Incendiò l’auto del medico che lo aveva operato
Condannato un 58enne locarnese
Aveva agito nel cuore della notte con una tanica di benzina e un accendino alla mano. Obiettivo l’auto del medico, neurochirurgo, residente nel Luganese, con cui aveva in corso una causa penale, causando un danno di oltre 75mila franchi. A processo alle Assise correzionali di Lugano, presiedute dal giudice Marco Villa, per fatti risalenti a più di cinque anni e mezzo fa, un 58enne ticinese, residente nel Locarnese. L’uomo è stato condannato per incendio intenzionale a 14 mesi per un periodo di prova di due anni (12 come pena base). L’imputato, incensurato e al beneficio dell’Assicurazione invalidità, ha sempre contestato la sua presenza al domicilio del dottore che lo aveva operato alla schiena, intervento, secondo lui, non riuscito e dal quale aveva diversamente riportato lesioni che lo hanno costretto a una cura farmacologica continua. Quegli stessi medicamenti che stava assumendo anche durante l’interrogatorio e che gli avrebbero tolto la necessaria lucidità tanto da chiedere, in mattinata all’apertura del processo, il rinvio del dibattimento e lo stralcio dei verbali; richieste respinte entrambe dalla Corte.
Colpevole, invece, l’uomo per la procuratrice Marisa Alfier che nella sua requisitoria, aveva chiesto 18 mesi di carcere sospesi con la condizionale per un periodo di prova di tre anni e riportato i diversi messaggi via telefonino che il 58enne aveva inviato “con astio” al medico, accusandolo di averlo reso invalido. Dello stesso tenore l’avvocato dell’accusatore privato, Yves Flückiger, che ha messo in evidenza come «per puro caso si abbiano avuti solo danni materiali». Evidenziate anche la prova del Dna e le tracce dell’uomo sul luogo dell’incendio: «Come è possibile la migrazione del materiale genetico senza il coinvolgimento dell’imputato?». Un ‘animus’ dunque vendicativo? Peraltro presente fra le righe di quanto pubblicava, quale denuncia, continuamente online? Oppure un’estraneità dai fatti e la presenza di una terza persona che gli voleva male? Un processo quindi indiziario, come esordito dalla difesa sostenuta dall’avvocato Francesca Nicora «che prima di condannare chiede di avere una certezza granitica». Così la difesa ha cercato di scardinare le ipotesi dell’accusa riportando la mancanza di prove e chiedendo, ‘in dubio pro reo’, il proscioglimento. Non di questo avviso il giudice che ha accolto l’atto d’accusa, prosciogliendolo però dal secondo capo che lo voleva protagonista di un tamponamento a catena sull’autostrada fra Sigirino e Taverne.