La coltivazione dannosa!
Dal cotone non si ricava solo filato da usare per produrre tessuti e vestiti. Dopo aver selezionato i fili della bambagia adatti per il filato, la peluria più corta aderente ai semi chiamata “linter”, fornisce fibre di cellulosa da cui si ricava ovatta, cotone idrofilo per medicazioni, feltro, carta, materiale isolante e altri prodotti. Dal “linter”, trattato con prodotti chimici, si ricava cellulosa pura, usata per la produzione di seta artificiale e vernice. Dai semi di cotone, inoltre, si ricava olio commestibile, usato soprattutto nell’industria alimentare e della produzione di saponi. Spesso la vendita di capi di vestiario in cotone viene pubblicizzata con l’argomento che sono fatti di fibre naturali. Tale argomento non significa necessariamente che la produzione di cotone sia rispettosa dell’ambiente naturale. Tutt’altro! La coltivazione del cotone, infatti, ha bisogno di particolari cure, anche perché questa pianta, oltre che dall’uomo, è apprezzata anche dai parassiti, contro i quali viene usata una gran quantità di pesticidi. Per aumentare il raccolto, le coltivazioni vengono inoltre intensamente concimate. I concimi e i pesticidi, oltre ai parassiti, annientano altri organismi utili e inquinano la terra e le acque. L’inquinamento dell’acqua dolce si ripercuote a sua volta sui pesci dei fiumi e dei laghi ed infine sulla popolazione locale, le cui riserve di acqua potabile vengono compromesse sempre di più. Sempre più coltivatori, però, puntano sul cotone bio. In questo modo le famiglie ricevono un prezzo più elevato per il prodotto ed inquinano di meno.