Gli anziani e la legge
Dobbiamo aspettarci un inverno gelido. Non tanto in rapporto alla temperatura della stagione, ma come metafora del degrado dei rapporti umani, per la mancanza di sensibilità e di empatia, in particolare per chi soffre patologie e disfunzioni conseguenti all’età avanzata. I segnali ci vengono non tanto dalle persone sprovvedute e semplici ma da chi detiene il potere e occupa posizioni di prestigio nella gestione del paese. Mi limito ad analizzare, nel limite delle mie competenze e conoscenze che si giustificano con un’attività di trentatré anni alla direzione di un Ufficio tutelare (oggi autorità di protezione) della mia città, un recente caso che ha coinvolto un anziano. Quello della protezione è un settore del Codice civile che, dopo svariate riforme negli ultimi decenni, è ancora in corso di revisione. Tuttavia anche l’attuale progetto di legge non promette molto, non tanto per le premesse e per la lettera del nuovo testo, ma per lo spirito che la norma dovrebbe esprimere ed essere compreso universalmente, ai fini di cambiare l’anima e il costume della gente. Preoccupante a questo proposito è l’alto numero di avvocati che ogni anno escono dalle università e la cui presenza nel Ticino, già nel XIX secolo, ha inquietato persino il buon Franscini. Tuttavia, a mio parere, questo fatto non ha elevato la qualità della gestione della cosa pubblica. Anzi, proprio in questi ultimi tempi abbiamo avuto esempi sconcertanti di disfunzioni proprio nella gestione del penale cantonale. Ciò sta a dimostrare quale spirito e quale etica orientano i nostri governanti nella gestione e nel controllo, in particolare del settore penale e del diritto che regola la capacità civile e l’assistenza dovuta a chi, come gli anziani debilitati, dovrebbe avere. Un esempio sconvolgente di questi giorni è stato il trattamento riservato a un ecclesiastico e accademico ottantenne che si è trovato ammanettato e assegnato per il giudizio a una procuratrice pubblica. Sulla base delle premesse e delle sommarie testimonianze raccolte dalla stampa, a mio parere il caso non dovrebbe riguardare la polizia e le autorità penali ma il diritto civile, eufemisticamente chiamato di protezione. Mi ricordo, quando operavo a Locarno nel servizio tutelare, quanti appartamenti in stato di abbandono ho visto e quanti anziani, impauriti e disorientati perché fragili, ho dovuto assistere. Ho sempre provveduto al loro collocamento in strutture adeguate, come a quel tempo era costume senza l’intervento della polizia e senza criminalizzare la persona debilitata con la segnalazione all’autorità penale. Perciò mi chiedo come mai, viste le premesse, la polizia e l’autorità penale hanno contribuito a destabilizzare, con l’aiuto dei media, un povero anziano per il quale sarebbe bastato, ai fini di far fronte a una situazione di emergenza, l’intervento di un assistente sociale, coadiuvato da agenti di polizia per i quali, come ai miei tempi era stato predisposto, sempre intervenivano in abiti civili invece che con l’uniforme e con vetture senza le sirene e le insegne intimidatorie. E ciò per due semplici ragioni: la prima era quella di non spaventare l’anziano (o il bambino quando si trattava di minori) e la seconda era per salvaguardare l’integrità della persona nei confronti di terzi, testimoni occasionali dell’intervento coercitivo. E uguali osservazioni critiche vanno all’istituzione della Chiesa e a eventuali inadempienze dell’attuale Vescovo, con tutta probabilità a conoscenza della situazione di degrado in cui la persona implicata si trovava. Premetto che la solitudine dei preti, sopportata già a fatica da sacerdoti giovani, per gli anziani, nel tempo delle chiese semivuote, è qualcosa di raggelante. Inoltre quando una persona, indipendentemente se laica o clericale, grazie alla sua intelligenza e al suo talento, raggiunge livelli gerarchici alti, spesso si manifesta il fenomeno di isolarla e di lasciarla sola. Tuttavia ciò non libera una comunità di alto prestigio accademico, né l’istituzione della Chiesa alla quale il professore in questione appartiene, dal dovere di protezione e assistenza previsto dal nostro diritto e di un’adeguata solidarietà umana e collegiale per un anziano che ne ha evidentemente bisogno.