Argante Righetti, politico di razza
Esponente radicale del Plr, si è spento a 91 anni. Il ritratto di chi lo ha conosciuto.
Si è spento, a 91 anni, Argante Righetti, figura di spicco della politica ticinese a cavallo tra il 1960 e gli anni Novanta. Per oltre 15 anni ha ricoperto la carica di consigliere di Stato nelle file del Plr (apparteneva all’ala radicale del partito); in governo era entrato alla morte di Franco Zorzi, nel 1964. Uomo di grande cultura, era ospite della casa anziani Greina di Bellinzona. Originario di Lumino, era nato il 21 dicembre del 1928. Dopo il Liceo a Lugano si era iscritto all’Università di Friborgo laureandosi in diritto. Appassionato di politica fin dalla giovane età, negli anni Cinquanta militò nell’Azione giovanile liberale. Con il suo amico Sergio Salvioni portò a termine la creazione dell’Azienda elettrica ticinese (Aet). Ricoprì la carica di procuratore pubblico (dell’allora giurisdizione del Sopraceneri). In governo diede grande impulso, tra le altre opere, allo sviluppo della rete autostradale e alla pianificazione urbanistica (sforzi che gli furono riconosciuti con l’assegnazione, nel 2009, del Premio Aspan). Come pure al mondo della scuola, con la famosa battaglia vinta, nel 2001, a difesa della scuola pubblica dagli attacchi della scuola privata. Concluse la sua lunga carriera politica nel 1999, con l’esperienza in Gran Consiglio (fu anche eletto presidente del Gran Consiglio tra il 1997 e il 1998).
Presidente del distretto Plr del Bellinzonese, guidò pure la Commissione preparatoria dell’attuale Costituzione cantonale e il Cda dell’Ente ospedaliero cantonale. Fallì, invece, a causa del mancato appoggio della corrente luganese del suo partito, il suo sogno di diventare consigliere nazionale a Berna.
‘Emilio Bossi e Romeo Manzoni,
i suoi modelli’
Dotato di una fortissima personalità e di una notevole vivacità intellettuale, appassionato di sport, collaborò anche con il nostro giornale con contributi sempre improntati alla difesa dell’apertura sociale e della laicità. Franco Celio, suo amico, ricorda il grande interesse per la storia che Righetti ha sempre coltivato: «Si considerava un po’ l’erede e il continuatore dell’opera di grandi politici del Plr dei primi del Novecento, come Emilio Bossi e Romeo Manzoni, battutisi fino all’ultimo per risolvere i problemi sociali e a difesa della laicità dello Stato. Con rigore e impegno studiava e preparava ogni suo intervento o discorso pubblico. Era un uomo intelligente, profondo, mai superficiale. Un grande interprete di quella cultura liberale che è alla base della nostra democrazia».
«Non ho avuto il privilegio di conoscerlo da vicino negli anni della sua attività politica», afferma Bixio Caprara, presidente uscente del Plr. «Ma Argante Righetti rimane una figura di spicco della politica e delle istituzioni ticinesi apprezzato anche al di fuori del nostro partito».
Maestro politico di una generazione Non fatica a definirlo maestro del radicalismo liberale Gabriele Gendotti, già consigliere di Stato anch’esso aderente all’ala radicale del Plr. «Assieme ad Alfredo Giovannini, Righetti è stato un maestro politico per coloro che appartengono alla mia generazione. Per un breve periodo abbiamo condiviso l’esperienza del Gran Consiglio e di lui conservo un ricordo di persona rigorosa e coerente con i suoi ideali che erano la giustizia sociale, la libertà e la laicità dello Stato. Principi che applicava nella vita e non erano solo declamati», continua Gendotti. «Aveva una memoria incredibile, tanto che teneva i suoi discorsi sempre a braccio. A noi, giovani di allora, ci ha sempre detto che il liberalismo non può essere conservatorismo, da qui lo scontro con l’ala liberale del partito. Per lui il riformismo era una ragione di vita. Il suo radicalismo era apertura al progresso sociale e tecnologico. Ha sempre difeso il servizio pubblico e non ha mai avuto come priorità l’arricchimento personale. Non era nelle sue corde».
Un ritratto che si ritrova anche nelle parole di Venanzio Menghetti, segretario del Plrt tra il 1989 e il 1997 e granconsigliere tra il 1995 e il 2011. «II primato dello Stato per Righetti non era difesa a priori dell’apparato burocratico, ma della prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato, a difesa e sostegno di tutti i cittadini. Uno Stato forte, non autoritario né invadente, era per lui garanzia di equità e libertà», sottolinea Menghetti.