Riciclaggio plastiche, obiettivo 4 volte tanto
Obiettivo: portare a 600 le odierne 160 tonnellate/anno. Estesa a tutto il 2021 la fase test.
Il Municipio ha deciso di estendere a tutto il 2021 la fase test avviata nel 2019. La media annua ora è di 160 tonnellate; l’obiettivo in futuro è arrivare a 600, ossia 10-14 chili pro capite.
Bellinzona nella raccolta separata della plastica è a metà del cammino e a un quarto dal suo potenziale. A metà perché il Municipio ha deciso di proseguire, estendendola a tutto il 2021, la fase test avviata nel marzo 2019 con una durata inizialmente ipotizzata di uno o due anni, che alla fine diventeranno quasi tre. A un quarto del potenziale perché i dati indicano un quantitativo annuo raccolto pari a 160 tonnellate, quando lo studio di fattibilità della società Eco Control indica per la Turrita aggregata un potenziale di 600 tonnellate annue. L’estensione al 2021 – rileva il municipale Christian Paglia, capodicastero Ambiente – deriva da tre fattori. Primo, i dati sono un po’ falsati da un inizio col botto, quando cioè nella primavera 2019 la novità è stata recepita molto positivamente coinvolgendo una percentuale di bellinzonesi superiore rispetto a talune località d’Oltralpe attivatesi in precedenza; un inizio materializzatosi con la vendita di 105mila sacchi soltanto da marzo a novembre 2019 (nove mesi), mentre la quantità annua poi registrata si è assestata sulle 55mila unità. Secondo fattore da considerare: la prima ondata pandemica quando l’utenza era stata invitata a gettare la plastica nel sacco ufficiale verde per i rifiuti solidi urbani, così da evitare il sovraccarico nei quattro centri di raccolta coinvolti. Terzo fattore, lo studio accompagnatorio avviato dal Dipartimento del territorio che oltre a sostenere la fase test di Bellinzona sta approfondendo l’ipotesi di realizzare in Ticino una centrale di raccolta e smistamento.
Ideale: più riciclaggio e meno imballaggi Nel frattempo la Città proseguirà la raccolta dati utili a valutare l’evolvere del progetto mantenendo invariato numero e dislocazione delle piazze (Carasso, Claro, Giubiasco e Sementina) poiché un loro potenziamento e/o spostamento rischierebbe di falsare le statistiche. Di sicuro – annota Paglia – emerge da una parte un’utenza sempre più sensibile sul tema, considerando che a monte vi è il problema mondiale della microplastiche. Dall’altra, l’autorità cittadina confida che il progetto generi una sensibilizzazione ad ampio raggio negli acquisti, laddove produttori di alimenti, negozianti e consumatori possono giocare un ruolo nelle rispettive scelte. Lo scenario ideale sarebbe quindi una crescita del riciclaggio e una riduzione degli imballaggi plastici. Dal profilo statistico, elenca Christian Paglia, risulta che a fronte del numero di sacchi venduto e della quantità di plastica raccolta, abbia aderito al progetto il 53% delle economie domestiche della nuova Bellinzona. Dopo il primo picco di vendite, attualmente si assestano attorno ai 4-5mila sacchi mensili, pari a circa 55mila annui. Le attuali 160 tonnellate medie all’anno corrispondono a 3,65 kg/anno per abitante. «È un buon punto di partenza – annota il municipale – che confidiamo possa migliorare col passare del tempo raggiungendo 10-14 kg a testa, pari a un potenziale realistico di 600 tonnellate annue. Restando coi piedi per terra, si può ritenere che raddoppiare il quantitativo sarebbe già un buon risultato».
Ma il santo vale la candela? Guardando il proprio sacco pieno di plastiche pronte a subire il processo di trasformazione, si è tentati a credere che il contributo per l’ambiente sia elevato. Un dato rischia tuttavia di smorzare l’entusiasmo: «È stato calcolato – evidenzia Paglia – che il beneficio ecologico dato dal riciclare le plastiche rappresenti lo 0,01% dell’impatto totale generato da una persona sull’ambiente. Persona il cui carico ecologico annuo totale ammonta a 20,7 milioni di unità, mentre le 160 tonnellate di plastica raccolte a Bellinzona rappresentano 2’000 unità a testa». Ma allora il santo vale la candela? «Sapevamo dall’inizio – risponde Paglia – che separare la plastica non comporta un beneficio ecologico stratosferico, ma comunque c’è e, ribadisco, va a rafforzare anche la consapevolezza verso un problema mondiale». E se lo 0,01% è una cifra ridicola, lo è meno il calcolo riferito all’equivalente quantitativo di CO2 non immesso nell’aria indirizzando le plastiche verso una seconda vita: un quantitativo di anidride carbonica che per le 160 tonnellate corrisponde a 64’500 litri d’olio combustibile non bruciato, pari al consumo annuo di 15 abitazioni. Trasferire il trasporto dalla gomma (camion) alla rotaia (treno) permetterebbe inoltre un’ulteriore riduzione di CO2 pari al 2%.
Il viaggio Oltralpe e in Austria
Lo studio in corso indica che il tasso di riciclaggio si assesta attorno al 60%. Il 40% non riciclabile viene bruciato per il 98% nei cementifici affamati di combustibile ad alto potenziale calorico e per il 2% in termovalorizzatori per rifiuti solidi urbani. Il tragitto compiuto dai container gestiti dalla Recupero
Materiali Sa di Bironico prevede una prima tappa alla turgoviese Inno Recycling di Aeschlikon che effettua una prima scernita del contenuto di sacchi. La fase successiva, a un’ora di strada, è affidata all’austriaca Loaker di Lustenau che separa quanto riciclabile da quanto non lo è, inviando così le varie tipologie alle rispettive destinazioni. Il 60% riciclabile torna ad Aeschlikon – un viaggio di andata e ritorno necessario mancando un analogo impianto su suolo elvetico – dove la ditta Innoplastick, del gruppo Inno Recycling, pulisce e trasforma la plastica in rigranulati di polietilene e polipropilene. Rigranulati poi rivenduti come materia prima in Svizzera, Italia, Francia, Germania e Austria per la produzione soprattutto di tubazioni per l’edilizia, nonché una parte esportata in altri paesi Ue e asiatici con destinazione sconosciuta.
La Germania peggio della Turrita Anche la Germania indirizza a Lustenau i propri sacchi, ma rispetto a Bellinzona contengono più rifiuti non riciclabili. Motivo: al consumatore tedesco il sacco per la plastica costa meno di quello per i rifiuti solidi urbani, i quali spesso e volentieri finiscono per prendere la via finanziariamente meno dispendiosa. Per contro a Bellinzona il sacco per la plastica di 60 litri ha lo stesso prezzo d’acquisto (2 franchi e 15 centesimi) di quello per gli Rsu con analoga capienza. Il sacco per la plastica fornito dalla Recupero Materiali ha in realtà un costo di 2.50: la differenza di 35 centesimi viene coperta dalla Città, mentre i rivenditori (edicole, farmacia, negozi ecc.) versano alla Città 2.40 trattenendo 10 centesimi a sacco. Considerando i 55mila sacchi annui venduti, risulta una spesa a carico della Città di circa 20’000 franchi annui. Causando la ridotta vendita di sacchi verdi per Rsu una minor entrata di 70’000 franchi/anno nelle casse comunali, l’onere annuo ammonta infine a 90’000 franchi.
Punti positivi e negativi
Fra i punti positivi, conclude Christian Paglia, vi è che la soluzione testata «accresce la consapevolezza generale e sensibilizza anche i produttori degli imballaggi e i commerci, che in taluni casi stanno rivedendo le politiche in materia». Diversi i punti migliorabili: il non ancora ottimale sistema di cernita e riciclaggio, il costo a carico della città, la variabilità dei prezzi sul mercato delle plastiche che sfavorisce i prodotti riciclati, l’incertezza sulla destinazione Ue e Asia del rigranulato. Fra le opportunità: il potenziale di raccolta non ancora raggiunto, l’ottimizzazione del sistema di trasporto e l’ipotesi, al vaglio del Cantone, di realizzare un impianto ticinese di prima separazione.