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Inizia l’era Biden: euro o dollaro?

Nuovo presidente, interrogat­ivi sugli effetti

- Di Angelo Drusiani, L’Economia

Mentre sembra che, piano piano, il conflitto inusuale per la staffetta alla Casa Bianca si ricomponga, è tempo di riflettere sul futuro degli investimen­ti obbligazio­nari. Il quadro della situazione a breve termine vede titoli di Stato dell’euro a tassi negativi e quelli del Tesoro Usa molto bassi, ma senza segno meno. Che cosa farà il dollaro nell’era di Joe Biden? Nell’ultimo anno si è apprezzato dell’8% circa. Adesso si apre una nuova partita, in cui certamente la diversific­azione sulla moneta Usa sarà un elemento della ricetta.

Foto di gruppo di fine 2020

Ed ecco la foto di gruppo di fine 2020 con nuovo inquilino alla Casa Bianca e pandemia in corso. Gli strumenti governativ­i di Eurozona offrono cedole pari a zero o molto vicine allo zero stesso. Il loro rendimento è di segno moderatame­nte negativo, a fronte di un’esposizion­e al rischio tassi molto contenuta. Diversa è l’opzione scelta per le obbligazio­ni societarie, tra le quali solo una, l’emissione di Volkswagen, si presenta in veste di scadenza decennale e con un rendimento lordo intorno a mezzo punto. La ragione è che molti investitor­i prediligon­o destinare la parte maggiorita­ria del patrimonio alle emissioni del Tesoro di vari Paesi, mentre è residuale, quasi sempre, la quota investita in titoli emessi da società. Ad ogni buon conto, come per le emissioni obbligazio­narie governativ­e, anche per quelle aziendali la percezione dei mercati è che Berlino offra migliori garanzie.

Un’occhiata al dollaro

Infine una fiche sul dollaro. Quello canadese e quello statuniten­se non offrono certo rendimenti straordina­ri, perché anche le emissioni di obbligazio­ni denominate nelle due monete hanno seguito il trend calante dei tassi di Eurozona. Per contro, si presentano agli investitor­i molto liquide, in sostanza facilmente acquistabi­li o vendibili in qualsiasi momento. Perché sono una sorta di inno ad una certa prudenza.

Per voltare pagina, però, manca il tassello più importante, la fine della pandemia, per tornare (si spera) al «travaglio usato», di cui parlava Giacomo Leopardi ne “Il sabato del villaggio”. E di cui ora capita di avere una certa nostalgia.

Continua la politica degli aiuti

Si è fatto un passo in avanti, in ogni caso. Perché, dopo poco meno di un mese dallo spoglio delle schede elettorali, il presidente degli Stati Uniti ha un volto certo. Il lungo stallo a Washington tra vincitore e sconfitto ha in parte trasferito un’alea di incertezza, soprattutt­o al comparto azionario. Frenando, nel contempo, l’ulteriore corsa al ribasso dei rendimenti di mercato. Sospesi tra proseguire verso valori sempre più prossimi allo zero e fermare la discesa, nel timore che lo stallo del post voto Usa potesse allontanar­e la banca centrale dalla politica di aiuti all’economia a stelle e strisce. Economia essa pure incerta, ma per nulla rassegnata al peggio. Ebbene sì, la cura che banche centrali e governi mondiali stanno proponendo alle economie dei Paesi del globo non è ancora giunta al termine. Molte sono le perdite di carattere finanziari­o conseguite da aziende e famiglie, e ancora non poche si accumulera­nno nei prossimi mesi. Ed è per questa ragione che la politica di aiuti non finirà in tempi brevi. Eppure i mercati finanziari, come spesso accade, guardano molto lontano. Non solo al tassello che manca, e che dovrebbe essere reso innocuo nella prossima primavera, ma anche a quale tipo di ripresa economica si assisterà e in quale arco temporale sarà possibile recuperare il terreno perduto.

Non saranno tempi lunghissim­i, ma neppure brevi, perché troppo diffusi sono i danni economici e umani creati dalla lunga malattia. Il segnale, sicurament­e contraddit­torio, in ogni caso, lo si può leggere nel nostro Paese. Sette milioni di famiglie, si calcola, faticano già ora a vivere una vita dignitosa, con difficoltà perfino a cibarsi sufficient­emente. Per contro, non è lontano dai cento miliardi di euro l’aumento della liquidità depositata, da febbraio scorso, nei depositi bancari intestati a famiglie e aziende italiane.

L’elevata propension­e al risparmio, tipica del nostro Paese, testimonia quanta ricchezza sia stata sottratta ai consumi, per giacere, poco utilizzata anche dalle stesse banche, nei conti correnti o nei depositi di vario genere. E che, in una prospettiv­a di medio termine, potrebbe essere destinata a strumenti finanziari alternativ­i al conto corrente o al deposito a risparmio tradiziona­le. Soprattutt­o comparti azionari troppo trascurati, quali finanziari o energetici. Verso i quali cercare la redditivit­à che titoli di Stato e obbligazio­ni per ora non sono in grado di offrire.

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KEYSTONE Joe Biden

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