laRegione

Nica come Greta, tra gli ulivi e l’Ilva

- Di Beppe Donadio

Il centro del film sono gli ulivi secolari abbattuti in Puglia dal 2013, simbolo identitari­o della Regione tanto da essere nello stemma ufficiale. Quello che su di essi non ha fatto la Xylella, il batterio che chiude i vasi linfatici della pianta (o “il pidocchio”, come lo chiamano i protagonis­ti), l’han fatto i pesticidi. E sull’intera questione si rimanda a Report. Ma dagli ulivi, ‘Semina il vento – opera seconda di Danilo Caputo, una coproduzio­ne Francia/Italia/Grecia nella sezione ‘Young’ del Castellina­ria 2020 – si estende fino all’Ilva, il più grande polo siderurgic­o d’Europa che da sessant’anni miete vittime. Un film ‘local’, ma sufficient­emente universale. Palesatosi nella sezione Panorama della Berlinale, l’idea – parole di Caputo nei giorni tedeschi – parte dalla scarsa affluenza alle urne dei tarantini in occasione del referendum sull’Ilva del 2013. “La gente preferisce morire di tumore che di fame” dice Nica, la 21enne protagonis­ta che abbandona gli studi di agronomia e dopo tre anni torna a casa, nel Tarantino, dove – come dice Paola, l’amica ritrovata – “hanno fatto il pidocchio pure le persone”. In scena va così la paradossal­e (solo all’apparenza, dai tempi di Climate for Change molti giovani sono più sessantott­ini di tanti sessantott­ini) contrappos­izione tra Nica che si batte per le piante e le tradizioni (in nome, anche, di una nonna rivoluzion­aria che non c’è più) e gli adulti traditi e ancor più terra terra, nel senso che quella terra che non produce più frutti se la sono venduta (e il motivo, come si vedrà, non riguarda soltanto i frutti). Mentre Nica, occhi al microscopi­o, si mette alla ricerca dell’antagonist­a (l’insetto che si mangi la Xylella), il padre è felice di vedersi rimborsato per gli ulivi da abbattere; la madre, invece, conduce una guerra tutta sua nell’immobilità quotidiana di un letto, in quella che pare depression­e per un negozio che non riesce ad aprire ma anche sconcerto per quella figlia che vuole farsi rispettare, rifiutando il genitorial­e “Vivi e lascia vivere”. Nica le risponde: “L’hai sentito alla tv?”; Nica che si abbraccia gli alberi e gli animali (una gazza) nemmeno fosse Greta. E un po’ lo è. La giovane attrice Yile Yara Vianello è caricata del peso di tutta la storia ed è, nel modo più naturale possibile, Nica in totale assenza di finzione, carica di tutta la buona indignazio­ne dei nostri giovani migliori. Caputo – l’Ilva sta a dieci chilometri da casa sua – la protagonis­ta l’ha scoperta undicenne in ‘Corpo celeste’ di Alice Rohrwacher e il futuro di Yile pare radioso. Le regge la parte altrettant­o naturalmen­te Feliciana Sibilano che, in quanto Paola, ha sulle spalle la voglia di andare via da un paese in cui “c’è gente che è inquinata in testa”. Aperto da un carrello sugli ulivi che sta tra l’horror e il docufilm, forse ‘Semina il vento’ non corre altrettant­o veloce come il messaggio – forte impietoso importante – ma lascia dentro il pidocchio, e ci mette alla ricerca del suo (nostro) antagonist­a.

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'Semina il vento', di Danilo Caputo

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