Lockdown duro o light? Governo a un bivio
‘Berset vuole chiudere i negozi e più telelavoro a causa della mutazione del coronavirus’. L’anticipazione della proposta che il ministro della Sanità sottoporrà stamane ai colleghi di Consiglio federale è del ‘Tages-Anzeiger’ ed è stata confermata ieri sera al ‘Blick’ da fonti vicine all’esecutivo. Quel che deciderà il governo è però un’altra storia. La Svizzera si appresterebbe a entrare in “un confinamento che non è tale”, secondo ‘Le Temps’. Il quotidiano ginevrino prevede che non si vada molto più in là di una proroga sino a fine febbraio della chiusura di bar, ristoranti e strutture per lo sport e il tempo libero. Questa misura non è stata contestata dai Cantoni durante la consultazione-lampo dello scorso fine settimana. Diverso il discorso per il resto del ‘pacchetto Berset’. Particolarmente controversa è la chiusura dei negozi che non vendono prodotti essenziali, misura già sperimentata la scorsa primavera in tutta la Svizzera, a novembre in alcuni cantoni romandi e in vigore attualmente nei cantoni di Argovia e Soletta. Berset ora vorrebbe introdurla sul piano nazionale, scrivono ‘Tagi’ e ‘Blick’. Ma appare difficile che riesca a riunire una maggioranza a favore di un provvedimento aspramente criticato, in particolare dall’Unione delle arti e dei mestieri (Usam). Molto attesa è anche la decisione del Consiglio federale in merito al sostegno finanziario alle imprese che hanno dovuto chiudere o ridurre l’attività a causa delle chiusure decretate dalle autorità. Il presidente della Confederazione Guy Parmelin ha preannunciato un allentamento delle regole per i casi di rigore. In una lettera al Consiglio federale, anche la Commissione dell’economia e dei tributi del Nazionale (Cet-N) raccomanda di semplificare e accelerare gli aiuti alle imprese in difficoltà. La commissione, con maggioranze risicate, si dice però contraria all’obbligo del telelavoro e alla chiusura dei negozi. Provvedimenti anti-coronavirus più severi dovrebbero venire imposti soltanto in funzione “dell’effettiva situazione epidemiologica e non come misura precauzionale”.