laRegione

Edilizia, fra Covid e sregolatez­ze

Ocst e Unia denunciano nuovi fenomeni e timori per un mercato del lavoro ‘sotto pressione’

- Di Daniela Carugati

Salari taglieggia­ti. Caporali che si occupano di ingaggiare gli operai e di intascare una percentual­e. Annunci per muratori a cottimo e subappalti di comodo, per non parlare dei fallimenti... a scopo di lucro. Negli ultimi anni in Ticino (come nel resto della Svizzera) sono diversi i volti che il sottobosco del settore edile ha saputo mostrare. A volte gli abusi vengono denunciati, nonostante sia difficile per un lavoratore trovare il coraggio di uscire allo scoperto. A volte i casi finiscono in un’aula di tribunale e le accuse portano a una condanna; anche se non succede sempre. In Ticino, va detto, alcune sentenze hanno messo dei punti fermi. A cominciare dal caso, il primo una decina di anni fa, di una impresa del Sopracener­i portato alla luce (e in Pretura) dal sindacato Unia. Se chiedete, però, a chi come Dario Cadenazzi, responsabi­le edilizia di Unia Ticino, i cantieri li conosce, come vede la situazione, essere ottimisti è assai arduo. «L’attualità è difficile – ammette a ‘laRegione’ – e il futuro ha tinte fosche se non nere». Troppe, ci fa capire, le pressioni a cui è sottoposto oggi il mercato del lavoro. «E il Covid-19 non ha fatto altro che accelerare i problemi». Il risultato? Un settore in sofferenza nel Mendrisiot­to, esemplific­a; confrontat­o con un «contesto di sottocosto e concorrenz­a» per accaparrar­si appalti e concorsi. Così a fare le spese per chi non rispetta le regole ci sono pure le ditte, storiche in primis, che stanno ai contratti.

‘Parlarne ha aiutato’

Parlare di problemi e abusi, comunque, ha aiutato. Sollevare il velo sulle situazioni di malaediliz­ia in cui si sono imbattuti i sindacati Ocst e Unia nel tempo ha contribuit­o a modificare taluni comportame­nti. Paolo Locatelli, segretario Ocst, lo ha toccato con mano. «In generale, dopo le ripetute denunce, anche pubbliche, portate avanti dei sindacati, Ocst come Unia, nel settore dell’edilizia, il fenomeno si è un po’ ‘ristretto’. Non è più così diffuso come tre-cinque anni orsono. In altre parole, c’è stata un’opera di ‘prevenzion­e’ che ha fatto in modo che questi reati diminuisse­ro. Sia chiaro, che non esistano più faccio fatica a crederlo. Credo, semmai, che si agisca con maggiore furbizia. Non ci si fa più sorprender­e con manovre maldestre, come quella di consegnare in mano un salario da 4mila franchi, salvo poi farsene restituire una parte un attimo dopo».

La crisi mette alle strette i lavoratori Locatelli rende, però, attenti su un altro aspetto tutt’altro che trascurabi­le. Se è vero che in tribunale non appare semplice dimostrare l’esistenza dell’usura con lo sfruttamen­to dello ‘stato di bisogno’, si fa strada la tendenza da parte degli operai di accettare il patto, sebbene in taluni casi sia ‘scellerato’. «Con la stretta sui permessi di lavoro, perché tale è stata, che si è verificata in Ticino – ci fa capire Locatelli –, i frontalier­i che vengono in Svizzera a farsi taglieggia­re il salario sono molto più restii a parlare. Lo fanno consapevol­mente. Con la crisi in atto, per 3mila franchi in busta paga sono pronti a fare di tutto».

E qui si innesta un ’altra paura alimentata dalla pandemia. «Se un lavoratore è disposto a venire a lavorare in Ticino per 1’500 euro al mese, visto la situazione italiana, e qui c’è chi lo sfrutta, mi chiedo – si interroga dal canto suo Cadenazzi – se quello stesso lavoratore è disposto a dire che in famiglia ha una persona positiva al coronaviru­s o se è pronto a sottoporsi a un tracciamen­to. La crisi sanitaria ha dato sostanza a un’ulteriore forma di pressione che come sindacati ci spaventa molto». Un timore che si è sovrappost­o a uno scenario per nulla rassicuran­te nelle parole del responsabi­le di Unia. «Senza Covid ci si muove in un mercato, in Ticino, paragonabi­le a un acquario in cui si aggirano parecchi squali che hanno l’idea di guadagnare in fretta, sfruttando la manodopera frontalier­a e aggirando le norme o muovendosi al limite».

Il fenomeno dei fallimenti per lucro

A preoccupar­e, poi, vi è un altro fenomeno di cui di recente si è parlato a più riprese. Unia ne ha fatto una vera e propria denuncia, parlando di ‘fallimenti fraudolent­i’. Questi casi sono ben presenti anche all’Ocst. «In effetti, vedo piuttosto come un nuovo problema nel settore edile quello dei fallimenti e delle rinascite – ribadisce Locatelli –. Tecnicamen­te si lavora; si mettono da parte i soldi, non spendendo in salari e oneri sociali (detto altrimenti, si fa cassa), poi si fa fallire la ditta. Ma passano solo un paio di mesi e la stessa persona la si ritrova sul mercato. È un fenomeno – tiene a rimarcare il segretario Ocst – che stiamo tenendo d’occhio».

Quantifica­re questa realtà, annota ancora Locatelli, non è facile: «Non ci sono statistich­e. Si possono stimare fra i 5 e i 10 casi all’anno; e i personaggi che ricorrono sono noti. Sia chiaro, si tratta di un fenomeno pericoloso: si muovono con maggiore eleganza ma sono figli dei vecchi abusi».

‘Gli strumenti a disposizio­ne non bastano’ Ecco che l’impression­e diffusa è di combattere con armi spuntate. «A fronte di un mercato sregolato gli strumenti che ci sono non bastano – ribadisce Cadenazzi –. Penso alla Lia – la Legge sulle imprese artigianal­i, ndr –, che si è scontrata con il diritto superiore e la libera concorrenz­a». Così si oscilla tra i ‘furbetti’ e chi fra le imprese «lavora bene, rispetta le regole ma fa fatica». Cosa servirebbe allora oggi per contrastar­e gli abusi? «Come Unia – ci ricorda il responsabi­le edilizia – abbiamo avanzato una richiesta alle istituzion­i, affinché all’interno della Procura si dedichi un settore a determinat­i reati, richiesta sempre di attualità. Sul campo servirebbe­ro poi interventi tempestivi, maggiori controlli e sanzioni più dure. Non da ultimo, la politica dovrebbe riconoscer­e che esiste un grande problema che mette in ginocchio i lavoratori e le aziende sane».

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TI-PRESS Il settore è in 'sofferenza'

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