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Il cotone

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Un campo di cotone giunto a maturazion­e assomiglia a un prato seminato di pop-corn. Le capsule dei frutti si sono aperte e hanno liberato la soffice bambagia (la lanugine attorno ai semi) che può essere raccolta a macchina o a mano. La bambagia sarà poi liberata dai semi e infine le fibre, pressate in balle, saranno vendute alle filande. Il filato ottenuto viene tessuto, colorato o stampato. I tessuti verranno venduti alle grandi industrie, ma anche alle piccole sartorie, dove saranno tagliati e cuciti per ottenere capi di vestiario destinati alla vendita. Il cotone è un arbusto annuale più o meno alto. Dai fiori bianchi, gialli o rosa, a seconda della varietà, si formano i frutti a forma di capsule, suddivise in 3-5 valve, in ciascuna delle quali maturano dai 5 ai 9 semi, ognuno avvolto da mille a 8mila peli. Alla maturazion­e i peli fanno scoppiare la capsula, formando la bambagia, dalla quale si ricava la fibra tessile. La pianta del cotone cresce nelle regioni tropicali e subtropica­li, caratteriz­zate da un clima umido e caldo. Richiede inoltre di essere irrigata frequentem­ente. Per una semplice maglietta di cotone occorrono ben 10mila litri d’acqua, pari al contenuto di 200 vasche da bagno! I più antichi reperti di tessuti in cotone sono stati rinvenuti in Messico e risalgono a 8mila anni fa. In India il cotone è conosciuto da oltre 5mila anni e dal subcontine­nte indiano la sua coltivazio­ne si è propagata alla Cina. Dal VII al X secolo gli arabi hanno diffuso il cotone dalla Persia all’Africa del nord, alla Sicilia e alla Spagna meridional­e. Successiva­mente il filato e i tessuti di cotone hanno registrato una larga diffusione nel resto d’Europa. Il nome stesso “cotone”, dall’arabo “qutun”, testimonia la diffusione di questa fibra tessile agevolata da mercanti arabi.

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© Asim Hafeez / WWF-UK Lavorazion­e

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