laRegione

Il valore degli altri

- di Elda Pianezzi, scrittrice

Nel 2021 a Zurigo verrà inaugurata l’estensione del Kunsthaus progettata dall’architetto David Chipperfie­ld dove, a partire dall’autunno, verranno ospitati i dipinti impression­isti della collezione Bührle. Se n’è parlato a novembre in una conferenza stampa che non ha riguardato il valore artistico dei quadri, bensì il lavoro svolto dal gruppo di storici dell’Università di Zurigo incaricato dalle autorità cittadine e cantonali di stilare un rapporto sul passato del magnate e produttore di armi Emil Georg Bührle. Diventato l’uomo più ricco della Svizzera grazie alla vendita di armi al regime nazista e al lavoro gratuito fornitogli dagli ebrei internati in un campo di concentram­ento, Bührle nel dopoguerra acquistò 600 opere d’arte e si trasformò nel principale benefattor­e del Kunsthaus. Questa, in sintesi, la vita di Bührle. Lo scopo del rapporto era quello di chiarire il controvers­o passato di una figura che in futuro darà il suo nome a un’importante esposizion­e permanente del Kunsthaus. Ciò che di interessan­te è emerso dalla conferenza (...)

(...) stampa non sono tanto i cenni biografici, ampiamente conosciuti, quanto la controvers­ia creatasi a causa delle ingerenze e pressioni che la Fondazione Bührle ha esercitato sugli storici durante i due anni di lavoro, affinché cancellass­ero o rettificas­sero termini che facevano apparire Bührle come antisemita ed estremista di destra. Alla fine le autorità hanno dovuto intervenir­e facendo esaminare il rapporto da due periti. In seguito al loro intervento i termini “incriminat­i” sono stati prontament­e rimessi al loro posto. Non sorprende che durante la Seconda guerra mondiale un fabbricant­e d’armi avesse stretto amicizia con il regime di Hitler né che abbia poi maldestram­ente tentato di passare alla storia solo per il suo amore verso l’arte; a stupire è che nel 2020 in un paese come il nostro, che appare lontano da meschine logiche razziste, il rapporto di una commission­e di storici possa essere anche solo temporanea­mente “inquinato” per nascondere e abbellire la verità. Osservando ciò che succede nella quotidiani­tà, si nota purtroppo che un certo atavico razzismo continua a permeare la nostra società facendo capolino tramite atteggiame­nti e azioni solo apparentem­ente normali. In questo stesso contesto possono essere inquadrate le perquisizi­oni effettuate dalla polizia zurighese, spesso accusata di profilazio­ne razziale, cioè di arrestare o fermare soprattutt­o persone dall’aspetto non tipicament­e europeo, come per esempio è avvenuto nel 2018 ai danni di Dave Sutter, giocatore di hockey degli Zsc Lions, colpevole soltanto di avere una pelle scura. E ancora l’anno scorso a Thun, durante un incontro pubblico, una scrittrice bernese che aveva appena finito di leggere alcune pagine del suo libro si è trovata a dover rispondere alla seguente domanda: “Come mai sa scrivere tanto bene in tedesco?”. La scrittrice si chiama Meral Kureyshi. Glielo avrebbero chiesto se si fosse chiamata Heidi Meyer?

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