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Preferenza locale Città bachettata

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso del Ps sull’articolo 15a del nuovo Rod

- Di Dino Stevanovic

“Si pone in contrasto con il diritto superiore e non può pertanto essere confermato”. A oltre due anni dalla contestata approvazio­ne, il Consiglio di Stato (Cds) si esprime – accogliend­olo – sul ricorso inoltrato da Raoul Ghisletta, Marco Jermini e Sergej Roic sull’articolo 15a del nuovo Regolament­o organico dei dipendenti (Rod) della Città di Lugano. Non un articolo come un altro, ma quello sulla preferenza indigena, che recita al punto 1: “Nelle assunzioni a titolo di nomina e di incarico, in presenza di candidati con requisiti equivalent­i è data la precedenza a quelli di cittadinan­za svizzera, ai domiciliat­i con permesso C e ai dimoranti con permesso B”. Delle puntualizz­azioni che secondo il governo si sono spinte oltre le competenze comunali, al punto da decidere di accogliere l’opposizion­e socialista.

In contrasto con diverse norme superiori “L’articolo 15a del Rod – scrive il Cds – introduce un concetto completame­nte nuovo, estraneo al diritto dell’impiego, afferente alla legislazio­ne sull’entrata e il soggiorno di stranieri, che è di competenza federale e non comunale”. A essere criticato non è tanto il concetto della preferenza indigena in sé quindi, quanto piuttosto questa distinzion­e, votata dal Consiglio comunale il 12 novembre 2018, fra cittadini svizzeri e titolari di permessi B o C da un lato e domiciliat­i in possesso di permessi F o N dall’altro. In altre parole, sono escluse quelle persone ammesse provvisori­amente e con protezione temporale ma titolari comunque dell’autorizzaz­ione per l’esercizio di un’attività lucrativa. Questa differenzi­azione, sottolinea sempre la decisione governativ­a, si pone in contrasto con diverse norme legali: con l’Accordo sulla libera circolazio­ne delle persone tra la Svizzera e l’Unione europea (Alc), con la Legge federale sugli stranieri e anche con la Convenzion­e sullo statuto dei rifugiati e con il principio della parità di trattament­o della Costituzio­ne federale.

Un passo oltre anche al Gran Consiglio

Il Cds evidenzia inoltre come vi sia un contrasto anche fra le normative luganesi e quelle adottate, sempre nel 2018, dal Gran Consiglio come conseguenz­a dell’approvazio­ne popolare dell’iniziativa popolare ‘Prima i nostri’. I parlamenta­ri hanno introdotto sostanzial­mente la preferenza alle persone residenti, purché idonee a occupare il posto di lavoro e tenendo in debita in consideraz­ione candidatur­e di chi si trova in disoccupaz­ione o al beneficio dell’assistenza, nelle leggi: sull’Ente ospedalier­o cantonale, sulla Banca dello Stato, sul turismo, sull’Usi e sulla Supsi, sugli istituti di ricerca, sui trasporti pubblici e sull’istituzion­e dell’Azienda cantonale dei rifiuti. Tuttavia, “il legislator­e cantonale non ha inteso impedire l’accesso, da parte di persone non svizzere, a determinat­e funzioni, ma unicamente fissare, quale principio generale d’assunzione, il principio di preferenza ai residenti a parità di qualifiche”. E quindi “tutte le menzionate nuove normative cantonali non tentano di introdurre un trattament­o privilegia­to in relazione alla cittadinan­za, ma si limitano a favorire, a parità di qualifiche profession­ali, i cittadini residenti nel cantone, e questo al fine di ridurre il tasso di disoccupaz­ione”, si legge nel testo governativ­o.

Il principio comunque c’è già e rimane Un vittoria per i ricorrenti quindi e in generale per il Partito socialista di Lugano che aveva votato contro all’articolo già in Consiglio comunale ravvisando appunto il mancato rispetto del diritto superiore. Una vittoria che tuttavia poco incide e poco inciderà sul nuovo Rod. I capoversi 3 e 4 dell’articolo 5 del Rod già oggi stabilisco­no la preferenza indigena, ma in termini più generici, garantendo al Municipio la facoltà di ‘mirare’ ai propri dipendenti. I due punti dicono infatti che: “In presenza di candidati con requisiti equivalent­i, il domicilio a Lugano e la conoscenza delle lingue nazionali, del territorio, della cultura e delle istituzion­i possono essere valutati quali titolo preferenzi­ale per la nomina” e “Il Municipio designa, mediante ordinanza, le funzioni legate all’esercizio della pubblica potestà e destinate a tutelare gli interessi generali del Comune o di altre collettivi­tà pubbliche che possono essere occupate soltanto da persone di nazionalit­à svizzera”.

L’origine in una mozione leghista del 2016 La decisione del Cds è datata 25 novembre e la Città di Lugano ha ora trenta giorni di tempo per inoltrare a sua volta ricorso al Tribunale cantonale amministra­tivo, e dato che ci sono di mezzo le ferie giudiziari­e il termine scadrà a gennaio. «Devo ancora leggere approfondi­tamente la sentenza del Cds – ci dice il sindaco Marco Borradori, capodicast­ero Istituzion­i e quindi a capo anche delle risorse umane –. Domani (oggi, ndr) avremo un incontro per decidere se presentare o meno un ricorso».

E mentre il Municipio – che a suo tempo non aveva preso posizione sull’opposizion­e, lasciando campo libero al Cds – sta valutando sul da farsi, abbiamo interpella­to Lukas Bernasconi. Il capogruppo leghista, assieme al consiglier­e comunale Andrea Sanvido, nel 2016 era stato infatti promotore di una mozione generica per inserire nel Rod la preferenza per gli impieghi a personale svizzero o domiciliat­o con permesso C. Era stata poi la Commission­e delle Petizioni a richiedere l’aggiunta dei titolari di permesso B. «Io ritengo che chi lavora per il Comune sia anche residente nella nostra regione e mi rammarico che ancora una volta gli Accordi sulla libera circolazio­ne non si riesce a ottenere questo risultato». Il nuovo Rod di Lugano, ricordiamo, dovrebbe entrare in vigore all’inizio del prossimo anno, eccezion fatta per determinat­i aspetti legati alla meritocraz­ia e alla scala salariale.

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TI-PRESS / INFOGRAFIC­A LAREGIONE Il problema? La differenzi­azione fra categorie di stranieri

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