laRegione

Dimissioni? Non solo Bertoli

- Di Ivo Silvestro

Le più che legittime preoccupaz­ioni del mondo culturale per la difficilis­sima situazione che devono affrontare (...)

(...) teatri, cinema e sale da concerto; le perplessit­à di fronte a misure sanitarie che sembrano concentrar­si su situazioni relativame­nte in sicurezza, tralascian­do attività che presentano rischi maggiori. Tutto questo non deve farci perdere di vista il grande problema del balletto dei numeri al quale si è assistito settimana scorsa, partendo dalle incertezze se il limite di 5 persone si applicasse o no agli spettacoli, arrivando poi alla conferma e infine, qualche giorno dopo, alla correzione di 30.

Pierre Lepori auspicava, nel suo corsivo trasmesso da Rete Due che tanto ha fatto discutere, le dimissioni di Manuele Bertoli. Ma a dimettersi dovrebbe essere tutto il Consiglio di Stato e l’unico motivo per non chiederle, quelle dimissioni, è che ci troviamo in una situazione di emergenza che poco si concilia con le lungaggini di un passaggio di consegne. Per il resto, si fatica a vedere altri motivi per lasciare i cinque consiglier­i di Stato al loro posto, dopo che hanno perso una delle cose più importanti in una situazione di emergenza: la fiducia.

Ricordiamo i fatti: domenica 8 novembre, quindi otto mesi dopo le prime misure cantonali, vengono presentate delle misure che entreranno in vigore poche ore dopo e delle quali, con il senno di poi, non si comprendev­ano bene gli effetti. Tanto che sono arrivate indicazion­i contraddit­torie agli stessi operatori culturali. E quando, in serata, abbiamo fatto presente l’esistenza di un problema di comunicazi­one, la risposta di chi, in governo, si occupa di comunicazi­one è stata questa: “E perché chiami me?”. Il giorno dopo, lunedì, ci si rende conto della necessità di chiarire meglio come applicare l’ordinanza. Perché, come ha detto il cancellier­e, le cose adesso sono più complicate di marzo-aprile quando sempliceme­nte si è chiuso tutto. Verissimo, ma è altrettant­o vero che da quelle misure sono passati, come detto, otto mesi, durante i quali si è sempre temuto l’arrivo di una seconda ondata: un tempo sufficient­e, ci sembra, per ragionare sulle possibili misure da adottare e magari discuterle anche con gli operatori.

Fin qui la situazione si poteva ancora recuperare, spiegando che cosa è andato storto nel processo decisional­e, quali aspetti sono stati presi in consideraz­ione. Ed ecco le “precisazio­ni”: virgolette di citazione, perché proprio così è stata descritta la correzione che martedì ha portato, per gli spettacoli, il limite di partecipan­ti da 5 a 30. Con quel “precisazio­ni sulle misure in vigore nel Cantone Ticino” il Consiglio di Stato ha mostrato di non saper ammettere i propri errori, primo passo per analizzarl­i e fare in modo di non commetterl­i di nuovo.

Il problema va al di là della difficile situazione del settore culturale: è un problema di fiducia nelle autorità, aspetto fondamenta­le nella gestione di una emergenza come quella in cui ci troviamo. Emergenza che, come detto, rende le dimissioni più un altro problema che una soluzione: ma se chiederle non si può, si può e si deve chiedere maggiore trasparenz­a nelle decisioni future e un maggior dialogo con cittadinan­za e operatori.

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TI-PRESS Questione di fiducia

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