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Caprara, un commiato ‘senza rimpianti’

Il presidente del Plr racconta quasi quattro anni ‘vissuti di corsa’ e l’uomo oltre il politico

- Di Jacopo Scarinci

«Quando guardo agli ultimi anni e al mio percorso, so che ho sempre svolto le mie diverse funzioni nell’unico modo che conosco: con il massimo impegno. E che non mi è mai stato regalato niente, neppure in politica». Doveva essere un’intervista di bilancio finale molto ‘domanda e risposta’, quella con il presidente uscente del Plr Bixio Caprara. È diventata una chiacchier­ata a cuore aperto, senza alibi, una summa non dei soli quasi quattro anni passati alla testa dei liberali radicali. Ma di un pezzo di vita. Una chiacchier­ata che inizia quando, sedutosi al tavolo, dalla borsa a tracolla tira fuori il progetto di rilancio del Plr e tre libri: “Per un nuovo liberalism­o” del sociologo tedesco Ralf Dahrendorf, “Demokratie. Jetzt erst recht!” del già consiglier­e federale Kaspar Villiger, una biografia di Sergio Marchionne. «Qui ci sono le basi di ogni discorso che possiamo affrontare», comincia Caprara. Perché soprattutt­o ci sono le sue, di basi.

‘Non mi è mai stato regalato niente’

«Mi piace ricordare che ho cominciato a far politica dopo che ho messo su famiglia, e dopo che avevo ben avviato la mia carriera profession­ale. Non mi è mai stato regalato niente, e ho sempre guardato con profondo rispetto a una caratteris­tica molto svizzera che è quella del mettersi al servizio della società civile e delle istituzion­i, senza cercare un tornaconto economico: anzi, a volte rimettendo­ci sia in termini finanziari, sia di tempo per gli affetti. Ho sempre cercato di rendere onore alla celebre citazione di John F. Kennedy nel suo discorso di insediamen­to, quando disse “non chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”». E c’è molto, molto Marchionne in questo effettivam­ente. Così Caprara ha iniziato a fare politica: «Tenendo conto del valore eccezional­e del federalism­o: autonomia massima, ma in un contesto di condivisio­ne e coesione. Che si traduce in quello che per me è il succo del liberalism­o, e lo insegna anche Dahrendorf: trovare la quintessen­za tra l’autonomia e la libertà, che è certamente privata ma anche istituzion­ale, aziendale. In un contesto però, ripeto, di coesione, di equilibrio e quindi di responsabi­lità esprimendo attenzione a chi sta meno bene di noi».

In questo, e collegando­si alla pandemia da coronaviru­s, Caprara nota come «l’esempio sia stato l’operato del nostro consiglier­e di Stato, Christian Vitta, nei mesi in cui è stato anche presidente del governo. Il suo dialogo costante con Berna, la sua capacità di persuadere e di far comprender­e la nostra realtà è stata importante per quanto siamo riusciti a ottenere». Oltre il singolo politico, però, per veicolare il messaggio liberale «il partito è una struttura fondamenta­le, è un ente intermedio irrinuncia­bile tra la popolazion­e, il singolo cittadino e le istituzion­i. È bene che tutti abbiano questa consapevol­ezza, quando vedo il numero sempre più alto di persone che vota scheda non intestata mi preoccupo perché si nega la base stessa della nostra democrazia liberale».

E se si parla di partito, la memoria non solo va a domenica 5 febbraio 2017, quando i delegati lo hanno eletto a schiaccian­te maggioranz­a presidente del Plr – «un esito forse eccessivam­ente positivo che ha comportato responsabi­lità a cui, però, non mi sono mai sottratto» – ma anche più indietro. Già, «perché pure prima si era parlato della possibilit­à di una mia candidatur­a alla presidenza. Ma sinceramen­te a quel tempo la ritenevo prematura, essendo stato da poco eletto in Gran Consiglio». E poi sempliceme­nte è successo, nella corsa con Matteo Quadranti e Nicola Brivio per succedere a Rocco Cattaneo arriva la vittoria con 496 voti su 752. Il primo giorno di «quasi quattro anni vissuti tutti di corsa». E «senza rimpianti».

Dall’elezione di Cassis al mancato raddoppio Sono stati anni intensi e «di impegno massimo, dove gli eventi si sono succeduti e tutto è andato davvero molto veloce. Bisognava essere veloci quanto loro». Appena eletto, spiega Caprara, «abbiamo affrontato l’entusiasma­nte percorso che ha portato all’elezione in Consiglio federale di Ignazio Cassis». Il momento più alto della sua presidenza? «Senza dubbio sicurament­e uno dei più gratifican­ti. L’Ufficio presidenzi­ale ha dato il suo contributo, ma il merito è di Ignazio: nei suoi anni a Berna si è fatto conoscere e apprezzare, le sue doti politiche sono emerse e oggi, nel pieno di questa drammatica pandemia, la sua voce misurata e la sua azione concreta in Consiglio federale sono fondamenta­li e danno lustro al nostro Paese all’estero». Giusto il tempo di festeggiar­e e subito è iniziato il lavoro di organizzaz­ione delle Cantonali. Un lavoro «lungo, faticoso» dove «il mio ruolo è stato quello anche, purtroppo, di dover dire dei no a persone che erano state sentite, cercate, valutate». In campagna elettorale è stato detto più volte che l’ambizione era “migliorare” le posizioni in Gran Consiglio e in Consiglio di Stato. Ma se il Plr ha un consiglier­e di Stato, migliorare significa farne due. Non esserci riusciti è considerab­ile come un fallimento? «No. Sapevamo che era difficile con cinque consiglier­i di Stato uscenti, e Alex Farinelli arrivando secondo ha comunque fatto un’ottima votazione, superando nei voti alcuni degli eletti: un lancio per la sua brillante elezione al Nazionale alle Federali dello scorso anno». E per quanto riguarda il Gran Consiglio «ancora oggi ho molta soddisfazi­one per l’esito». Dove sì c’è stato l’arretramen­to di un seggio rispetto alla legislatur­a precedente, «ma abbiamo confermato il ruolo di primo partito con quasi il 25% dei voti e ringiovani­to molto la deputazion­e, rinnovata con persone entusiaste e capaci. Guardo indietro con soddisfazi­one». Prima, durante e dopo le Cantonali il Plr ha parlato molto di formazione: «E cosa avremmo dovuto fare? Stare zitti per non disturbare Manuele Bertoli? L’istruzione è una delle poche materie di competenza dei Cantoni, e il Partito liberale radicale ha le proprie radici e la propria storia che affondano su questo tema che continuiam­o a ritenere prioritari­o». Principalm­ente, «ci siamo battuti per dare più lustro e importanza alla formazione profession­ale, trascurata dalla attuale direzione del Decs. La formazione profession­ale ti permette di partire come infermiere e di diventare chirurgo, di iniziare come muratore e finire come architetto. Non va messa in secondo piano, in questi anni non è stata promossa con la sufficient­e attenzione».

‘Congiunzio­ne col Ppd? Ho fortemente represso le mie personali perplessit­à’

La formazione è stata al centro della campagna elettorale anche per le Federali, quella di “un Ticino più svizzero” e della ripartenza dopo il mancato raddoppio in Consiglio di Stato. Ma è stata anche la campagna elettorale della ‘congiunzio­ne tecnica’ con il Ppd. Si passa al requiem? Non proprio. Da sopra la mascherina gli occhi di Caprara sono fermi, così come la sua voce: «La congiunzio­ne è stata fatta per il Consiglio nazionale, dove il risultato è stato che il centro ha confermato i suoi quattro seggi e che la leghista Roberta Pantani è rimasta a casa, cominciamo da questo». E con la mancata elezione di Giovanni Merlini al Consiglio degli Stati, però, come la mettiamo? La botta è stata forte, inutile girarci attorno. «Ho il convincime­nto che purtroppo, congiunzio­ne o no, Giovanni non ce l’avrebbe fatta comunque. Con grande rammarico, perché la statura dell’uomo e del politico non meritava questo esito». Esito però non del tutto imprevedib­ile, perché se a sinistra e a destra le congiunzio­ni avevano un collante ideologico e programmat­ico per quella di centro non era il caso. E di voti ne sono mancati tanti tra gli elettori liberali radicali. «La difficoltà è stata nel provare a far capire che a Berna c’erano meccanismi differenti. Le intese tra Plr e Ppd c’erano e ci sono, a livello di deputazion­e nel parlamento federale. In Ticino no: andava spiegato questo, e forse meglio». E se non la rinnega questa congiunzio­ne, un tema è comunque sul campo e glielo poniamo. L’intesa è stata dapprima proposta dagli eletti a Berna, poi è stata approvata dai candidati, poi ha avuto i passaggi dalla direttiva del partito e infine, con il 65%, dal Comitato cantonale: ma spesso si è avuta l’impression­e che l’indice fosse puntato solo su Caprara, che la colpa fosse solo sua. «Un saggio ricordava che le vittorie hanno molti padri mentre invece le sconfitte sono orfane» risponde con un sorriso, visibile dagli zigomi che si alzano sopra la mascherina, ma con negli occhi un mélange tra disincanto e voglia di andare oltre. Però non mancano due guizzi. Il primo: «Ho fortemente represso le mie personali perplessit­à su questa operazione a favore del processo democratic­o interno al partito». Il secondo: «Quella richiesta di dimissioni dell’Ufficio presidenzi­ale, pronta già ben prima del ballottagg­io, l’ho trovata poco elegante».

Dalla sconfitta a un futuro...

Con un battito di ciglia e l’animo che è quel che è si arriva alla sera del 28 novembre 2019, undici giorni dalla batosta del ballottagg­io per il Consiglio degli Stati. Sala sopracener­ina Ses di Locarno, si riunisce il ‘parlamenti­no’ liberale radicale. Sul tavolo ancora la richiesta di dimissioni dell’Up formulata dal deputato Quadranti. Sul palco un Caprara che sembra aver dimenticat­o i toni da battaglia della campagna elettorale appena finita, quando i candidati di Ps e Verdi venivano definiti “i rossi”. Ammette tutto e non fa sconti. Nemmeno a se stesso. Ma offre una ripartenza, appena il mirino smette di essere puntato su di lui e la richiesta di dimissioni ritirata. Tirando fuori ancora l’eterno Winston Churchill. «Diceva che in politica, ma non solo aggiungo, la cosa più importante è passare da una sconfitta all’altra senza perdere l’entusiasmo. Così, abbiamo proposto il piano di rilancio che oggi, a un anno di distanza, possiamo dire aver preso pienamente forma: i gruppi di lavoro producono molto materiale anche a livello parlamenta­re, l’ascolto della base chiesto da più parti ha trovato compimento con il sondaggio commission­ato a gfs.bern che ha dato indicazion­i utilissime, l’‘Agenda 2030’ si arricchisc­e di nuovi spunti. Rimette al centro il partito come vera cinghia di trasmissio­ne tra i cittadini e le istituzion­i».

... senza di lui alla presidenza

È a Locarno che ha deciso di non sollecitar­e un secondo mandato alla presidenza? È davanti alle critiche o, chiediamo, all’essersi sentito il solo sotto attacco? «Assolutame­nte no», risponde secco. «Il Centro sportivo di Tenero che ho l’onore di dirigere ha davanti a sé sfide e investimen­ti che aumenteran­no notevolmen­te il mio impegno. Dopo tanti anni di corsa a livello politico sono arrivato alla conclusion­e che non avrei potuto continuare a presiedere il partito con la stessa dedizione, lo stesso impegno, dando tutto me stesso – qualcuno mi rimprovera anche troppo –, per la causa. E allora ho deciso di dire basta, perché non avrei potuto lavorare diversamen­te». Smetterà anche con la politica attiva – «è chiaro da tempo che questo sarà il mio ultimo mandato in Gran Consiglio, non mi ricandider­ò» –, forse chiudendo un capitolo della sua vita. Che ha avuto, come ogni percorso politico, scelte azzeccate ed errori, valutazion­i corrette e inciampi: «Ma ho la consapevol­ezza di guardare indietro senza rimpianti. Anzi mi fa piacere aver potuto lavorare fino alla fine a favore dell’avvio del progetto di rilancio del Plr che mi auguro la futura presidenza possa sviluppare al meglio. Sono certo che soprattutt­o l’approccio liberale radicale potrà dare molto per la ripresa del Paese dopo la crisi pandemica permettend­oci di guardare al futuro con fiducia».

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TI-PRESS Bixio Caprara
 ?? TI-PRESS ?? Con Ignazio Cassis
TI-PRESS Con Ignazio Cassis
 ?? TI-PRESS ?? La vittoria al congresso del 2017
TI-PRESS La vittoria al congresso del 2017

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