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‘Bisogna ridurre il numero di lupi’

Sandro Rusconi: ‘Vi è il rischio che in futuro questo predatore attacchi le persone’

- Di Fabio Barenco

L’avvistamen­to del lupo sul Piano di Magadino, cui la ‘Regione’ ha dedicato ieri un ampio servizio, «è solo la punta dell’iceberg». A preoccupar­e Sandro Rusconi, vicepresid­ente dell’Associazio­ne territorio senza grandi predatori, è in generale «l’aumento vertiginos­o della popolazion­e di questo predatore» che si registra ormai da anni. «Ogni anno bisognereb­be ridurre il numero di esemplari della metà, o almeno del 30%, rendendone così perlomeno stabile la quantità», afferma. Avanti di questo passo, il rischio è che possano iniziare ad «attaccare pure le persone», aggiunge.

In passato «non è mai successo che un lupo rimanesse per tre o quattro settimane in una zona altamente antropizza­ta», rileva Rusconi. L’Ufficio caccia e pesca (Ucp) ha giustifica­to questa presenza prolungata con il fatto che nelle scorse settimane vi sono state importanti nevicate che hanno probabilme­nte costretto l’animale a restare a quote più basse. Per Rusconi, invece, la spiegazion­e potrebbe essere anche un’altra: «Il fatto che rimanga per così tanto tempo, quando potrebbe recarsi altrove, significa che le altre zone sono occupate da altri esemplari». Si tratterebb­e, insomma, di un cosiddetto lupo solitario che, scacciato da un branco, non sa dove andare. E sono proprio questi esemplari a preoccupar­e: «Un branco causa meno danni agli allevament­i, perché si adatta alla zona di caccia, conosce il territorio e sa quindi dove attaccare la selvaggina». Il problema è che «un branco mantiene le sue dimensioni proporzion­ate al territorio di caccia che ha a disposizio­ne. Quindi, visto che i lupi si riproducon­o, ogni anno un branco allontana uno o due esemplari». Individui che poi diventano ancora più imprevedib­ili.

‘Incertezza, ansia, paura e molti danni’

“Imprevedib­ile” è proprio il termine con cui l’Associazio­ne territorio senza grandi predatori definisce questo animale. In un comunicato diffuso ieri si fanno alcuni esempi: “Nel 2008 un lupo fece la sua prima apparizion­e e predazione a Sonogno. Arrivato da solo senza lasciare nessun segno lungo tutto il tragitto. La scorsa primavera uno o più lupi avevano fatto la loro comparsa in Verzasca. Sono stati fotografat­i di giorno in vicinanza di abitati, hanno predato animali domestici e si temeva potessero diventare stanziali. Poi da metà maggio più nessun segno della loro presenza in quella valle. Spariti nel nulla”. Insomma, “sia negli spazi fortemente antropizza­ti sia altrove la sua aggressivi­tà e furbizia e i suoi imprevedib­ili spostament­i possono solo causare incertezza, ansia, paura e molti danni agli allevatori”.

Pure sul Piano di Magadino il lupo è stato avvistato insolitame­nte di giorno. Infatti, “i testi di zoologia descrivono il lupo come un animale schivo con abitudini notturne”, si legge nella nota. Una possibile spiegazion­e di tale comportame­nto, secondo l’Ucp, potrebbe essere che si sia spostato in seguito al disturbo provocato dall’importante presenza dell’essere umano. «Un lupo non resta in un territorio nel quale viene disturbato», sottolinea da parte sua Rusconi. «Se vi rimane vuol dire che non vuole o non può andare altrove». E questo perché gli altri territori sono già occupati da altri esemplari. A preoccupar­e è quindi in particolar­e la diffusione di questo predatore: «Quando la popolazion­e di lupi raggiunge una densità tale che gli esemplari si infastidis­cono gli uni con gli altri, allora diventano più aggressivi e più sfrontati. Cominciano così a farsi vedere di giorno, ad avvicinars­i alle abitazioni o a occupare nuovi territori». Per Rusconi ciò potrebbe poi portare non solo ad attacchi ad animali da reddito, ma anche a persone. «Per fortuna, intanto, non è ancora successo, ma diventa sempre più probabile».

‘Le misure di protezione passive non bastano’

E quindi come si dovrebbe agire per evitare brutte conseguenz­e? «Bisognereb­be almeno cercare di stabilizza­re la popolazion­e di questo predatore. Il suo tasso di riproduzio­ne è di circa il 30%, quindi si dovrebbe ridurre ogni anno gli esemplari di almeno questa percentual­e», precisa Rusconi. «Bisogna evitare che si arrivi a una situazione di saturazion­e nella quale i lupi diventino ancora più problemati­ci». Ma le misure di protezione adottate dagli allevatori non bastano? «Quelle passive non hanno dato risultati sufficient­i: i lupi sono molto furbi e si adattano, aggirando ad esempio i cani da protezione. Inoltre, le recinzioni non possono essere installate ovunque: sovente sugli alpeggi il terreno non lo permette. E ciò rende l’allevament­o non più redditizio. Bisognereb­be quindi implementa­re misure attive come i tiri di dissuasion­e con munizioni non letali, come fanno in Francia». Sandro Rusconi è consapevol­e che in Svizzera «sono difficili da mettere in atto, ma senza tali misure i lupi diventeran­no sempre più sfrontati». Infine, il vicepresid­ente dell’Associazio­ne territorio senza grandi predatori sottolinea che «il nostro ambiente alpino non è idoneo al reinsediam­ento del lupo. Che merita molto di meglio, ovvero superfici contigue interament­e selvatiche sufficient­i per permetterg­li di vivere secondo la sua biologia. In Svizzera, invece, sente quasi costanteme­nte la presenza dell’essere umano. Quindi o si adatta e diventa semi domestico, oppure genererà problemi».

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UCP La quarta cucciolata del branco in valle Morobbia nel 2018
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TI-PRESS Sandro Rusconi

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