Disabilità e inclusione: ancora molto da fare!
Alla luce delle gravi conseguenze che, soprattutto sulle categorie più fragili, sta avendo la pandemia da coronavirus, la giornata del 3 dicembre dedicata alle persone con disabilità, assume quest’anno un valore ancora più significativo. In occasione di questa Giornata, dall’Onu e da chi è a stretto contatto con queste persone, ci giunge un messaggio di inclusione, per un futuro sostenibile in cui possano essere garantiti a tutti i diritti fondamentali di accesso ai servizi e partecipazione alla vita pubblica della comunità. Dal testo al contesto, la strada permane, tuttavia, molto ardua.
La disabilità può essere definita in vari modi, ma la Legge federale per l’eliminazione di svantaggi nei confronti dei disabili definisce la persona disabile come “una persona affetta da una deficienza fisica, mentale o psichica prevedibilmente persistente che le rende difficile o le impedisce di compiere le attività della vita quotidiana, d'intrattenere contatti sociali, di spostarsi, di seguire una formazione e un perfezionamento o di esercitare un’attività lucrativa”. In Svizzera come altrove, il disabile rimane agli occhi degli altri, un “eterno bambino”, cui mancano gli attributi delle persone adulte “normali” (p. es. autonomia, indipendenza, responsabilità). L’attitudine verso la disabilità tende anche spesso a medicalizzare l’individuo, percepito come malato o anormale, e a normalizzare l’ambiente circostante e le competenze (cognitive, comunicazionali ecc.) che richiede alle persone. La disabilità è così percepita come “una mancanza permanente” e la persona disabile viene a essere l’archetipo della persona irrimediabilmente “danneggiata”, il cui corpo porta lo stigma (Goffman, 1963/1975). In un mondo orientato verso il risultato e la performance, l’incapacità dei disabili di soddisfare pienamente le esigenze del sistema produttivo è un ostacolo alla loro integrazione professionale e sociale. Se la ratifica nel 2014 da parte della Svizzera della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, che stabilisce il diritto a pari opportunità e a partecipare pienamente alla vita della comunità, offre nuove opportunità d’azione, le sfide sociali, economiche e culturali davanti a noi sono ragguardevoli. Benché molte barriere fisiche che impedivano l’accesso dei disabili agli edifici o agli spazi pubblici siano state rimosse e sebbene le nuove costruzioni tengano spesso conto dei bisogni delle persone a mobilità ridotta, gli operatori sociali sottolineano che, nell’ultimo decennio, le prospettive professionali delle persone disabili non sono praticamente cambiate (Egger, et al., 2015, p. 37). Così, se più di due disabili su tre (68 %) esercitano un’attività lucrativa, questa percentuale resta significativamente inferiore a quella delle persone senza handicap (85 %) (Intégration Handicap, 2015). Come in altri paesi, gli ostacoli si situano specialmente al momento dell’ingresso sul mercato del lavoro, dove la parità di trattamento tra i disabili e i cosiddetti “normodotati” è lungi dall’essere raggiunta (Egger, et al., 2015). La situazione dei giovani disabili, inclusi coloro che presentano handicap psicologici (in netto aumento in Svizzera), che cercano di inserirsi sul mercato del lavoro è quindi particolarmente delicata.
È su queste considerazioni principali che un nuovo progetto di società più inclusiva potrebbe realizzarsi, negli interessi prioritari delle persone in situazione di disabilità.