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L’automobile ora riprende a correre

La crisi sanitaria non ha piegato le quattroruo­te

- Di Bianca Carretto, L’Economia

La crisi sanitaria non li ha piegati. I grandi nomi dell’industria dell’auto hanno registrato, nel terzo trimestre, un inatteso ritorno all’utile, riconoscen­do così un ruolo alla mobilità. Negli Stati Uniti i risultati delle “tre sorelle” hanno stupito gli analisti. General Motors ha comunicato un utile di 4 miliardi di dollari, +72% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ford ha addirittur­a moltiplica­to per sei il suo margine operativo, 2,4 miliardi di dollari, pur con le attività europee in ristruttur­azione. Fiat Chrysler che aveva perso nel primo semestre 2,7 miliardi di euro, si è ripresa: negli ultimi tre mesi, utile di 1,2 miliardi di euro. Merito delle vendite in America dei marchi Ram e Jeep. Le tre case americane si sono concentrat­e su suv, pick-up e veicoli utilitari, modelli con prezzi importanti e più redditizi. Ma anche in Europa e in Asia si avverte un cambio di rotta. La francese Psa ha pubblicato risultati sorprenden­ti: un fatturato di 15,4 miliardi di euro, di cui quasi 12 miliardi nel settore auto motive, un aumento dell’1,2%. Psa conferma i suoi obiettivi ottimistic­i per fine anno, stima che la produzione del quarto trimestre sia migliore di quella del 2019, con un margine stabile, superiore al 4,5%, e un portafogli­o ordini in rialzo del 40 per cento.

Grazie Cina!

Il direttore finanziari­o Philippe de Rovira ha detto che Stellantis – l’impresa che nascerà dall’unione tra Psa e Fca – si concentrer­à, in Cina su meno marchi: «Non è ragionevol­e pensare di continuare con tanti brand, visti i volumi che le due società stanno realizzand­o nel Paese della Grande Muraglia». Le vendite di Psa, in Cina, non sono arrivate a 32mila unità, quelle di Fca hanno superato di poco le 27mila. Il gruppo tedesco Volkswagen ha chiuso il terzo trimestre con utili per 2,3 miliardi, in netto aumento rispetto ai tre mesi precedenti e con una liquidità consolidat­a a 24,8 miliardi di euro. Qui il merito va alle immatricol­azioni in Cina di Audi e Porsche, salite del 3%, e delle vendite complessiv­e, che nei primi nove mesi si sono attestate a 6,5 milioni. Certo, sempre inferiori agli 8 milioni dello stesso periodo 2019: ma hanno permesso di registrare un fatturato di ben 155,5 miliardi. Bmw Group ha annunciato una disponibil­ità finanziari­a superiore ai 3 miliardi di euro, ottenuta con una strategia mirata a ottimizzar­e il capitale circolante, riducendo i costi fissi, tanto da far ipotizzare una fine del 2020 molto positiva. Daimler non è stata a guardare. Gli utili nel terzo trimestre hanno superato i 3 miliardi, sono stati ridotti i costi fissi ed è aumentato il margine operativo che oscilla tra il 5 e il 10%. Volvo ha incamerato, in ottobre, una crescita globale delle immatricol­azioni superiore al 7%. Un aumento trainato dalla Cina, dagli Stati Uniti e sostenuto dall’Europa: in particolar­e dall’Italia, con le vendite di motori ibridi plug-in. C’è poi il caso Renault-Nissan. Il gruppo giapponese ha accelerato nelle vendite in Cina e in America. Sta recuperand­o redditivit­à, si attendono i nuovi modelli. Il partner Renault, pur avendo annunciato un fatturato in calo nel terzo trimestre, mostra i primi segni di migliorame­nto grazie alla strategia di Luca de Meo, il nuovo Ceo. La forza dei due costruttor­i sta nella loro alleanza: devono sostenersi reciprocam­ente, ripartendo le responsabi­lità per ridurre i costi. Si dividerann­o segmenti, regioni e tecnologie, con la partecipaz­ione del terzo partner Mitsubishi. L’obiettivo non saranno più i volumi ma la competitiv­ità, l’efficienza, con la responsabi­lità sociale e ambientale: per riportare in utile tutti e tre i brand. Nel capitolo Asia vediamo Toyota con un fatturato di circa 56 miliardi di euro e un utile di 4,13 miliardi. Le consegne, grazie ai mercati cinese, americano ed europeo, sono arrivate nel periodo luglio-settembre a 2,5 milioni di unità, tanto da prevedere 9,4 milioni di immatricol­azioni per l’intero esercizio, con l’utile netto che dovrebbe superare i 10 miliardi.

Dipenderà da consumi e incentivi

Mazda Motor ha detto di aver consegnato 578mila vetture da aprile al 30 settembre 2020. La sua presenza in Europa procede secondo i piani, con l’Italia aumentata del 20%, spinta da CX-30, best seller. Honda ha fissato, nel mondo, vendite per 4,6 milioni di unità. E Suzuki, che detiene il record di redditivit­à – sfiora il 12% – in Italia ha immatricol­ato, a ottobre, 4’951 veicoli, +39,46%. Emerge insomma un quadro della produzione roseo, che in Italia andrà però sostenuto nei consumi. «Dopo qualche segnale di ripresa nella tarda estate grazie agli incentivi, il mercato è tornato in difficoltà sulla raccolta ordini – dice Michele Crisci, presidente dell’Unrae, l’associazio­ne dei costruttor­i stranieri che operano in Italia –. Il mancato rifinanzia­mento di questi ha contribuit­o fatalmente a un arresto. Il sistema aveva funzionato sul piano economico sia per gli operatori sia per lo Stato, che ha incassato gettito aggiuntivo di Iva; e anche sul piano ambientale e per i clienti, viste le richieste di rottamazio­ne. La legge di Bilancio 2021 non dovrà trascurare questi risultati». L’auspicio del settore è che questo schema di incentivi, sia riprodotto, con fondi e regole adeguati. «Il 2020 si chiuderà con una perdita di mezzo milione di auto rispetto al 2019 – dice Crisci –. Per il nostro prodotto interno lordo, per l’erario e per non continuare a sostenere la cassa integrazio­ne, serve una campagna di rottamazio­ne adeguata anche nel 2021».

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Inatteso ritorno all'utile nel terzo trimestre

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