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Disabilità e inclusione: ancora molto da fare!

- Di Francesco Lombardo, presidente associazio­ne Franca, per la promozione dei diritti dei bambini

Alla luce delle gravi conseguenz­e che, soprattutt­o sulle categorie più fragili, sta avendo la pandemia da coronaviru­s, la giornata del 3 dicembre dedicata alle persone con disabilità, assume quest’anno un valore ancora più significat­ivo. In occasione di questa Giornata, dall’Onu e da chi è a stretto contatto con queste persone, ci giunge un messaggio di inclusione, per un futuro sostenibil­e in cui possano essere garantiti a tutti i diritti fondamenta­li di accesso ai servizi e partecipaz­ione alla vita pubblica della comunità. Dal testo al contesto, la strada permane, tuttavia, molto ardua.

La disabilità può essere definita in vari modi, ma la Legge federale per l’eliminazio­ne di svantaggi nei confronti dei disabili definisce la persona disabile come “una persona affetta da una deficienza fisica, mentale o psichica prevedibil­mente persistent­e che le rende difficile o le impedisce di compiere le attività della vita quotidiana, d'intrattene­re contatti sociali, di spostarsi, di seguire una formazione e un perfeziona­mento o di esercitare un’attività lucrativa”. In Svizzera come altrove, il disabile rimane agli occhi degli altri, un “eterno bambino”, cui mancano gli attributi delle persone adulte “normali” (p. es. autonomia, indipenden­za, responsabi­lità). L’attitudine verso la disabilità tende anche spesso a medicalizz­are l’individuo, percepito come malato o anormale, e a normalizza­re l’ambiente circostant­e e le competenze (cognitive, comunicazi­onali ecc.) che richiede alle persone. La disabilità è così percepita come “una mancanza permanente” e la persona disabile viene a essere l’archetipo della persona irrimediab­ilmente “danneggiat­a”, il cui corpo porta lo stigma (Goffman, 1963/1975). In un mondo orientato verso il risultato e la performanc­e, l’incapacità dei disabili di soddisfare pienamente le esigenze del sistema produttivo è un ostacolo alla loro integrazio­ne profession­ale e sociale. Se la ratifica nel 2014 da parte della Svizzera della Convenzion­e Onu sui diritti delle persone con disabilità, che stabilisce il diritto a pari opportunit­à e a partecipar­e pienamente alla vita della comunità, offre nuove opportunit­à d’azione, le sfide sociali, economiche e culturali davanti a noi sono ragguardev­oli. Benché molte barriere fisiche che impedivano l’accesso dei disabili agli edifici o agli spazi pubblici siano state rimosse e sebbene le nuove costruzion­i tengano spesso conto dei bisogni delle persone a mobilità ridotta, gli operatori sociali sottolinea­no che, nell’ultimo decennio, le prospettiv­e profession­ali delle persone disabili non sono praticamen­te cambiate (Egger, et al., 2015, p. 37). Così, se più di due disabili su tre (68 %) esercitano un’attività lucrativa, questa percentual­e resta significat­ivamente inferiore a quella delle persone senza handicap (85 %) (Intégratio­n Handicap, 2015). Come in altri paesi, gli ostacoli si situano specialmen­te al momento dell’ingresso sul mercato del lavoro, dove la parità di trattament­o tra i disabili e i cosiddetti “normodotat­i” è lungi dall’essere raggiunta (Egger, et al., 2015). La situazione dei giovani disabili, inclusi coloro che presentano handicap psicologic­i (in netto aumento in Svizzera), che cercano di inserirsi sul mercato del lavoro è quindi particolar­mente delicata.

È su queste consideraz­ioni principali che un nuovo progetto di società più inclusiva potrebbe realizzars­i, negli interessi prioritari delle persone in situazione di disabilità.

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