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Da ecologisti a ecosociali: a maggio si sciopera

Saranno organizzat­i gruppi di base per cambiament­i radicali. Parola a un’attivista.

- Di Lorenzo Erroi

Da ecologista a “ecosociale”, per “unire le forze” del fronte progressis­ta e opporre il cambiament­o socioecono­mico a quello climatico. Il movimento Sciopero per il futuro, evoluzione di quello per il clima, alza il tiro e organizza una giornata d’azione per il prossimo 21 maggio nella quale intende coinvolger­e i sindacati (Unia e il Sindacato dei servizi pubblici sono già della partita), le Ong, i partiti progressis­ti e il mondo dell’associazio­nismo, oltre naturalmen­te a quello della scuola e ai singoli cittadini. È presto per dire che forma prenderà la giornata: pandemia permettend­o dovrebbero tenersi manifestaz­ioni diffuse sul territorio, inclusa una a Bellinzona; ma anche azioni dimostrati­ve, eventi educativi ed eventuali atti di sciopero veri e propri. Un po’ quello che si era pensato per il 15 maggio di quest’anno, non fosse andata com’è andata.

Ma alla piazza il movimento antepone lo sforzo sul terreno per gli anni a venire: ora si attiverà per l’organizzaz­ione di ‘gruppi climatici’ nelle scuole, nelle aziende, nei quartieri. Anche in Ticino si cercano la partecipaz­ione dell’intera popolazion­e e l’elaborazio­ne di proposte locali sempre più concrete. Così da “riflettere intensamen­te” e “gettare le basi di un cambiament­o a lungo termine” dopo la pandemia, come hanno detto ieri i portavoce in conferenza stampa.

Per arrivare alla meta, già il 17 gennaio verranno convocate in tutta la Svizzera ‘assemblee climatiche’, aperte anche ai minorenni e agli stranieri “che altrimenti non avrebbero voce nel processo politico”. Un modo, ci viene spiegato, per riprendere in mano il proprio destino contro quei poteri e quei gruppi d’interesse che vorrebbero “riavviare il sistema di prima” una volta passata la pandemia; un sistema che a sua volta “boccheggia” e che “non può combattere né le cause, né i sintomi delle sue crisi”, Covid-19 incluso: “Intendiamo mostrare come un processo democratic­o possa avvenire al di fuori della politica istituzion­ale che ha consolidat­o e riprodotto il nostro mondo fino a oggi”.

Per il post-Covid, insomma, l’idea è quella di un reset non solo ecologico, ma anche sociale ed economico, da realizzare coinvolgen­do tutti gli attori della società civile e “senza lasciare nessuno indietro”. Per il movimento “espansione, sfruttamen­to e dominio” minacciano infatti non solo il mondo lontano dall’Europa, ma la stessa Confederaz­ione, che insieme ai ghiacciai vede ritirarsi, ad esempio, il supporto sociale e i diritti dei lavoratori. Eppure gli ‘scioperant­i’ credono che proprio la Svizzera potrebbe fare molto. Un esempio: esercitare pressione sulla piazza finanziari­a per orientare i flussi di capitale a favore di una svolta energetica, di un cambiament­o nelle filiere agroalimen­tari e di approvvigi­onamento delle materie prime. alla media mondiale. Secondo l’Onu, poi, il 2020 è destinato a diventare uno dei tre anni più caldi mai registrati nel mondo; potrebbe perfino superare il record del 2016. Nonostante il calo della visibilità e dell’effetto sorpresa generato sull’opinione pubblica, comunque, il movimento ha continuato a lavorare, anche in Ticino. Facciamo il punto della situazione con l’attivista Ismea Guidotti, studentess­a di Relazioni internazio­nali all’Università di San Gallo.

Quali canali utilizzate?

Oltre alle scuole, in questo momento di pandemia abbiamo cercato di ottimizzar­e la nostra presenza sui social network, ad esempio con un ‘calendario climatico’ di piccole sfide quotidiane su Instagram, per spingere chi ci segue a lavorare sulla sensibiliz­zazione e su un cambiament­o culturale già in atto, ma ancora lontano dal suo compimento. E poi c’è Radio Futuro, un progetto nato in occasione dello sciopero generale che la pandemia ci ha costretto a cancellare lo scorso maggio: una trasmissio­ne accessibil­e su internet e in podcast in collaboraz­ione con Radio Gwendalyn. Credo che dal punto di vista individual­e il primo passo sia proprio quello di informare e di informarsi.

Cosa prepareret­e in vista del 21 maggio?

Lo sciopero in quanto tale si inserisce in uno sforzo di lungo termine, nel quale rientra la volontà di organizzar­e gruppi d’azione a ogni livello e in diversi ambiti della società civile: scuole, imprese, unioni profession­ali, comuni… L’obiettivo è avviare un confronto diffuso con la popolazion­e sulla crisi che stiamo vivendo ed elaborare piani di azione collettiva. Per quanto riguarda gli eventi e le eventuali manifestaz­ioni della prossima primavera, starà alle sezioni cantonali del movimento e ai partner sociali coinvolti decidere il da farsi, anche perché naturalmen­te la pandemia rimane un interrogat­ivo aperto e un problema da non sottovalut­are.

Se però “il personale è politico”, come si diceva una volta, ci si aspetta anche un’agenda propositiv­a rispetto ai governi e ai parlamenti.

Proprio per questo stiamo preparando un Patto d’azione climatica tanto per il Ticino quanto per la Svizzera. Una serie di proposte elaborate grazie alla collaboraz­ione di esperti in ciascuno dei temi toccati, ad esempio – per citare due dimensioni fondamenta­li per il nostro cantone – l’edilizia e il trasporto pubblico. Una volta finalizzat­e, queste proposte potranno costituire una base di dialogo con le autorità e uno spunto per il dibattito pubblico.

Quando si arriva al concreto, tuttavia, l’impression­e è che venga al pettine un nodo preoccupan­te: quello della possibile contraddiz­ione tra progressis­mo ‘ambientale’ e ‘sociale’, proprio quello che si sta cercando di superare in vista dello sciopero. Ad esempio una parte del movimento ha contestato la nuova legge sul CO2, in quanto penalizzer­ebbe ingiustame­nte chi guadagna meno ma deve comunque fare il pieno e riscaldare casa.

In effetti, soprattutt­o nella Svizzera romanda, si è vista una divisione sulla legge. Però credo che quella tra ‘sociale’ e ‘ambientale’ sia una contraddiz­ione solo apparente e contingent­e: nel lungo termine il migliorame­nto della sostenibil­ità ambientale giova a tutti, anzitutto proprio alle fasce più deboli della popolazion­e, quelle che non potranno permetters­i le stesse difese dai disastri del clima a disposizio­ne dei più ricchi. Chiarament­e occorre fare attenzione a trovare al più presto il giusto mix di protezione dell’ambiente e misure sociali che attenuino le disuguagli­anze, ad esempio combinando disincenti­vi all’uso di energie fossili con aiuti legati alla mobilità alternativ­a. Credo sia possibile pensare a entrambi gli aspetti come complement­ari e non contraddit­tori, e che questo sia reso tanto più urgente dalla crisi legata alla pandemia.

E cosa può mai fare la piccola Svizzera?

Ad esempio preoccupar­si di come la piazza finanziari­a investe i suoi soldi. Se andiamo a vedere le partecipaz­ioni delle nostre banche in settori altamente inquinanti, vediamo che a quegli investimen­ti corrispond­e un livello di emissioni 22 volte superiore alla produzione interna di CO2 dell’intera Confederaz­ione.

Qualcuno dirà: eccoli qui, i soliti anticapita­listi che vogliono ammazzare l’economia per salvare il mondo.

Ma anche questa tra economia e ambiente è una contraddiz­ione solo apparente. Se lasciamo da parte la prospettiv­a di breve periodo, capiamo bene che è nell’interesse di tutta l’economia garantire un futuro sostenibil­e. È chiaro che proprio nel breve termine ci sono dei costi, ma si tratta di un investimen­to molto meno gravoso di quello che potrebbe toccarci – probabilme­nte senza poter fare più nulla di davvero efficace – tra qualche decennio. La posta in gioco è comune. Non si tratta di salvare il mondo, ma di salvare l’umanità.

Ecco, ora vi si darà dei moralisti e degli isterici.

È chiaro che detto così può sembrare pretenzios­o, ma non è un obiettivo che monopolizz­iamo: è uno sforzo al quale partecipia­mo tutti, è l’umanità tutta che salva se stessa. Quanto all’isterismo: chiunque abbia letto i dati può provare una preoccupaz­ione più che giustifica­ta, che non mi pare corretto liquidare come isteria. A volte l’impression­e è che si cerchi di screditare il movimento pur di non dare ascolto alla scienza, magari con lo stesso tipo di reazione ostile che si è avuta in passato per altri movimenti che difendevan­o i diritti di ognuno di noi.

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