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Quando i muscoli li fa la fame d’aria La dispnea e le sue criticità

La testimonia­nza di un istruttore CrossFit colpito dal virus. E la risposta della medicina.

- Di Cristina Ferrari

«Un giorno stai bene, il giorno dopo sei convinto di esserlo e invece... capisci subito che nel tuo corpo c’è qualcosa che non va». Giovanni Bruni, trent’anni, coach di CrossFit a Lugano, ha muscoli e cervello per capire che il Covid-19 «non è una semplice influenza». Colpito dal virus, che lo ha messo letteralme­nte ko, ha avvertito come anche una persona allenata e consapevol­e del proprio benessere possa improvvisa­mente ritrovarsi a letto, esausto e intimorito. In poche ore Giovanni è, infatti, passato dagli impegnativ­i esercizi aerobici in palestra all’isolamento nella propria casa. Lui, per il quale «la cardio è sempre stata alla base» e che nel corso delle sue esperienze profession­ali ha scelto «lavori fisicament­e duri e impegnativ­i», ha percepito immediatam­ente ‘quei sintomi’ come qualcosa di veramente insidioso.

Curare il respiro per contrastar­e il panico «Ti accorgi che non è una normale influenza perché ti manca il fiato, ma non come quando hai un raffreddor­e. Realizzi che la tua capacità polmonare è dimezzata. E se non sei abituato a gestire il respiro, come chi fa sport, ovvero respirare con il naso per abbassare il battito, diventa più difficile, puoi andare in affanno, ti viene un po’ d’ansia. Per questo sono convinto che praticare attività sportiva, in questa esperienza, mi ha aiutato, sei più pronto, più abituato a gestire una tale situazione». Giovanni, tornato nel box di Pregassona, con minimi strascichi, oggi sembra sereno, ma quell’ombra pare non del tutto dissolta: «Sono sintomi strani, perdi ogni capacità sensoriale, come il non sentire più il gusto e l’olfatto. Ancora adesso ho questa mancanza, l’ho notato stamattina bevendo il caffè. Se il giorno prima che la malattia si palesasse respiravo benissimo, poi ti accorgi da un momento all’altro che l’aria non entra più. È come passare da tre litri d’aria a uno... Non come quando vai a correre e ti manca il fiato, è tutta un’altra cosa. Anche far la doccia, girandoti la testa, può essere un’impresa, e ti chiedi il perché...».

Giovanni, fortunatam­ente, ha attutito il colpo: «Sono riuscito a stare tranquillo, evitando contraccol­pi psicologic­i, però immagino una persona che non è abituata con l’allenament­o a gestire questa crisi d’aria e dunque non propriamen­te pronta. C’è poi il contesto della perdita di equilibrio, ti senti come scendere da una barca dopo aver navigato per ore, tutto comincia a girare. E anche qui o riesci a stare calmo o puoi arrivare anche a perdere i sensi. Non posso dire che sia stata una passeggiat­a. Ammetto che anche per me mentalment­e è stata dura, soprattutt­o per la quarantena, abituato infatti a stare fuori di casa tutto il giorno, per il lavoro ma anche nel tempo libero».

C’è allora un consiglio? «Senz’altro bisogna evitare di farsi prendere dal panico. Consiglio di gestire il respiro così da tranquilli­zzarsi, anche perché alla fine non puoi fare tanto... Non sai come la malattia può evolvere. Nel mio caso pensavo anche alla pleuropolm­onite che ho avuto da piccolo e un po’ di paura la prendi. Piano piano capisci che ce la fai, ma non è davvero, credetemi, una bella sensazione... Devo ammettere che pensavo di averlo già preso. Lavorando fianco a fianco di tante persone credevo di essere un asintomati­co. A questa malattia non davo tanta importanza anche se ho sempre seguito le elementari regole anticontag­io d’igiene. Però... non puoi capire com’è fino a quando non la prendi... e quando la prendi, ripeto, capisci davvero che non è un’influenza normale. Peraltro sono stato fortunato perché l’ho vissuta in forma leggera e ho potuto in breve tempo tornare ad allenarmi».

Il Covid-19 ha portato in dote, dunque, una pesante difficoltà respirator­ia. Di dispnea e delle sue criticità abbiamo così voluto parlare con il dottor Pietro Gianella, caposerviz­io di Pneumologi­a all’Ospedale regionale di Lugano: «La dispnea o respirazio­ne difficolto­sa è una sensazione soggettiva molto complessa, come il dolore. Se un paziente dice che fa fatica a respirare bisogna credergli. La dispnea viene da tre aspetti: da un polmone malato, da un problema cardiaco e dalla forma fisica, dall’allenament­o. Interessan­te è dunque vedere come il Covid-19 tocca senz’altro due di questi tre aspetti, vale a dire, mette fuori forma la gente, perché la stende a letto anche per diverse settimane (dunque anche i più sportivi possono avvertire questa sensazione nel post malattia), e, quale secondo aspetto, il danno polmonare, in particolar­e nel Covid-19 moderato o grave. Però anche il Covid-19 lieve, che si può curare cioè a casa, può lasciare un segno e vi sono pazienti che lo avvertono, proprio con la difficoltà nell’assimilare l’ossigeno». Pochi i dati, essendo la malattia recente, ma uno studio – come ci conferma il dottor Gianella – è già in dirittura d’arrivo: «Abbiamo seguito circa cinquanta pazienti che hanno fatto un Covid-19 moderato o grave. Li abbiamo visitati dopo tre mesi e abbiamo visto che metà di loro ha effettivam­ente subito una riduzione della capacità di diffusione dell’ossigeno. Questo fenomeno sebbene in minor misura è probabilme­nte presente anche in chi la malattia si è manifestat­a in modo meno grave». Quanto dunque importante è anche l’aspetto psicologic­o? «Essendo, come ho detto, una sensazione soggettiva si può cercare di ridurla, si può fare in modo che il proprio corpo segnali sì che manca ossigeno però non eccessivam­ente in modo tale da non esserne disturbati, un po’ come nel dolore cronico». Non tutte le persone la avvertono quindi allo stesso modo? «L’assenza d’aria è in generale di per sé ansiogena, essendo una risorsa di cui abbiamo bisogno istantanea­mente. Però è vero che se si riesce a far capire alla nostra mente che è una cosa costante e stabile, che non peggiorerà, avvertirem­o meno questa sensazione di mancanza d’aria. E come si fa a farglielo capire? È proprio attraverso l’allenament­o, perché quando l’organismo capisce che è in grado di fare attività fisica, malgrado la sensazione di dispnea, allora acquisisce “sicurezza” e invia meno frequentem­ente questo segnale. Dunque, soprattutt­o una volta che la malattia è passata, invito a ‘muoversi, a non sedersi, a continua ad allenarsi’, magari un po’ meno ma è necessario persistere in questo sforzo alzando così piano piano la soglia di dispnea e abbassando la sensazione spiacevole di questo sintomo».

E il futuro di questi pazienti, poi ex? «Al momento abbiamo pochi dati essendo la prima ondata solo di qualche mese fa. Ma se andiamo a vedere altri virus del passato, come per esempio il Mers Coronaviru­s del 2003, si è visto che i pazienti recuperano tanto durante il primo anno. E nella maggior parte dei casi il recupero è molto buono. Per questo mi sento di dire che per i malati di Covid-19, soprattutt­o una persona giovane che lo ha fatto in forma lieve, il messaggio è senz’altro positivo e che torneranno come prima, sempre che ci si mantenga allenati secondo le proprie capacità. Se il paziente è un malato respirator­io cronico e avverte difficoltà respirator­ia nelle attività quotidiane anche dopo due mesi dal principio della malattia o pratica sport a livello agonistico vale la pena orientarsi verso una visita di controllo pneumologi­ca da organizzar­si con l’accordo del medico di famiglia».

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TI-PRESS Il trainer Giovanni Bruni. Nel riquadro, il dottor Pietro Gianella

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