Materiale bellico, iniziativa silurata
No al divieto di finanziamento. I contrari: ‘Buon segnale per la piazza economica’.
Berna – Niente da fare per l’iniziativa “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico”, che chiedeva l’estensione dell’attuale proibizione di finanziare la produzione di armi di distruzione di massa a tutte le aziende che realizzano almeno il 5% di fatturato nel settore degli armamenti. La proposta non ha convinto la maggioranza degli svizzeri e ha raccolto il sostegno di soli 3 cantoni e di un semicantone, perdendo il voto popolare con il 57,45% di “no”.
In totale i voti contrari alla modifica costituzionale promossa dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) e dai Giovani Verdi sono stati 1’460’755, mentre i favorevoli 1’081’731. Il testo – che avrebbe riguardato gli investimenti di Banca nazionale svizzera, fondazioni svizzere, assicurazione vecchiaia e superstiti (Avs), assicurazione per l’invalidità (Ai) e casse pensioni – è stato pesantemente respinto soprattutto nella Svizzera centrale, ma anche nei Grigioni e – in misura minore – in Ticino. Ad approvare la proposta sono stati solo Basilea Città, Giura, Ginevra e Neuchâtel. La partecipazione si è attestata al 46,40 per cento.
I contrari: ‘Non si è voluto gravare sull’economia’
Soddisfatto del risultato il comitato borghese (Plr, Udc, Ppd, Pbd) contro l’iniziativa, che riteneva di difficile attuazione il testo proposto.
Stando alla consigliera nazionale Maja Riniker (Plr, Argovia) conteneva soluzioni estreme e in questi tempi di Covid-19 “avrebbe rappresentato un onere supplementare per l’economia”.
Gli svizzeri – gli ha fatto eco Carmelo Laganà, responsabile supplente Romandia di Economiesuisse, “hanno mostrato il loro attaccamento a una piazza economica forte”. L’introduzione di una quota rigida nella Costituzione per le imprese che fabbricano beni a doppio uso, ha aggiunto, è “senza dubbio stato giudicato esagerato e nefasto per l’economia”. Inoltre le restrizioni avrebbero “posto grosse difficoltà per il sistema di previdenza che avrebbe dovuto affrontare ancora più burocrazia”.
I favorevoli: ‘Si tenga conto di quel 42%’
Il comitato di iniziativa si è detto invece “molto deluso” dal ‘no’, ritenendo di essere stati molto più forti dei loro avversari nei contenuti. “Il risultato non ci sorprende tanto, ma è molto deludente”, ha dichiarato a Keystone-Ats Julia Küng, copresidente dei Giovani Verdi.
“Il risultato non è poi così male”, ha aggiunto però Thomas Bruchez, segretario del Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), sentito mentre si stava delineando il chiaro risultato di ieri. “C’è comunque un’approvazione di circa il 40%. Ciò significa che una parte della popolazione ci ha ascoltati” pur avendo dovuto farci sentire contro le “lobby economiche estremamente potenti” che “hanno cercato di far credere che l’iniziativa colpisse soprattutto le Pmi, il che è una menzogna”.
Forte di quel capitale di ‘sì’, Bruchez chiede ora controlli più severi da parte della Segreteria di Stato dell’economia (Seco) sul finanziamento degli armamenti da guerra e domanda alla Svizzera di ratificare il Trattato dell’Onu sulla proibizione delle armi nucleari, che entrerà in vigore nel gennaio 2021.