Covid, vaccino e capitalismo
Il settimanale “The Economist” fotografa il momento attuale con una copertina in cui alla fine di un lungo tunnel appare, immersa in una nuvola di luce abbagliante, una siringa. L’elegante quotidiano “Il Foglio” ritiene dal canto suo che la prospettiva molto concreta di un vaccino a brevissimo termine valga un fragoroso applauso al sistema che lo ha reso possibile: “Viva il capitalismo, viva la globalizzazione” proclama con entusiasmo da derby calcistico. Tra lo stillicidio di tweet compulsivi della scorsa notte, uno in cui Donald Trump, come un bimbo che vuole portarsi via il pallone, rivendica tutti i meriti della scoperta: “Abbiamo prodotto un grande e sicuro vaccino”, “un’altra amministrazione ci avrebbe messo 5 anni”. La Pfizer che con la BioNtech è all’origine del vaccino “efficace al 90% nella fase 3”, però smentisce il presidente e precisa di aver proceduto senza alcun aiuto dal governo degli Stati Uniti. La borsa sottolinea questo importante passo per sconfiggere la pandemia premiando i settori fortemente penalizzati dal Covid-19, come l’industria aeronautica e il turismo, e ridimensionando le aziende beneficiarie del confinamento planetario, da Amazon, a Netflix fino a Domino’s Pizza. Tutto bene, dunque? Il sistema economico dominante sta conducendoci fuori dall’incubo? Una narrazione che tiene conto dei fatti e delle sfumature ci presenta un quadro ben diverso. In realtà quanto sta succedendo, evidenzia i molti limiti del capitalismo e di riflesso la necessità di riforme profonde. Non vi è dubbio che la concorrenza tra le 300 aziende in lotta per tagliare per prime il traguardo del vaccino abbia portato a una forte accelerazione dei tempi. Appare pure evidente che il consorzio, consentito dalla globalizzazione dei mercati, tra una multinazionale americana (Pfizer) e una piccola azienda tedesca fondata da immigrati turchi (BioNtech) abbia sortito grandi effetti. Tuttavia il racconto che si spera a lieto fine, si snoda in modo ben diverso da quello scritto dai paladini del libero mercato a tutti i costi. Se è in effetti vero che la Pfizer non ha chiesto finanziamenti pubblici, i suoi dirigenti hanno dimenticato di ricordare che con il governo americano hanno sottoscritto un accordo in base al quale Washington garantisce l’acquisto di 100 milioni di vaccini per un ammontare di quasi 2 miliardi di dollari. La BioNtech dal canto suo ha beneficiato di finanziamenti a fondo perso del governo tedesco. Senza dimenticare che tutte le grandi industrie farmaceutiche, Pfizer e aziende elvetiche comprese, hanno sempre potuto contare sulle ricerche in chimica e biologia molecolare sviluppate da università e laboratori alimentati da fondi pubblici. Certo – e lo stesso Karl Marx ne era ben cosciente – il mercato è essenziale nella creazione di ricchezza e innovazione: senza alcuna decisione governativa, i venditori ambulanti di ombrelli spuntano come funghi alle prime gocce di pioggia, con il Covid i viticoltori si lanciano nella produzione di gel idroalcolico. Ma la pandemia ci ha insegnato che nei settori chiave, come nella sanità, la presenza dello Stato è vitale e va rafforzata. Riecheggiano le parole di John Maynard Keynes: a chi sosteneva che a lungo termine la mano libera del mercato avrebbe comunque risolto i problemi, il teorico del New Deal replicava che sì, forse, “ma che nel lungo periodo saremo tutti morti”.