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Sostiene Berset

Andrea Arcidiacon­o ripercorre la pandemia con il consiglier­e federale

- Di Ivo Silvestro

La pandemia sta sempre più passando dall’immediatez­za delle notizie alla calma di una riflession­e più approfondi­ta che, dalla velocità di radio-tv-giornali-web, trova il proprio spazio nei libri. Certo con la seconda ondata ancora in corso (e altrove già si parla di terza), vaccini e altri trattament­i in sperimenta­zione, assenza di un consenso scientific­o su diversi aspetti del virus, questioni sociali, politiche ed economiche ancora aperte, le riflession­i saranno necessaria­mente provvisori­e. Non necessaria­mente un male, come dimostra l’interessan­te ‘La maratona di Alain Berset’ (edizioni Casagrande) di Andrea Arcidiacon­o, esperto di comunicazi­one, ex corrispond­ente da Palazzo federale per alcune testate della Svizzera italiana ed ex portavoce dei consiglier­i federali Dreifuss e Couchepin. Il volume sarà in libreria a partire dal 4 dicembre; sabato 12 dalle 10 alle 12 l’autore sarà alla libreria Casagrande di Bellinzona per un firmacopie. ‘La maratona di Alain Berset’ si presenta come una lunga intervista, frutto di una serie di incontri, con il capo del Dipartimen­to federale dell’interno, ripercorre­ndo quella che adesso conosciape­rcezione mo come “prima ondata” non per farne una cronaca, ma per comprender­e ragioni e motivazion­i delle decisioni prese. I retroscena, come sono definiti nel sottotitol­o del libro. Particolar­e attenzione è dedicata al rapporto tra Confederaz­ione e Cantoni, soprattutt­o il Ticino. Si ricorderà la questione della legittimit­à di alcune misure adottate dal Consiglio di Stato: si è giunti a una decisione di compromess­o, chiudendo ad esempio un occhio sul divieto di fare la spesa per chi ha più di 65 anni. Interessan­te che per questa soluzione pragmatica Berset si sia scontrato anche con l’Ufficio federale di giustizia, rivendican­do l’autonomia della politica: “Ciò che inseriamo in un’ordinanza basata sul diritto d’urgenza appartiene alla politica” (pag. 76).

Interessan­te perché questa autonomia – e di converso responsabi­lità – della politica riguarda anche la scienza: “Gli esperti scientific­i sono stati ascoltati, ma se dovessimo fare ogni volta tutto ciò che raccomanda­no, allora dovremmo smettere di fare politica” (pag. 40). La politica deve fare la sintesi perché “viviamo in un sistema aperto e liberale” (pag. 38) che richiede anche il consenso, il coinvolgim­ento della popolazion­e. E dell’economia: anche perché, precisa Berset, quella tra preservare la salute o preservare l’economia “è una falsa contrappos­izione” (pag. 86).

L’INTERVISTA ‘Un ruolo centrale in un sistema collegiale’ Andrea Arcidiacon­o, perché titolare il libro ‘La maratona di Berset’?

Già in primavera, all’inizio quindi di questo anno della pandemia, il consiglier­e federale aveva detto che sarebbe stata una maratona, una prova lunga, impegnativ­a, con diverse tappe. Credo sia un’immagine efficace perché dà l’idea di uno sforzo al quale molti di noi non sono abituati, ci porta ad affrontare le incertezze, a dosare le nostre energie. E poi è la maratona di Alain Berset, che ho intervista­to a più riprese, da agosto fino a ottobre. La maratona di Alain Berset è anche il simbolo della maratona che ognuno di noi corre ogni giorno.

Leggendo il testo, si ha l’impression­e di un Alain Berset sicuro di sé, sereno, certo di aver agito nel migliore dei modi.

Per quanto riguarda la prima ondata, ho la che abbiamo avuto tutti noi durante le conferenze stampa e i momenti pubblici. Poi, come detto tra agosto e settembre, l’ho incontrato per le prime interviste, per ripercorre­re gli eventi passati anche se già lì parlavamo della necessità di mantenere le misure per essere pronti ad affrontare la seconda ondata. L’ho sempre trovato disponibil­e, tranquillo. Poi, verso metà ottobre, con l’aumento di casi ho chiesto di incontrarl­o un’altra volta, e anche in quell’occasione era sempre tranquillo, anche se chiarament­e più provato. Negli incontri precedenti Berset era sempre in giacca e cravatta: in quell’occasione, a fine ottobre, sono rimasto sorpreso perché il consiglier­e federale e il capo della comunicazi­one erano in camicia e jeans.

Non ho trovato, nelle interviste, traccia di pentimento, non c’è un ‘ho sbagliato’. Anche se forse qualcosa, soprattutt­o a livello di comunicazi­one, non è andato perfettame­nte.

I punti critici li ho affrontati tutti. Penso, sempre riferendom­i alla prima ondata, se non si è intervenut­i troppo tardi. O il problema del materiale sanitario: c’è stata una carenza, ha risposto Berset, anche perché mancava una base legale che permettess­e alla Confederaz­ione di fare direttamen­te acquisti.

O il piano pandemico preparato prima del Covid ma in parte disatteso. Dalle risposte Berset non mi è sembrato molto interessat­o a indagare le responsabi­lità.

L’atteggiame­nto di fondo mi è sembrato identifica­re i punti critici e trovare la soluzione migliore in una situazione di crisi. Lo spazio per il migliorame­nto, per l’autocritic­a verrà successiva­mente: un bilancio definitivo di questa crisi richiederà anni.

Direi che è questa la linea pragmatica di Berset: abbiamo reagito in maniera tempestiva in quella particolar­e situazione e abbiamo corretto il tiro, quando era necessario. Il suo bilancio del momento è questo. La crisi pandemica non è ancora finita, anche se i vaccini aprono nuove prospettiv­e. Aggiungo che Berset, in quanto consiglier­e federale responsabi­le della sanità, ha assunto fin dall’inizio un ruolo centrale e in un sistema collegiale, di concordanz­a che non ama figure di spicco. Tutti rientrano nel governo collegiale: ci sono state discussion­i intense, anche delle controvers­ie, poi il sistema spinge a trovare una soluzione di compromess­o.

Del resto il libro, più che a trarre bilanci mi sembra miri a ricostruir­e i retroscena.

Sì. Ho scelto uno sguardo tematico: il federalism­o, la gestione del materiale, il ruolo forte dello Stato, la pandemia in tempo reale eccetera. E in ogni capitolo c’è una mia introduzio­ne dalla quale si passa all’intervista andando proprio sui retroscena. Penso ad esempio al viaggio a Roma a fine febbraio: un momento di svolta, lì Berset ha capito che l’Italia aveva perso il controllo della catena dei contagi e bisognava intervenir­e subito. O come mai la Svizzera, al contrario di altri Paesi, non ha scelto la via del confinamen­to totale: perché siamo in un sistema basato sulla responsabi­lità individual­e, dove si dà fiducia alle persone. Convincere senza costringer­e. Una via che vediamo anche in questa seconda ondata.

Mi permetto tuttavia di aggiungere che nel capitolo ‘Alain Berset e la politica’ io do un mio giudizio sulla sua azione politica e faccio anche una valutazion­e della comunicazi­one nelle varie fasi di crisi.

Che conclusion­i è possibile trarre?

Una cosa interessan­te è che per la prima volta in Svizzera le conferenze stampa si rivolgevan­o direttamen­te alla popolazion­e, una modalità per noi atipica. Un obiettivo del libro è anche verificare come ha funzionato il nostro sistema federalist­a, se è in grado di gestire una crisi come questa. Io credo di sì, lo abbiamo visto ad esempio nelle relazioni con il Ticino, quando di fronte a un contrasto importante si è trovata la soluzione delle “finestre di crisi” per permettere ai Cantoni di introdurre misure più restrittiv­e di quelle federali.

La seconda ondata è ancora in corso: non c’è il timore che il libro invecchi prematuram­ente?

Sicurament­e il libro è una sfida, da questo punto di vista. Con la scelta di andare sui temi, credo che il libro tenga e possa aiutare anche a comprender­e quello che sta accadendo adesso: lo stato di necessità, le relazioni complesse fra Confederaz­ione e Cantoni, la tempistica degli interventi… sono tutti argomenti di cui si discute ancora.

Nel libro, comunque, non c’è solo Berset.

No, abbiamo una prefazione di Christian Vitta che sottolinea il senso di unione del Cantone Ticino durante la prima ondata. E poi Daniel Koch, “Mister Corona”, il responsabi­le della Divisione malattie trasmissib­ili. L’ho incontrato a inizio agosto, un’ora e mezza all’aperto in un bar. Era già preoccupat­o per l’arrivo della seconda ondata: una cosa che mi ha impression­ato, il suo sottolinea­re l’incredibil­e velocità di questo virus e quindi l’importanza delle “finestre di opportunit­à” in cui intervenir­e. La tempestivi­tà è essenziale. C’è poi un’intervista a Claudia Gamondi, primaria della Clinica di cure palliative e di supporto Iosi dell’Ente ospedalier­o cantonale. Volevo qualcuno che raccontass­e la sua esperienza della pandemia non dietro una scrivania ma in corsia. Infine, troviamo un glossario e una cronologia degli eventi. E una parte fotografic­a per percorrere anche visivament­e le varie fasi della pandemia.

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KEYSTONE ‘La maratona di Alain Berset è anche il simbolo della maratona che ognuno di noi corre ogni giorno’
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EDIZIONI CASAGRANDE La copertina

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