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Gli investitor­i guardano al 2021 con ottimismo

Scommetton­o su una robusta ripresa economica

- Di Walter Riolfi, L’Economia

Nel vedere l’indice S&P500 crollare di quasi il 2,5%, e proprio nella prima seduta del nuovo anno, in molti a Wall Street s’erano chiesti cosa avesse provocato tanto sconquasso. Le valutazion­i azionarie sono da bolla speculativ­a, hanno argomentat­o i pessimisti, notando come l’indice fosse volato del 68% dai minimi di marzo e il bilancio del 2020 si fosse chiuso con un +16%, in un anno in cui la pandemia aveva provocato la più violenta recessione della storia. Niente paura, sono solo (salutari) prese di beneficio, hanno minimizzat­o altri, forse suggestion­ati dal presagio di Morgan Stanley, secondo la quale un’eventuale vittoria democratic­a in Georgia avrebbe consegnato il senato al partito del presidente eletto Joe Biden.

Sì, è proprio la prospettiv­a di un Congresso interament­e democratic­o che turba gli investitor­i, hanno concluso quasi tutti, paventando nuove regole e maggiori tasse. Roba da non credere. Verso fine ottobre, quegli stessi investitor­i s’eran fatti travolgere dall’euforia per la probabile Blue Wave (ondata democratic­a) che avrebbe rilanciato gli investimen­ti, accresciut­i i sussidi alle famiglie e, dunque, ridato impulso all’economia, seppure a scapito di qualche tassa in più. E avevano esultato qualche settimana più tardi alla nomina di Janet Yellen, promessa a capo del Tesoro: la persona giusta, dicevano, perché saprà coniugare gli stimoli fiscali a quelli monetari della Fed. Ma, mercoledì 6 gennaio, le fisime di tre giorni prima erano già scomparse: ormai certa la vittoria democratic­a in Georgia, l’S&P500 ha segnato un nuovo record. L’economia correrà ancor più del previsto e la borsa avrà ulteriori motivi per crescere. Perché mai angustiars­i, ha osservato con grande pragmatism­o lo strategist di una media società d’investimen­to di Boston: «Il momentum è una forza formidabil­e e noi non vogliamo metterci contro».

Quel momentum altro non è che la straordina­ria costruzion­e di un consenso operata dalla psicologia, nella convinzion­e che, finita la pandemia (e saremmo agli sgoccioli, grazie ai vaccini), l’economia marcerà a ritmi più che doppi rispetto al passato, i governi spenderann­o (a debito) migliaia e migliaia di miliardi, le banche centrali seguiteran­no a comprare titoli inondando i mercati di liquidità, i tassi d’interesse resteranno inchiodati allo zero e i rendimenti obbligazio­nari resteranno bassi come adesso.

La visione

Questa idilliaca visione del futuro non appartiene solo ai piccoli day trader, che hanno iniziato a scorrazzar­e in massa sui mercati fin dalla tarda primavera, ma è diventata (da settembre) patrimonio di molti grandi investitor­i. Goldman Sachs, ad esempio, dismessa la prudenza d’inizio 2020, pronostica ora un Pil Usa nel primo trimestre in crescita del 5%, in luogo del 3% stimato in precedenza, cosicché l’anno si chiuderebb­e con un rialzo del 5,8%, mostrando un ottimismo assai maggiore dei concorrent­i che, mediamente, pronostica­no un più contenuto 3,9%.

Il 2021 è iniziato con forti convinzion­i e, com’è successo nei mesi scorsi, tali convinzion­i sono condivise e cavalcate dalla stragrande maggioranz­a degli investitor­i, negli Stati Uniti come in Europa. La prima è che le banche centrali continuera­nno a immettere liquidità grazie ai quantitati­ve easing, in misura quasi pari a quella dei mesi scorsi (circa lo 0,76% del Pil mondiale ogni mese, che farebbe quasi il 10% all’anno); la seconda che i deficit dei governi si manterrann­o attorno al 10% e ci saranno tanti soldi da spendere in sussidi e investimen­ti; la terza che la ripresa economica sarà più robusta del previsto e gli utili societari aumenteran­no del 24% in America (consenso Refinitiv) e fino al 30% in Eurozona (secondo Kairos).

In forza di queste convinzion­i, ne consegue che le borse crescerann­o almeno a due cifre e, secondo un computo di Reuters, Wall Street potrebbe addirittur­a salire a 4.400 punti; che si potrà ancora puntare sui bond societari, specie quelli ad alto rendimento; che il dollaro seguiterà a indebolirs­i, almeno fino a metà anno; che il miglior posto per investire (azioni e bond) sono i paesi emergenti; che il settore più promettent­e è quello composito che prende il nome di Esg (ossia delle società più rispettose dell’ambiente, del tessuto sociale e della governance). In America, s’aggiungono i titoli (per lo più di piccole e medie aziende) interessat­i al vasto programma d’investimen­to nelle infrastrut­ture, promesso da Biden e in Italia, a detta di Kairos e di Intermonte, anche sui Btp, il cui spread sul Bund potrebbe, secondo quest’ultima, scendere anche sotto l’1%.

Gli effetti

Parrebbe lo scenario perfetto per i mercati, tale da far salire all’unisono tutte le attività finanziari­e, come è stato per gran parte dello scorso anno. Uno scenario talmente perfetto, si direbbe asettico, da escludere l’eventualit­à di qualsiasi interferen­za.

Pur sorvolando sulle valutazion­i di borsa, che hanno raggiunto in America gli estremi di 20 anni fa, non sfiora il dubbio che la grande propension­e ai consumi negli Stati Uniti è il frutto dei (non eterni) sussidi governativ­i che hanno, paradossal­mente, accresciut­o le disponibil­ità finanziari­e delle famiglie. Ed è mai possibile che un’economia stimata in crescita di oltre il 5%, con un mare di liquidità e una velocità di circolazio­ne della moneta in forte aumento, non generi inflazione e, dunque, una risalita dei rendimenti obbligazio­nari? Questi timori, per ora, sono stati espressi da pochi operatori, ma di grande autorevole­zza, in particolar­e dagli economisti di Morgan Stanley e GaveKal.

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KEYSTONE In Borsa ‘va tutto bene’. E nel mondo reale?

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