Cantoni scoglio insormontabile
Una risicata maggioranza del popolo ha approvato l’iniziativa promossa dalle organizzazioni non governative. È però venuta a mancare, in modo chiaro, la maggioranza dei cantoni. Karin Keller-Sutter: il controprogetto è la via giusta, il Consiglio federale seguirà gli sviluppi a livello internazionale.
Sì del popolo, no dei cantoni. Una combinazione rara. Nella storia della democrazia diretta svizzera si era verificata solo nove volte (una nel caso delle iniziative popolari). L’inusuale scenario si è delineato quasi subito ieri pomeriggio, man mano che dai singoli cantoni giungevano proiezioni e risultati parziali. Alla fine, a sconfitta già assodata (otto cantoni e mezzo su 23 per il sì), ai promotori dell’iniziativa ‘Per imprese responsabili’ non è rimasto altro che consolarsi con la maggioranza dei votanti. Un successo parziale, di misura (50,7%), che – pur non inatteso – è una doccia fredda, viste le aspettative della vigilia che i sondaggi avevano corroborato. Adesso, a meno di un improbabile referendum, entra in vigore un controprogetto ‘light’ (cfr. infografica).
In gioco c’era una modifica costituzionale. Serviva dunque la doppia maggioranza di popolo e cantoni. Decisiva, per quest’ultima, è stata l’opposizione in massa della Svizzera tedesca. I cantoni germanofoni, tranne quelli prevalentemente urbani (Berna, Zurigo e Basilea Città), si sono schierati contro l’iniziativa. Il no ha stravinto a Svitto (68,4%), Nidvaldo (67,8%) e Appenzello Interno (65%). Salvo il bilingue Vallese, la Romandia ha votato compatta per il sì, in particolare Giura (68,7%), Neuchâtel (64,6%) e Ginevra (64,2%). Anche in Ticino l’iniziativa è stata accolta (54,2%).
La campagna pluriennale dei promotori – spalleggiati da chiese, partiti della sinistra, Verdi liberali, Pbd e Pev (evangelici) – ha dunque fatto breccia solo nella Svizzera ‘latina’ e nelle zone urbane della Svizzera tedesca. Altrove è passato invece il messaggio veicolato da Economiesuisse, dalle organizzazioni economiche, dai partiti borghesi (Udc, Plr e Ppd) e dal Consiglio federale. I fautori del no hanno opportunamente concentrato le loro risorse sui cantoni ritenuti in bilico, alzando nelle ultime settimane il tono del confronto nella Svizzera tedesca. Sull’altro fronte, gli ‘opinion leader’ moderati impegnati a livello locale (i consiglieri nazionali del Pbd Martin Landolt a Glarona e Simon Stadler del Ppd a Uri, tra gli altri) non sono stati in grado di mobilitare a sufficienza l’elettorato centrista, cruciale per far passare potenziali ‘swing states’ nel campo del sì.
Economiesuisse tira un sospiro di sollievo. La direttrice romanda Cristina Gaggini ha sottolineato a Keystone-Ats come il testo fosse fonte di grande incertezza per l’insieme del tessuto economico. L’organizzazione che difende gli interessi delle grandi imprese parla di “segnale importante a favore della piazza economica svizzera”. La popolazione ha espresso “un grande desiderio di regole più chiare nell’ambito dei diritti umani e della protezione dell’ambiente”. Un desiderio che però viene soddisfatto meglio da un controprogetto indiretto “coordinato a livello internazionale” e che “riprende gli strumenti più avanzati in materia di responsabilità delle imprese a livello mondiale”. Anche secondo il Plr, fortunatamente la Svizzera non agirà in solitaria a livello internazionale. L’Udc è sollevata dal fatto che i cittadini non abbiano ceduto al ricatto moralista degli iniziativisti. Il Ppd, dal canto suo, si rallegra in merito alla prossima entrata in vigore del controprogetto, lo strumento più indicato per concretizzare gli obiettivi dell’iniziativa. “Deluso” l’ex consigliere agli Stati Plr Dick Marty.
“Sono deluso dal fatto che la strategia dei contrari di diffondere insicurezza nell’elettorato con affermazioni false abbia funzionato”, afferma il copresidente del comitato d’iniziativa, citato in una nota. I promotori non si danno per vinti. È “solo una questione di tempo finché anche la Svizzera adotti quanto chiesto dall’iniziativa”, si legge nella nota. Il Ps è amareggiato, ma sottolinea come sia stato mandato un segnale forte all’economia. Per i Verdi, la Svizzera prima o poi sarà obbligata a legiferare sul rispetto dell’ambiente e dei diritti dell’uomo all’estero da parte delle sue multinazionali. I Verdi liberali ritengono che la bocciatura sia stata causata dalle preoccupazioni legate all’insicurezza giuridica per le piccole e medie imprese.
Il risultato è chiaramente ‘no’ in quanto la maggioranza dei cantoni l’ha bocciata. Tuttavia, ha sottolineato la consigliera federale Karin Keller-Sutter in conferenza stampa a Berna, i promotori del testo non restano a mani vuote dal momento che il controprogetto «rende ora vincolante per le aziende ciò che prima era volontario». Il Consiglio federale, pur rallegrandosi del risultato, tiene in considerazione gli anni di lotta portati avanti dai sostenitori della proposta. «Siamo consapevoli che molti sono delusi», ha detto Keller-Sutter.
Si è trattato di un voto emotivo, ha proseguito la ministra di Giustizia e polizia, puntualizzando che la maggioranza dei cantoni non ha votato contro l’obiettivo, ma contro la via indicata. Il controprogetto adottato dal Parlamento è la «via moderata, efficace e concordata a livello internazionale» per raggiungere questo obiettivo. Se la legge non verrà contestata entro cento giorni tramite un referendum, la Svizzera andrà oltre la maggior parte dei Paesi nella lotta contro il lavoro minorile. Nel frattempo il Consiglio federale emanerà le disposizioni d’esecuzione a livello di ordinanza. Keller-Sutter ha detto che alcune questioni di dettaglio sono ancora aperte (ad esempio, quali piccole e medie imprese sarebbero esentate dalle norme sul lavoro minorile). Nei prossimi mesi e anni il Consiglio federale seguirà da vicino gli sviluppi internazionali, ha detto Keller-Sutter.