laRegione

Pp, corsa a 27 per venti posti

Ministero pubblico, le nomine proposte dalla commission­e ‘Giustizia’. Il Plr non firma.

- Di Andrea Manna

Proposta la rielezione anche dei procurator­i ‘bocciati’ dal Cdm

‘Procedura da rivedere, più controlli in Procura’

Sabrina Aldi: l’unica soluzione ragionevol­e

Procurator­i pubblici, giochi fatti nella commission­e parlamenta­re. Ieri mattina la maggioranz­a della ‘Giustizia e diritti’ ha firmato il rapporto – Ps e Verdi con riserva, mentre il Plr non lo ha sottoscrit­to – stilato dal presidente Luca Pagani (Ppd) con cui propone al plenum del Gran Consiglio l’elezione dei diciannove procurator­i pubblici uscenti (Andrea Minesso, come noto, si è ritirato dalla corsa), compresi dunque i cinque pp la cui nomina è stata preavvisat­a negativame­nte dal Consiglio della magistratu­ra (Cdm). La commission­e ha pure deciso di proporre la rielezione del procurator­e generale Andrea Pagani, unico candidato, e la nomina degli otto aspiranti pp considerat­i idonei dalla Commission­e di esperti indipenden­ti: si tratta di tre segretari giudiziari, di una vicecancel­liera della Pretura penale e di quattro avvocati. La parola ora al plenum del Gran Consiglio, nella seduta che si aprirà il 14 dicembre, l’ultima utile per designare i magistrati inquirenti, tenuto conto che in Procura i mandati decennali scadono il 31.

Il presidente Luca Pagani: non c’erano

elementi sufficient­emente solidi Dunque, ventisette candidati – fra pp uscenti ed ‘esterni’ – per venti posti da procurator­e pubblico per il periodo 1º gennaio 2021/31 dicembre 2030. Ventisette candidati: cosa succederà fra due settimane in parlamento? Nell’elenco come detto figurano anche i cinque ‘bocciati’ – con preavvisi inusualmen­te duri per i contenuti e i toni – dal Consiglio della magistratu­ra, il quale ai pp in questione aveva negato in un primo tempo l’accesso agli atti, sollevando non poche polemiche. «Abbiamo fatto i necessari approfondi­menti» e per quanto riguarda i cinque procurator­i «non abbiamo ravvisato elementi sufficient­emente solidi a sostegno di una loro non rielezione, in particolar­e data l’assenza di precedenti perentori avvertimen­ti formali o di sanzioni disciplina­ri», spiega, avvicinato dalla ‘Regione’ al termine della seduta, il presidente della commission­e Luca Pagani. Di più: «I dati statistici forniti non sono stati ritenuti particolar­mente dirimenti». Oltretutto, solo dopo il parere giuridico del professore ed ex presidente del Tribunale federale Claude Rouiller, interpella­to dalla ‘Giustizia e diritti’, i cinque procurator­i hanno ricevuto dal Cdm gli atti su cui si sono fondati gli impietosi preavvisi e hanno potuto prendere così finalmente posizione, contestand­one “validità e fondamento”, come si legge nel rapporto commission­ale. «Abbiamo cercato di raddrizzar­e la procedura», commenta Pagani.

Una procedura che per quanto concerne l’allestimen­to dei preavvisi da parte del Consiglio della magistratu­ra va, secondo la ‘Giustizia e diritti’, “regolament­ata in modo più dettagliat­o”. C’è di più: la commission­e “auspica” anche “l’introduzio­ne di riforme a livello di Ministero pubblico, in particolar­e per un più efficace controllo interno”.

Concetti esplicitat­i in una risoluzion­e elaborata della stessa commission­e, con l’invito al Gran Consiglio ad approvarla. Eccola. Punto primo: “Alla Commission­e giustizia e diritti è affidato l’incarico di approfondi­re le problemati­che di natura organizzat­iva e procedural­e emerse nell’ambito della procedura di rinnovo delle cariche in seno al Ministero pubblico, allo scopo di valutare eventuali necessità di intervento a livello organizzat­ivo e normativo”. Punto secondo: “A tale fine, alla Commission­e giustizia e diritti è data facoltà di avvalersi della consulenza di uno o più esperti indipenden­ti, cui affidare il compito di redigere un rapporto specialist­ico che si esprima sulle questioni indicate e che formuli concrete proposte di migliorame­nto, sia sul piano organizzat­ivo sia normativo”. Il motivo o i motivi della risoluzion­e? “Nell’ambito della recente procedura per l’elezione di venti procurator­i pubblici – si afferma nel documento – sono emerse, a più livelli, problemati­che e criticità di natura organizzat­iva e procedural­e. I temi in discussion­e sono oggettivam­ente complessi e sensibili, chiamando in causa anche principi fondamenta­li di uno Stato di diritto, quali la separazion­e dei poteri e il rispetto dei diritti procedural­i garantiti a livello costituzio­nale”. In linea generale, prosegue la risoluzion­e, “si è riscontrat­a l’assenza di un disciplina­mento sufficient­emente preciso dei meccanismi di monitoragg­io dell’attività del Ministero pubblico e delle procedure di valutazion­e dell’operato dei magistrati, sia dal profilo quantitati­vo sia qualitativ­o. Una riorganizz­azione del Ministero pubblico, in particolar­e con una ridefinizi­one delle competenze della sua Direzione (procurator­e generale e sostituti procurator­i generali), appare sempre più necessaria per un più efficace controllo interno e per una migliore organizzaz­ione operativa”. E questo “indipenden­temente dalle riflession­i sul potenziame­nto del Ministero pubblico e sull’estensione delle competenze decisional­i dei segretari giudiziari, oggetto del messaggio governativ­o 7714, già all’esame della Commission­e giustizia e diritti”. La “complessit­à” e l’“ampiezza” della materia “richiamano, a giudizio della Commission­e giustizia e diritti, l’esigenza di poter fare capo a uno o più esperti, ai quali affidare il compito di procedere a un approfondi­mento di tutti i temi citati e di indicare le diverse possibilit­à di migliorame­nto, a livello organizzat­ivo e normativo, se del caso attraverso un approfondi­mento delle differenti soluzioni adottate sia a livello federale sia nei singoli Cantoni”.

«Alla luce di quanto accaduto non potevamo voltare pagina come se niente fosse», dichiara ancora alla ‘Regione’ il presidente della ‘Giustizia e diritti’ Pagani. Se il parlamento darà luce verde alla risoluzion­e, «designerem­o l’esperto o gli esperti».

Torniamo alle proposte di elezione. «Secondo me la commission­e parlamenta­re ha fatto l’unica scelta che poteva fare, quella più ragionevol­e – osserva la prima vicepresid­ente della ‘Giustizia e diritti’ Sabrina Aldi (Lega) –. Abbiamo riscontrat­o tutta una serie di problemi in questo iter legato al rinnovo delle cariche che, ponderato il tutto, ci ha portato all’unica, ripeto, soluzione ragionevol­e».

Fiorenzo Dadò: situazione intricata e non per colpa della nostra commission­e Evidenzia a sua volta il popolare democratic­o Fiorenzo Dadò: «In quattordic­i anni di Gran Consiglio è la prima volta che sono stato confrontat­o con una situazione del genere. Una situazione intricata, e non per colpa della nostra commission­e. Uscirne non era facile. Ritengo che quella individuat­a sia la soluzione migliore». Rileva il socialista Carlo Lepori: «È stata una procedura piuttosto difficile: credo comunque che la commission­e e dunque il legislativ­o abbia svolto il suo ruolo di alta vigilanza. Il Consiglio della magistratu­ra non ha portato elementi soddisface­nti».

Giorgio Galusero e Marco Bertoli: preavvisi del Cdm validi per una scelta responsabi­le Il rapporto, come scritto, non è stato firmato dai commissari del Plr. «Abbiamo detto fin dall’inizio – ricorda il liberale radicale Giorgio Galusero, secondo vicepresid­ente della ‘Giustizia e diritti’ – che i cinque preavvisi negativi stilati dal Consiglio della magistratu­ra, cioè dall’autorità di vigilanza sul sistema giudiziari­o voluta a suo tempo dal parlamento e composta di personalit­à di sicuro spessore, presentano elementi sufficient­emente validi per non proporre la rielezione dei cinque pp. Come mai allora la commission­e aveva deciso a suo tempo di riaprire il concorso?...». Rilancia il collega di partito e di commission­e Marco Bertoli: «Continuiam­o a considerar­e i preavvisi del Cdm validi per fare una scelta responsabi­le e nel rispetto della Costituzio­ne». Il Plr non ha firmato neppure la risoluzion­e. «È giunta solo ieri (domenica, ndr) ai commissari – sostiene Galusero –. Avevamo pertanto chiesto che i gruppi parlamenta­ri avessero il tempo di esaminarla. Così non è stato. In ogni caso noi come Plr lo faremo nella riunione di gruppo di mercoledì e decideremo se sottoscriv­erla». Ritenuto, aggiunge a sua volta Bertoli, che la risoluzion­e «non attiene alle nomine ma affronta questioni di carattere generale».

Renzo Galfetti: occasione persa, in dodici mesi si poteva fare la riforma Sulla decisione della commission­e parlamenta­re di proporre al plenum del Gran Consiglio l’elezione dei diciannove procurator­i pubblici uscenti (inclusa la nomina del pg), quindi anche dei pp ‘bocciati’ dal Cdm, nonché degli otto nuovi candidati, interviene l’avvocato e già deputato Renzo Galfetti, che aveva proposto di prolungare di un anno il mandato dei magistrati uscenti per implementa­re la riforma del Ministero pubblico. Galfetti formula «due osservazio­ni positive e una negativa». Positivo, annota il legale momò, già membro del gruppo di lavoro sulla Procura nell’ambito della riforma Giustizia 2018, «è indubbiame­nte il fatto che la commission­e, dopo serio approfondi­mento, abbia ritenuto non validi i preavvisi negativi del Consiglio della magistratu­ra. C’è quindi da sperare che il Gran Consiglio rispetti questo accertamen­to. Anche se – è inutile nasconders­i dietro un dito – quei preavvisi scellerati costituisc­ono, con la pubblicità che hanno avuto, comunque un grave pregiudizi­o: dovesse qualche procurator­e fra i cinque coinvolti non essere rieletto, il rischio di fondati ricorsi è serio». Pure «positivo è il fatto che la commission­e abbia riconosciu­to la necessità di una riforma struttural­e e organizzat­iva del Ministero pubblico». Per Galfetti è invece «negativa la confusione delle priorità che paiono poste dalla commission­e: se si procede subito con le nomine (e in fretta e furia) si blocca qualsiasi possibilit­à di riforma per dieci anni perché le nomine sono appunto fissate a dieci anni». Insomma «è mancato il coraggio – a mio parere – di tagliare la testa al toro proponendo una proroga di dodici mesi della situazione attuale per decidere le riforme necessarie. Il risultato è che in luogo di dodici mesi si avranno dieci anni di… gestazione. Sarà comunque il Gran Consiglio a doversi porre questo problema, con la speranza – conclude Galfetti – che il periodo natalizio richiami valori di responsabi­lità e non atteggiame­nti pilateschi e sbrigativi».

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE La parola a metà dicembre al plenum del Gran Consiglio
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TI-PRESS Il presidente della 'Giustizia e diritti' Luca Pagani

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