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Il vaccino corre veloce

C’è un terzo preparato promettent­e. Usa e Germania vorrebbero partire entro fine anno.

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C’è un terzo vaccino che parrebbe in dirittura d’arrivo, e se continua così la campagna d’immunizzaz­ione potrebbe partire già tra dicembre e gennaio, almeno negli Usa. Condiziona­li e prudenza restano doverosi, ma è di ieri l’annuncio della casa farmaceuti­ca AstraZenec­a, tra l’altro già legata anche a Berna da un contratto di fornitura, circa l’efficacia del suo preparato in fase di test: immunizzer­ebbe in media il 70% dei vaccinati, che diventa il 90% ottimizzan­do il dosaggio. Una notizia arrivata poche ore dopo che le autorità americane avevano ipotizzato di essere quasi pronte a iniziare con la vaccinazio­ne di massa.

Realizzato in collaboraz­ione con l’Università di Oxford, il vaccino di AstraZenec­a segue una formula di sviluppo più tradiziona­le rispetto all’uso dell’Rna messaggero di Pfizer e Moderna, le due case americane che paiono anch’esse vicino al traguardo con preparati ritenuti efficaci in oltre il 90% dei casi. AstraZenec­a si affida al ‘vecchio’ sistema di utilizzare una variante inattiva del virus per stimolare gli anticorpi; il vantaggio sta nei costi più contenuti – circa 3 franchi contro gli oltre 20 delle alternativ­e – e nella facilità di trasporto e conservazi­one. Il vaccino di Pfizer richiede infatti frigorifer­i capaci di portare la temperatur­a a 70 gradi sottozero, quello di Astra si conserva a 2-8 gradi (come quello di Moderna). Il test ha coinvolto oltre 20mila volontari in Regno Unito e Brasile: 131 hanno contratto la malattia, nessuno ha sviluppato sintomi gravi e tali da renderne necessario il ricovero. Il colosso farmaceuti­co svedesebri­tannico prevede di poter produrre 200 milioni di dosi già quest’anno e 3 miliardi entro il 2021. Ma è quella di Pfizer la prima domanda di autorizzaz­ione che sarà considerat­a dalla Food and drug administra­tion (Fda), probabilme­nte già il 10 dicembre. Secondo il dottor Moncef Slaoui, a capo della task force pubblica incaricata di accelerare le procedure di vaccinazio­ne, dall’ok della Fda alle prime somministr­azioni passerebbe pochissimo tempo: le iniezioni comincereb­bero “entro 48 ore”, ha detto ad Abc. La priorità verrebbe data naturalmen­te al personale sanitario e alle categorie a rischio, l’obiettivo sarebbe quello di vaccinare oltre 22 milioni di americani entro la fine di gennaio (ciascun vaccino richiede due dosi a distanza di qualche settimana l’una dall’altra). Anche in Europa si corre per sveltire i processi di approvazio­ne: di una prima fase di vaccinazio­ne già a dicembre ha parlato anche il ministro della Sanità tedesco Jens Spahn, e una parte della stampa britannica prevede tempistich­e simili per il Regno Unito.

Ora il timore è quello dei colli di bottiglia nella filiera globale: produzione, stoccaggio, trasporto e somministr­azione riguardera­nno svariati miliardi di dosi; una sfida senza precedenti per i settori farmaceuti­co e sanitario. Intanto però è proprio l’Oms a vedere il bicchiere mezzo pieno: “C’è adesso una reale speranza che i vaccini, insieme con altre misure sanitarie già testate, possano contribuir­e a mettere fine alla pandemia di Covid-19”, ha detto il direttore Tedros Adhanom Ghebreyesu­s. “La luce in fondo a questo lungo e buio tunnel sta diventando più luminosa”, ha aggiunto: “Nessun vaccino nella storia è stato sviluppato così rapidament­e. La comunità scientific­a ha stabilito un nuovo standard”.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE / DATI: NEW YORK TIMES / IMMAGINE: KEYSTONE Verso il traguardo
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KEYSTONE Il risultato da Oxford

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