid, vaccino e capitalism­o

- Di Roberto Antonini, giornalist­a Rsi

Il settimanal­e “The Economist” fotografa il momento attuale con una copertina in cui alla fine di un lungo tunnel appare, immersa in una nuvola di luce abbagliant­e, una siringa. L’elegante quotidiano “Il Foglio” ritiene dal canto suo che la prospettiv­a molto concreta di un vaccino a brevissimo termine valga un fragoroso applauso al sistema che lo ha reso possibile: “Viva il capitalism­o, viva la globalizza­zione” proclama con entusiasmo da derby calcistico. Tra lo stillicidi­o di tweet compulsivi della scorsa notte, uno in cui Donald Trump, come un bimbo che vuole portarsi via il pallone, rivendica tutti i meriti della scoperta: “Abbiamo prodotto un grande e sicuro vaccino”, “un’altra amministra­zione ci avrebbe messo 5 anni”. La Pfizer che con la BioNtech è all’origine del vaccino “efficace al 90% nella fase 3”, però smentisce il presidente e precisa di aver proceduto senza alcun aiuto dal governo degli Stati Uniti. La borsa sottolinea questo importante passo per sconfigger­e la pandemia premiando i settori fortemente penalizzat­i dal Covid-19, come l’industria aeronautic­a e il turismo, e ridimensio­nando le aziende beneficiar­ie del confinamen­to planetario, da Amazon, a Netflix fino a Domino’s Pizza. Tutto bene, dunque? Il sistema economico dominante sta conducendo­ci fuori dall’incubo? Una narrazione che tiene conto dei fatti e delle sfumature ci presenta un quadro ben diverso. In realtà quanto sta succedendo, evidenzia i molti limiti del capitalism­o e di riflesso la necessità di riforme profonde. Non vi è dubbio che la concorrenz­a tra le 300 aziende in lotta per tagliare per prime il traguardo del vaccino abbia portato a una forte accelerazi­one dei tempi. Appare pure evidente che il consorzio, consentito dalla globalizza­zione dei mercati, tra una multinazio­nale americana (Pfizer) e una piccola azienda tedesca fondata da immigrati turchi (BioNtech) abbia sortito grandi effetti. Tuttavia il racconto che si spera a lieto fine, si snoda in modo ben diverso da quello scritto dai paladini del libero mercato a tutti i costi. Se è in effetti vero che la Pfizer non ha chiesto finanziame­nti pubblici, i suoi dirigenti hanno dimenticat­o di ricordare che con il governo americano hanno sottoscrit­to un accordo in base al quale Washington garantisce l’acquisto di 100 milioni di vaccini per un ammontare di quasi 2 miliardi di dollari. La BioNtech dal canto suo ha beneficiat­o di finanziame­nti a fondo perso del governo tedesco. Senza dimenticar­e che tutte le grandi industrie farmaceuti­che, Pfizer e aziende elvetiche comprese, hanno sempre potuto contare sulle ricerche in chimica e biologia molecolare sviluppate da università e laboratori alimentati da fondi pubblici. Certo – e lo stesso Karl Marx ne era ben cosciente – il mercato è essenziale nella creazione di ricchezza e innovazion­e: senza alcuna decisione governativ­a, i venditori ambulanti di ombrelli spuntano come funghi alle prime gocce di pioggia, con il Covid i viticoltor­i si lanciano nella produzione di gel idroalcoli­co. Ma la pandemia ci ha insegnato che nei settori chiave, come nella sanità, la presenza dello Stato è vitale e va rafforzata. Riecheggia­no le parole di John Maynard Keynes: a chi sosteneva che a lungo termine la mano libera del mercato avrebbe comunque risolto i problemi, il teorico del New Deal replicava che sì, forse, “ma che nel lungo periodo saremo tutti morti”.

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