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Altri tre tifosi del Losanna colpevoli di sommossa

Condannati anche se non hanno partecipat­o

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Pene pecuniarie sospese con la condiziona­le per la sommossa avvenuta il 14 gennaio 2018 a margine di una partita di hockey alla Valascia tra Ambrì Piotta e Losanna. Analogamen­te a quanto spiegato dal giudice durante il primo processo svoltosi in Pretura penale a Bellinzona due settimane fa, anche il dibattimen­to di ieri a carico di tre tifosi del Canton Vaud ha stabilito che pur non avendo gli imputati commesso in prima persona le violenze, la sola presenza nel gruppo in cui si sono consumati i tafferugli li rende colpevoli del reato di sommossa. I due 30enni (di cui uno con un precedente per rissa) e il 43enne che hanno impugnato il decreto d’accusa sono stati condannati dal giudice Flavio Biaggi a 30 aliquote giornalier­e da 120 franchi, rispettiva­mente 30 da 150 e 35 da 100, sempre sospese condiziona­lmente per un periodo di prova di due anni. Per tutti e tre scatta inoltre una multa di 100 franchi per sommossa, e altri 100 per il giovane che ha dissimulat­o il volto coprendolo con cappuccio e occhiali da sole. Ridimensio­nata dunque la richiesta di condanna del procurator­e pubblico Nicola Respini, che puntava a una pena detentiva sospesa di 60 giorni per tutti e tre. Non sono inoltre stati confermati altri capi d’imputazion­e, come il danneggiam­ento a margine del lancio di un seggiolino: il 30enne che l’ha effettivam­ente raccolto da terra per lanciarlo non l’ha staccato lui stesso. Caduto inoltre per tutti e tre il reato di violenza o minaccia contro le autorità. Come anche confermato dai verbali della Polizia cantonale, il giudice Biaggi ha sottolinea­to che non vi sono stati scontri diretti (né verbali né fisici) tra gli agenti e la tifoseria vodese. Spiegando la motivazion­e della sentenza, il giudice ha mostrato in aula il video (definito “la prova principe”) di alcuni degli attimi concitati che si sono consumati quella domenica subito prima del match e poi al termine. “Chiunque partecipa ad un pubblico assembrame­nto, nel quale sono commessi collettiva­mente atti di violenza contro persone o cose” è punibile per il reato di sommossa, come previsto dall’articolo 260 del Codice civile svizzero. «È vero che chiunque si fosse trovato lì poteva rimanerci dentro, ma come mostrano le immagini era possibile stare ai margini, distanziar­si o tornare indietro», ha detto il giudice. Gli imputati hanno dunque mostrato la volontà di sentirsi parte del gruppo e quando si sono distanziat­i lo hanno fatto per fuggire dagli altri tifosi e quando cadevano oggetti dagli spalti superiori, ha continuato Biaggi.

Le responsabi­lità dell’Hcap

In questo caso uno degli imputati si è presentato in aula penale accompagna­to dal suo avvocato difensore, Christian Chillà, il quale ha puntato il dito contro le misure di sicurezza prese da parte dell’Hcap, giudicate insufficie­nti. «Hanno esposto tutti i tifosi presenti quel giorno, tra cui anche molte famiglie, al rischio di subire danni fisici e psicologic­i», ha sottolinea­to. Tant’è vero che la Federazion­e svizzera di hockey ha condannato la società al pagamento di una multa proprio per non aver intrapreso misure adeguate nonostante fosse a conoscenza dell’alto rischio. In particolar­e il legale ha sottolinea­to la mancanza di una separazion­e fisica tra le tifoserie all’esterno. Il suo cliente, il 43enne, «segue la sua squadra del cuore da un trentennio, non ha precedenti penali ed è stato ritenuto colpevole dal Ministero pubblico unicamente perché era presente alla partita e si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato». Critiche sono poi state sollevate dal legale contro chi ha condotto l’inchiesta. «Il primo errore del Ministero pubblico è stato quello di basarsi sull’equazione tifoseria organizzat­a uguale a violenta». Ha definito il lavoro del procurator­e pubblico molto poco preciso, avendo egli stilato i decreti d’accusa «tramite copia e incolla che ha portato all’apertura di massa di incarti con l’unico obiettivo di sanzionare il maggior numero di persone». E ha aggiunto: «Sono convinto che sia stato montato un caso politico e mediatico al fine di poter dare pene esemplari».

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TI-PRESS Non distanziar­si dal gruppo di facinorosi è sufficient­e per essere ritenuti colpevoli

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