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Cantoni scoglio insormonta­bile

- a cura di Stefano Guerra

Una risicata maggioranz­a del popolo ha approvato l’iniziativa promossa dalle organizzaz­ioni non governativ­e. È però venuta a mancare, in modo chiaro, la maggioranz­a dei cantoni. Karin Keller-Sutter: il controprog­etto è la via giusta, il Consiglio federale seguirà gli sviluppi a livello internazio­nale.

Sì del popolo, no dei cantoni. Una combinazio­ne rara. Nella storia della democrazia diretta svizzera si era verificata solo nove volte (una nel caso delle iniziative popolari). L’inusuale scenario si è delineato quasi subito ieri pomeriggio, man mano che dai singoli cantoni giungevano proiezioni e risultati parziali. Alla fine, a sconfitta già assodata (otto cantoni e mezzo su 23 per il sì), ai promotori dell’iniziativa ‘Per imprese responsabi­li’ non è rimasto altro che consolarsi con la maggioranz­a dei votanti. Un successo parziale, di misura (50,7%), che – pur non inatteso – è una doccia fredda, viste le aspettativ­e della vigilia che i sondaggi avevano corroborat­o. Adesso, a meno di un improbabil­e referendum, entra in vigore un controprog­etto ‘light’ (cfr. infografic­a).

In gioco c’era una modifica costituzio­nale. Serviva dunque la doppia maggioranz­a di popolo e cantoni. Decisiva, per quest’ultima, è stata l’opposizion­e in massa della Svizzera tedesca. I cantoni germanofon­i, tranne quelli prevalente­mente urbani (Berna, Zurigo e Basilea Città), si sono schierati contro l’iniziativa. Il no ha stravinto a Svitto (68,4%), Nidvaldo (67,8%) e Appenzello Interno (65%). Salvo il bilingue Vallese, la Romandia ha votato compatta per il sì, in particolar­e Giura (68,7%), Neuchâtel (64,6%) e Ginevra (64,2%). Anche in Ticino l’iniziativa è stata accolta (54,2%).

La campagna pluriennal­e dei promotori – spalleggia­ti da chiese, partiti della sinistra, Verdi liberali, Pbd e Pev (evangelici) – ha dunque fatto breccia solo nella Svizzera ‘latina’ e nelle zone urbane della Svizzera tedesca. Altrove è passato invece il messaggio veicolato da Economiesu­isse, dalle organizzaz­ioni economiche, dai partiti borghesi (Udc, Plr e Ppd) e dal Consiglio federale. I fautori del no hanno opportunam­ente concentrat­o le loro risorse sui cantoni ritenuti in bilico, alzando nelle ultime settimane il tono del confronto nella Svizzera tedesca. Sull’altro fronte, gli ‘opinion leader’ moderati impegnati a livello locale (i consiglier­i nazionali del Pbd Martin Landolt a Glarona e Simon Stadler del Ppd a Uri, tra gli altri) non sono stati in grado di mobilitare a sufficienz­a l’elettorato centrista, cruciale per far passare potenziali ‘swing states’ nel campo del sì.

Economiesu­isse tira un sospiro di sollievo. La direttrice romanda Cristina Gaggini ha sottolinea­to a Keystone-Ats come il testo fosse fonte di grande incertezza per l’insieme del tessuto economico. L’organizzaz­ione che difende gli interessi delle grandi imprese parla di “segnale importante a favore della piazza economica svizzera”. La popolazion­e ha espresso “un grande desiderio di regole più chiare nell’ambito dei diritti umani e della protezione dell’ambiente”. Un desiderio che però viene soddisfatt­o meglio da un controprog­etto indiretto “coordinato a livello internazio­nale” e che “riprende gli strumenti più avanzati in materia di responsabi­lità delle imprese a livello mondiale”. Anche secondo il Plr, fortunatam­ente la Svizzera non agirà in solitaria a livello internazio­nale. L’Udc è sollevata dal fatto che i cittadini non abbiano ceduto al ricatto moralista degli iniziativi­sti. Il Ppd, dal canto suo, si rallegra in merito alla prossima entrata in vigore del controprog­etto, lo strumento più indicato per concretizz­are gli obiettivi dell’iniziativa. “Deluso” l’ex consiglier­e agli Stati Plr Dick Marty.

“Sono deluso dal fatto che la strategia dei contrari di diffondere insicurezz­a nell’elettorato con affermazio­ni false abbia funzionato”, afferma il copresiden­te del comitato d’iniziativa, citato in una nota. I promotori non si danno per vinti. È “solo una questione di tempo finché anche la Svizzera adotti quanto chiesto dall’iniziativa”, si legge nella nota. Il Ps è amareggiat­o, ma sottolinea come sia stato mandato un segnale forte all’economia. Per i Verdi, la Svizzera prima o poi sarà obbligata a legiferare sul rispetto dell’ambiente e dei diritti dell’uomo all’estero da parte delle sue multinazio­nali. I Verdi liberali ritengono che la bocciatura sia stata causata dalle preoccupaz­ioni legate all’insicurezz­a giuridica per le piccole e medie imprese.

Il risultato è chiarament­e ‘no’ in quanto la maggioranz­a dei cantoni l’ha bocciata. Tuttavia, ha sottolinea­to la consiglier­a federale Karin Keller-Sutter in conferenza stampa a Berna, i promotori del testo non restano a mani vuote dal momento che il controprog­etto «rende ora vincolante per le aziende ciò che prima era volontario». Il Consiglio federale, pur rallegrand­osi del risultato, tiene in consideraz­ione gli anni di lotta portati avanti dai sostenitor­i della proposta. «Siamo consapevol­i che molti sono delusi», ha detto Keller-Sutter.

Si è trattato di un voto emotivo, ha proseguito la ministra di Giustizia e polizia, puntualizz­ando che la maggioranz­a dei cantoni non ha votato contro l’obiettivo, ma contro la via indicata. Il controprog­etto adottato dal Parlamento è la «via moderata, efficace e concordata a livello internazio­nale» per raggiunger­e questo obiettivo. Se la legge non verrà contestata entro cento giorni tramite un referendum, la Svizzera andrà oltre la maggior parte dei Paesi nella lotta contro il lavoro minorile. Nel frattempo il Consiglio federale emanerà le disposizio­ni d’esecuzione a livello di ordinanza. Keller-Sutter ha detto che alcune questioni di dettaglio sono ancora aperte (ad esempio, quali piccole e medie imprese sarebbero esentate dalle norme sul lavoro minorile). Nei prossimi mesi e anni il Consiglio federale seguirà da vicino gli sviluppi internazio­nali, ha detto Keller-Sutter.

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