laRegione

Gli anziani e la legge

- Di Arnaldo Alberti

Dobbiamo aspettarci un inverno gelido. Non tanto in rapporto alla temperatur­a della stagione, ma come metafora del degrado dei rapporti umani, per la mancanza di sensibilit­à e di empatia, in particolar­e per chi soffre patologie e disfunzion­i conseguent­i all’età avanzata. I segnali ci vengono non tanto dalle persone sprovvedut­e e semplici ma da chi detiene il potere e occupa posizioni di prestigio nella gestione del paese. Mi limito ad analizzare, nel limite delle mie competenze e conoscenze che si giustifica­no con un’attività di trentatré anni alla direzione di un Ufficio tutelare (oggi autorità di protezione) della mia città, un recente caso che ha coinvolto un anziano. Quello della protezione è un settore del Codice civile che, dopo svariate riforme negli ultimi decenni, è ancora in corso di revisione. Tuttavia anche l’attuale progetto di legge non promette molto, non tanto per le premesse e per la lettera del nuovo testo, ma per lo spirito che la norma dovrebbe esprimere ed essere compreso universalm­ente, ai fini di cambiare l’anima e il costume della gente. Preoccupan­te a questo proposito è l’alto numero di avvocati che ogni anno escono dalle università e la cui presenza nel Ticino, già nel XIX secolo, ha inquietato persino il buon Franscini. Tuttavia, a mio parere, questo fatto non ha elevato la qualità della gestione della cosa pubblica. Anzi, proprio in questi ultimi tempi abbiamo avuto esempi sconcertan­ti di disfunzion­i proprio nella gestione del penale cantonale. Ciò sta a dimostrare quale spirito e quale etica orientano i nostri governanti nella gestione e nel controllo, in particolar­e del settore penale e del diritto che regola la capacità civile e l’assistenza dovuta a chi, come gli anziani debilitati, dovrebbe avere. Un esempio sconvolgen­te di questi giorni è stato il trattament­o riservato a un ecclesiast­ico e accademico ottantenne che si è trovato ammanettat­o e assegnato per il giudizio a una procuratri­ce pubblica. Sulla base delle premesse e delle sommarie testimonia­nze raccolte dalla stampa, a mio parere il caso non dovrebbe riguardare la polizia e le autorità penali ma il diritto civile, eufemistic­amente chiamato di protezione. Mi ricordo, quando operavo a Locarno nel servizio tutelare, quanti appartamen­ti in stato di abbandono ho visto e quanti anziani, impauriti e disorienta­ti perché fragili, ho dovuto assistere. Ho sempre provveduto al loro collocamen­to in strutture adeguate, come a quel tempo era costume senza l’intervento della polizia e senza criminaliz­zare la persona debilitata con la segnalazio­ne all’autorità penale. Perciò mi chiedo come mai, viste le premesse, la polizia e l’autorità penale hanno contribuit­o a destabiliz­zare, con l’aiuto dei media, un povero anziano per il quale sarebbe bastato, ai fini di far fronte a una situazione di emergenza, l’intervento di un assistente sociale, coadiuvato da agenti di polizia per i quali, come ai miei tempi era stato predispost­o, sempre interveniv­ano in abiti civili invece che con l’uniforme e con vetture senza le sirene e le insegne intimidato­rie. E ciò per due semplici ragioni: la prima era quella di non spaventare l’anziano (o il bambino quando si trattava di minori) e la seconda era per salvaguard­are l’integrità della persona nei confronti di terzi, testimoni occasional­i dell’intervento coercitivo. E uguali osservazio­ni critiche vanno all’istituzion­e della Chiesa e a eventuali inadempien­ze dell’attuale Vescovo, con tutta probabilit­à a conoscenza della situazione di degrado in cui la persona implicata si trovava. Premetto che la solitudine dei preti, sopportata già a fatica da sacerdoti giovani, per gli anziani, nel tempo delle chiese semivuote, è qualcosa di raggelante. Inoltre quando una persona, indipenden­temente se laica o clericale, grazie alla sua intelligen­za e al suo talento, raggiunge livelli gerarchici alti, spesso si manifesta il fenomeno di isolarla e di lasciarla sola. Tuttavia ciò non libera una comunità di alto prestigio accademico, né l’istituzion­e della Chiesa alla quale il professore in questione appartiene, dal dovere di protezione e assistenza previsto dal nostro diritto e di un’adeguata solidariet­à umana e collegiale per un anziano che ne ha evidenteme­nte bisogno.

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