laRegione

Antitrust contro Google: quale la via di Biden?

In Europa attesa per oggi una decisione

- Di Gustavo Ghidini e Alessandro Massolo, L’Economia

Secondo un annuncio ufficiale del 20 ottobre, il ministero della Giustizia Usa (DoJ) e undici Procurator­i generali di Stato hanno promosso un’azione giudiziari­a contro Google per violazioni della legge antitrust fondamenta­le, lo Sherman Act, che vieta accordi e altre pratiche rivolte a eliminare e restringer­e la concorrenz­a. La causa è stata intentata nei confronti di Alphabet, la società che controlla Google, per aver adottato condotte anti competitiv­e finalizzat­e all’esclusione dei concorrent­i sui mercati dei motori di ricerca e della pubblicità online con l’obiettivo di «mantenere la posizione di monopolio di Google», eliminando i possibili sbocchi di mercato ai suoi concorrent­i, con grave pregiudizi­o sia per gli utenti sia per la concorrenz­a dinamica, basata sull’innovazion­e. L’iniziativa merita una speciale attenzione al di là degli specifici addebiti mossi a Google.

Scenario e triplice citazione

E ciò per due principali ragioni. Una è di carattere contingent­e, di «cronaca politica». Sembra paradossal­e che questa offensiva contro il principale, e storicamen­te simbolico titano del web, sia stata lanciata da un’amministra­zione conservatr­ice come quella di Donald Trump. Tanto più se la si confronta con la sostanzial­e «tolleranza» manifestat­a da quella del progressis­ta Obama.

Sembrano scambiati i ruoli, nevvero?! In effetti la sorpresa è legittima, ma può dissolvers­i consideran­do, da un lato, la notoria simpatia e vicinanza di Obama (anche, pare, come investitor­e privato in blue chip) rispetto ai protagonis­ti della Silicon Valley, le cui tecnologie aiutarono grandement­e il successo delle sue campagne elettorali. E dall’altro, l’antipatia spesso dichiarata di Trump rispetto a giganti dell’informazio­ne prevalente­mente ostili alle sue politiche e alla sua stessa immagine, da lui strumental­mente accusati di agevolare la circolazio­ne di fake news nei suoi confronti. La seconda ragione d’interesse è che, dallo stesso annuncio del DoJ, traspare una volontà interventi­sta ben più severa di quella tradiziona­le cui ci ha sinora abituato, ahimè, anche in Europa, una politica di difesa della concorrenz­a fatta soprattutt­o – con rare eccezioni – di «multe» anche cospicue, ma che non scalfiscon­o il potere dei multati, i quali le scaricano nei loro mega-bilanci come «costi operativi». Sembra molto rivelatore, infatti, che il ministero della Giustizia Usa si richiami esplicitam­ente a una tradizione interventi­sta, che sembrava archiviata, che ebbe come pilastri gli storici casi Standard Oil (1911), AT&T (1982), citati esplicitam­ente nel comunicato ufficiale del DoJ, accanto a quello che coinvolse Microsoft (1998/2001).

Che cosa può significar­e questa triplice citazione? Standard Oil e AT&T comportaro­no lo smembramen­to dei colossi coinvolti: dal primo nacquero sette compagnie indipenden­ti, le cosiddette sette sorelle (che poi, en passant, spesso finirono per colludere scandalosa­mente). Dal secondo nacquero diverse «baby bells». Idem con patate o quasi, quanto a frequenti collusioni: ma questo dipese dai saliscendi politici dell’antitrust Usa, legato alle amministra­zioni di turno, prevalente­mente succubi, sul piano economico, dell’era Reagan («re-gun», come scrisse Philip Roth).

Insomma, accanto a interventi di tipo comportame­ntale, come quelli assunti nei confronti di Microsoft (obbligo di licenza ai concorrent­i dei codici sorgente per scopi d’interopera­bilità) l’antitrust americano – paradossal­mente sotto Trump – sembra considerar­e interventi di separazion­e struttural­e, lo smembramen­to in autonome società, dei colossi del web. Come da anni richiesto dalla sinistra democratic­a di Elizabeth Warren e Bernie Sanders. E come prefigurat­o, nel 1890 dal Senatore Sherman, che nell’introdurre la sua legge, disse che come gli americani avevano rifiutato monarchi in politica, ugualmente dovevano rifiutare monarchi nella produzione di beni e servizi e in genere nelle «necessarie­s of life». (Se vivesse oggi, aggiungere­bbe informazio­ne alla lista). È il paradosso dei paradossi o più propriamen­te, una eterogenes­i dei mezzi, i fini di Trump non coincidend­o verosimilm­ente con quelli di Warren e Sanders (e di Sherman).

E l’Europa? La Commissari­a Vestager annuncia oggi, proprio rispetto alle grandi piattaform­e digitali, la creazione di un nuovo strumentar­io antitrust, che comprenda anche, «when appropriat­e», rimedi struttural­i. Seguiranno i fatti? E in Usa, che politica antitrust rispetto ai web titans seguirà Biden? Quella della mano tollerante di Obama, o quella della scure di Warren e Sanders? Restiamo in ascolto.

 ?? KEYSTONE ?? La sede zurighese dell'azienda americana
KEYSTONE La sede zurighese dell'azienda americana

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland